REGIONE MARCHE
Quattrocchi - Regione Marche (arma antica) - Nobili di Ascoli - Arma d'argento al monte di tre cime verdi sormontato da una croce gigliata d'oro cantonata da quattro occhi umani al naturale. Motto "Noli Me Tangere".
ANCONA
La Prima Chiesa d'Italia se non vogliamo dire dell'Europa fu' S.Stefano.
Le prime notizie sulla vita cristiana di Ancona si riferiscono alla memoria di santo Stefano della quale parla sant'Agostino in uno dei suoi scritti, mentre da papa Gregorio Magno si ha la notizia che anche la prima cattedrale di Ancona era dedicata a questo santo. (Wikipedia)
ISTORIA D' ANCONA CAPITALE
DELLA MARCA ANCONITANA
DELL' ABBATE LEONI ANCONITANO - VOLUME II.
DEDICATO A SUA ECCELLENZA ANTONIO PASSIONEI CAMERATA DE MAZZOLENI
CONTE, SENATORE, CAVALIERE, COMMENDATORE
"La Chiesa di Santo Stefano fu edificata in un'area di cui tre lati su vie pubbliche e il quarto su terreno degli eredi di Johis Quatuor Oculi ....."
Arduino intanto Re d'Italia, disperato passò
a farsi Monaco, ove gravemente infermatosi comprese quanto sieno caduchi i Regni
terreni; e sperando con quella tonaca da Frate di comparire avanti il tribunale
supremo diverso da quello, ch'era stato in vita, rasasi ancor la barba,( che
tutt'i secolari solevano allora portare )cessò di vivere l'anno 1015
, come ne fanno piena fede il Padre Mabillone, Arnolfo Storico Milanese, ed
anco viene registrata la sua morte nel Necrologio di Dijon XIX. Kalendas Januari:
e così rimase l'Italia obbligata alla morte, per averla libera ta da
questo impaccio.
L'Augusto Arigo II. cessò di vivere l'anno 1024., e fu Re d'Italia Corrado
II. Re di Germania , quale venne coronato Imperatore unitamente a Gisela sua
moglie l'anno 1027. Sono indescrivibili i laghi di sangue fatti scorrere per
l'Italia dai barbari indisciplinati, e bestiali Tedeschi . Fu questo veramente
secolo di ferro, di cui non si può leggere la Storia senz'amarezza. I
Monarchi divisi fra di loro aveano troppo bisogno delle truppe; e queste prive
della necessaria disciplina la facevano da Monarchi, ed i veri Monarchi, o per
mancanza di politica, o per loro naturale crudezza, lasciavano alle truppe libero
il campo alla soverchieria, e crudeltà. L' anno 1039. fu l'ultimo della
vita di Corrado: ed il di lui figlio Arrigo III. fu. Re di Germania, e d'Italia,
quale fu incoronato Imperatore de' Romani l'anno 1046. VIII. Fra tutte queste
variazioni, e guerre Ancona si disimpegnava alla meglio, non senza però
suo gravissimo incomodo e detrimento. Sempre per altro religiosissima at tendeva
ogni dì più a coltivare, ed accrescere quella Religione, che per
ispeziale favore del sommo Iddio, in fra tutta l'Italia, fu la prima ad essere
illustrata dai splendori del Vangelo. Appunto nelle vicinanze della prima Chiesa
d' Italia, se non vogliam dire dell'Europa , cioè S.
Stefano, fu edificato dalla pietà degli Anconitani il Monastero
di S. Giovanni Battista de' PP. Benedittini, nella piana degli Orti (2). Abbiamo
su tale oggetto una pergamena d'indicibi le valore, perchè d'una antichità
speciale, trascritta dall' egregio Antiquario Signor Camillo Albertini. Rilevasi
da questa, la ricchezza di quell'insigne Monastero non solo, ma quel che più
interessa c' instruisce, che in quest'epoca il Vescovato esisteva fuori di città
nel Colle S.Stefano. Mol te altre erudite notizie si hanno da questo prezioso
monu mento, che a comune istruzione lo riporto ad litteram. (Dalla famosa Libraria
dei PP. Rocchettini d'Ancona libro 2., lettera B. fol. 1.). In Nomine Domini
Jhüi anni ab incarnatione Domini nostri Jhú X, MILI temporibus Domini
Leonis Summi Pontificis, et univers. P. P. in Appostolica Sacra Beati Petri
Appostoli sede anno eius quatuor, si quidem imperante Domino Henrico Impe ratore
anni Imperij eius quinto, et die nono decimo mensis Martij inductione 4. Civitatis
Ancona. Dominis venerabilibus, Sanctis simisque Successoribus nostris Episcopis,
seu Xpicot. óibus, et quidem metuere, ac venerari penitus noscunt. Ego
Grimaldus S. Anconitane Ecclesie presul una cum cuncto Clero invenimus Ecclesiam
qua sita est paolo ab Episcopio (3) nostro edificata in bona Sancti Joañis
Battistae, et ibidem Cenobium confirmamus in perpetuum, et fundum ubi edificata
est prefata Ecclesia peneclaria nuncupata, et omnia pertinentia de ipsa prenominata
(1) Pinaoro. - (2) Questo famoso Monastero fu demolito dai Ministri del Papa,
dopo, che rubarono Ancona l'an. 1 532., per fabbricare colle macerie ( ridete)
la Fortezza maggiore. L. Ferretti. Non erasi ancora scoperta la cava del Monte
d'Ancona. (3) Dunque l'Episcopio era fuori di Città, mentre il Monastero
era dove a' dì nostri vedeasi il Santo degli Orti, cioè quella
Chiesina fuori di Porta-Calamo, che ora è casa del Signor Devoto. Ecclesia
ibidem confirmamus praefato cenobio quidem similit. madiorum xl. etc. seæ
lateribusque predicta res de ipsa Ecclesia de tribus lateribus sunt vie publice,
et a quatuor latere terra, et Canneto Heredibus. Johis
Quatuor Oculi , et Terra, et Vinea de Stephano Archidiacono, Heredibus
Adelberto rabbs. usque in via publica. Dominus Illustrate ibid. confirmamus
in predicto fundo: Terra, et Vinea cum Olive et fice, seu cum quale ius, pomis,
vel Arboribus, et cum omnibus infra se habentibus corentia de sup. septare ab
uno latere. Sancti Cosme et in secundo la via publica, a tertio latere Terra
cumpastimatione de predicto Stephano Archidiacono, et a quarto latere alia via
-- Domino concedente ibidem confirmamus in predicto fundo Peneclaria, et in
fundo fonte alchara. Seu in fundo costi; seu in fundo Monte Conox (Conero) ,
qui Conocla vocatur. Seu et in fundo boccoliam, q. starvo vocat. Seu et in fundo
racclici. Seu et in fundo catari. Et in fundo cupiliolo.. Et in fundo Supiliano
cum tribus portioni bus de Ecclesia Sancti Liberij (1) seu cum Dote et pertinentia
sua. Et in fundo. Mutiniano cum Ecclesia S. Michaelis. Et in fundo Urbano. Seu
et in fundo foriniano, et Cumano. Seu ibi dem confirmamus. Ecclesiam Sancti
Andrea Appostoli, que est edificata: in fundo Cretine cum Cellis suis et cum
pentinentiis suis et omnia res prenominato fundo, et fundo. Auntiano. Seu et
in fundo fabice, et in fundo tuetiano et fundo larctano, cum Ec clesia S. Petri,,
et Sancte Marting et in fundo Muliano. Seu et in fundo quatregia. Seu in fundo
Suriano. Seu et in fundo ra mianello. Seu et in fundo plano. Esino. Seu in fundo
Canapine et in fundo Veglenano . Seu et in fundo brevie . Seu et in fun do faltonia
cum Ecclesia S. Patriniani. Seu in fundo Petrati, et in fundo Sculiano. Seu
in fundo Monte terenziana et in fundo Monte Corusco cum Ecclesia S. Apolinaris.
Seu in fundo Monte Calvo . Seu in fundo Truviniano . Seu in fundo pesen tiano.
Seu in fundo Casanounla. Seu in fundo Pitriolo.
OSIMO
Osimo, catasto
gregoriano, 1818. Come è fatto lo spoglio. Lo spoglio contiene i nomi
e cognomi dei possidenti di case e terreni a Osimo, nel 1818. Lo spoglio contiene
solo le proprietà che riportano nomi propri di persona. Si ignorano tutte
le altre: ad esempio Comune, Parrocchia, etc. Lo spoglio è stato condotto
sul Brogliardo della mappa di Osimo. Comprende tutto il centro urbano. Informazioni
sulla mappa Produttore Stato Ecclesiastico, Provincia della Marca, Delegazione
di Ancona Data 1818 (16 apr 1818 - 16 giu 1818)
212.1
Quattrocchi Gioacchino qm
Angelo - Porzione di Casa al pian terreno disabitata.
372
Quattrocchi Gioacchino qm Angelo
- Casa di propria abitazione con bottega di proprio uso.
MONTEFANO
LO SPAZIO DEL SACRO.Chiese barocche tra 600 e 700 nella provincia di Macerata di Fabio Mariano
Chiesa di S. Donato. Dalle Riformanze relative agli anni 1570-73 risulta che a quella data Comune di Montefano risolse di quanto prima recominciare a fabbricare e compire subito la fabbrica della trecentesca chiesa di S. Donato, affidando il compito di seguirne le vicende ai deputati Battista Carradori, Pomponio Marcelli e Camillo Quattrocchi. Della necessità di ricostruire la chiesa si accenna nella Visita pastorale del simoniaco vescovo osimano Bernardino De Cuppis (eletto nel 1551, inquisito da s. Pio V per appropriazione e vendita di beni ecclesiastici e deposto nel 1574), che la trovò infatti quasi completamente diruta. Interrogati i Priori, il vescovo apprese che già da 12 anni il Comune aveva espresso lintenzione di riedificarla, ampliandone anche le dimensioni. Successivamente, il Visitatore Apostolico mons. Salvatore Pacini ravvisò la medesima urgenza ed intimò al Comune di provvedere entro un anno, poi prorogato a due. I lavori procedettero speditamente: la nuova chiesa misurava 53 piedi (m. 17,50) di lunghezza e 32 piedi (m. 10,55) di larghezza. Nel 1587 vi fu eretta la Collegiata, cui furono trasferiti i beni del S. Benedetto fuori le mura e delle due chiese parrocchiali di S. Maria e S. Antonio dopo la loro separazione. Nel Settecento la chiesa si dimostrò di nuovo insufficiente quanto a dimensioni, oltre ad essere stata gravemente danneggiata sin dalle fondamenta da un terremoto il 14 gennaio 1703, che ne rese necessaria la demolizione per ordine del vescovo di Osimo Pompeo Compagnoni: la nuova ricostruzione ebbe inizio nel 1762 per concludersi nel 1768. Ledificio fu ricostruito in stile barocco con facciata in laterizio a due ordini ed impianto a navata unica. Allo stato dellimmediata post-ricostruzione era dotata di cinque altari, il maggiore e quattro laterali.....
Cum sit Appunti di ricerca per la ricostruzione di una possibile storia delle prime famiglie Basilici nelle Marche di Paolo Basilici edizione Recanati, 2011
Allinizio dellanno 1677 Girolamo Basilici prende in subappalto da Pietro Antonio Quattrocchi la locale Gabella.(139). (nota 139) -Non avevo mai parlato fin qui di esponenti della famiglia Quattrochi. Questa era una famiglia di antico impianto a Montefano, più o meno quanto i Basilici, e più volte il nome Quatroculos quattroculi o addirittura 4oculo si lega ai nostri protagonisti. Doveva essere anche questa una famiglia di ceto agiato.
MONTEFANO - San Filippo Benizi - Fr. Ubaldo
Forconi - Piccolo centro in Provincia di Macerata e Diocesi di Osimo, ad economia
di carattere agricolo, patria del Papa Marcello II (Cervini) che regnò
pochi mesi. Il Convento dei Servi di Maria in questa cittadina deve la sua origine
facendo riferimento ad un altro Convento della vicina località di Ginestreto.
Al 1654 si fa cenno di un'altro Convento servita in Montefano ma che non sembra
sia quello che è oggetto del nostro studio.
Non molto lontano da Montefano si trova il sopradetto luogo di Ginestreto, ed
ivi, in località fuori porta detta « la Porticella » esisteva
un'antica Chiesa dedicata alla Beata Vergine Maria nella quale fungeva da Cappellano
un Sacerdote dei Servi di Maria, certo Fra Giulio Guardini da Mantova, appartenente
alla Provincia Mantovana. Nel 1558 il Frate venne richiamato nel suo Convento
nella detta Provincia e allora la comunità (il popolo) di Monte Fano
decise di concedere l'uso e l'assistenza della Chiesa di Ginestreto ai Frati
Servi di Maria a condizione che vi risiedessero in permanenza almeno due Sacerdoti
dell'Ordine ed un Fratello Converso e che, ogni due anni, un Servita si prendesse
l'impegno di predicare la Quaresima ai fedeli montefanesi. I Frati, col consenso
del Vescovo di Osimo Cardinale Gallo, accettarono e vi coltivarono in modo encomiabile,
oltre l'assistenza religiosa in genere, anche le loro devozioni particolari
e, in modo più evidente, alla Vergine dei dolori, anzi vi eressero ben
tre nuove Confraternite e cioè: quella dell'abito dei sette dolori della
Madonna, quella della SS. Trinità e quella di San Rocco. Vi costruirono
anche, con l'aiuto dei paesani, il loro piccolo Convento sufficiente per la
dimora di diversi Frati. Ecco quanto possiamo ricavare da una relazione del
1650 di questo Convento di Ginestreto, da alcuni storici servitani ignorato,
perché, probabilmente, facente parte della vita del Convento di Montefano
al quale servì di fondamento e motivo d'essere: « Il Monasterio
della Madonna di Ginestreto de' Servi situato fuori della Terra di Montefano
Diocese d'Osimo, in strada publica, lontano un quarto di miglio; fu fondato
et eretto l'anno 1558, col consenso et autorità dell'illustre comunità,
con gl'assegnamenti, obblighi e patti che siegue; cioè fu prefisso
il numero di due frati Sacerdoti et un servente, e che ogni due anni la Religione
dovesse mandare un predicatore. Ha la Chiesa sotto il titolo et invocatione
della Madonna di Ginestreto, e di struttura mediocre con un cortiletto, sagristia,
cantina, legnara et un'altra stanza a pian terreno, di sopra 4 camere, et il
granare. Di presente vi abbitano di famiglia, cioè Sacerdote il P.re
Fra Gio. Paolo Orlandi da Bologna Priore, Servente Fra Vincenzo da Forlì
de Mattei ». Dalla stessa fonte sappiamo che possedeva qualche piccolo
appezzamento di terra coltivabile, vigne ed albereti e una casetta, mentre era
onerato da fitti e censi da pagare, Messe da celebrare, servizi da prestare
come ospitalità ecc. Ma giunse anche per loro il 1652, quando, come effetto
della Bolla Instaurandae d'Innocenzo X per la soppressione dei piccoli Conventi,
furono costretti ad abbandonare quel Convento per quanto il Paese s'impegnasse
a mantenere quattro Sacerdoti e due Fratelli, quanti se ne richiedevano per
la sussistenza del Monastero, ma invano. Con i Servi di Maria dovettero andarsene
da Ginestreto, per lo stesso motivo, i Padri Terziari di San Francesco che ufficiavano
la Chiesa di S. Maria del Soccorso. Allora, con il reddito dei due Conventi,
la Comunità paesana volle costruire un nuovo unico Monastero e questa
volta non per i Frati ma per le Monache di San Bernardo, contribuendo anche
con proprie spese. Queste Monache però non vennero mai. Il nuovo Monastero
sorgeva in Montefano e nel 1673 vennero i Servi di Maria. Per avere una più
chiara esposizione del come venne ai Servi di Maria il secondo Convento di Montefano,
riportiamo la supplica del p. Generale dell'Ordine al Santo Padre: « Beatissimo
Padre. Il Generale dell'Ordine de' Servi di Maria V., devotissimo oratore della
S. Vostra, humilmente li espone come dalla Sa. Me. di Paolo Quinto fu concesso
alla Comunità di Montefano Diocesi di Osimo poter applicare l'entrate
della medesima comunità nello spatio di 10 anni avanzate et ascendenti
a scudi 5000 in circa per la fabrica d'un Monastero di Monache dell'Ordine di
S. Bernardo da erigersi in detta terra e di assegnare al medesimo Monastero
una possessione spettante a detta comunità di annua rendita di scudi
200, ordinando però che la dote di ciasched'una Monacha sino al n. di
12 da introdursi in detto Monastero non fosse meno di scudi 250, e si dovesse
rinvestire in beni stabili, come più ampiamente si contiene nella Bolla
spedita nell'anno 1614 in esecuzione della quale si cominciò detta fabrica,
fu assegnata la detta possessione e con l'entrata di essa si è andata
continuamente proseguendo. Dell'anno 1653 essendo stati soppressi in detta terra
di Montefano, in vigore della Bolla Instaurandae dalla Sa.Me. d'Innocenzo X,
due Conventini, uno del 3° Ordine di San Francesco, l'altro di detta Religione
de' Servi, la S. Congregazione sopra lodata de' Religiosi con ordine di
Sua Santità applicò al detto Monastero da erigersi tutte l'entrate
e beni de' medesimi Conventi soppressi, con obligo però di sodisfare
a tutti li spesi conforme al Decreto sotto lì 27 Settembre 1653 in vigore
del quale fu fatta l'attuale assegnazione, come per instrumento rogato lì
16 Novembre detto anno. Essendo la fabrica di detto Monastero ridotta a qualche
perfetione, desiderando la comunità vederne effettuata la fondatione,
ottenne sotto lì 24 Marzo dell'anno 1667 Decreto dalla S. Congregazione
de' Vescovi e Regolari, nel quale si dà facoltà al Signor Cardinale
Bichi, Vescovo di Osimo, di procedere all'attuai fondatione di detto Monastero,
con l'assicuramento delle rendite assegnate, et il rinvestimento delle doti.
Ma essendosi fatte molte diligenze dal Sig. Card. Bichi per introdurre dette
Monache per lo spatio di molti anni, e non essendosi mai potuto effettuare cosa
alcuna, anzi conoscendosi impossibile per molte circostanze note al medesimo
Signor Card. Vescovo, e specialmente perché non si trovano zitelle in
tal luogo, che sono habili o che vogliono sottoporsi alla vita monastica, e
che possino contribuire la detta dote di scudi 250, et all'incontro ritrovandosi
la detta comunità in estrema necessità di havere maggior numero
de' Sacerdoti, e possibilmente Confessori per la grandissima penuria de' quali
sono astretti molte volte andare a confessarsi fuor della terra in altri luoghi
molto distanti con grandissimo loro incomodo e danno dell'anime. Perciò
considerando la predetta Comunità esser di molto maggior utile del luogo,
dove l'impossibilità suddetta in vece delle Monache avere un Convento
de' Religiosi che possino supplire alla celebratione delle Messe, assistere
alle confessioni, esercitare il popolo nelle devotioni, e con opere pie assisterlo
e maggiormente confermarlo nella pietà cristiana, ha risoluto premessi
molti trattati in pubblico Consiglio di concedere per quanto s'aspetta
ad essa Comunità la suddetta Fabrica, possessione, beni e qualsivoglia
altre entrate in qualsivoglia modo spettante, et assegnate e lasciate con qualsiasi
conditione per l'erettione di detto Monastero di Monache, in beneficio di detta
Religione de' Servi di M.V. ad effetto di erigere in vece di detto Monastero
di Monache un Convento per 12 Religiosi con diverse proprie obligationi, e presi
resultanti in evidente utilità di detto popolo e specialmente: che detti
Padri debano mantenere in perpetuo un Maestro di Scuola, Predicatore per l'Avvento
e Quaresima, et organista, che soddisfaccino a tutti l'obblighi di detti Conventi
soppressi, e con altre condizioni più diffusamente appare dal Decreto
fatto lì 21 Marzo prossimo passato et il medesimo Signor Cardin. Bichi
Vescovo constandoli l'impossibilità di redurre a perfetione la fondatione
di detto Monastero di Monache e l'urgente bisogno di Sacerdoti e Religiosi,
massime per le confessioni, doppo molte et esatte informationi, e doppo una
matura riflessione, ha confirmato il detto Decreto della Comunità con
dar l'assenso alla detta fondatione del Convento de' Padri de' Servi in vece
del Monastero con obligo però di Mantenere perpetuamente in esso 12 Religiosi
e fra questi almeno 7 Sacerdoti, de' quali 4 siano Confessori come dal Rescritto
fatto lì 27 Marzo prossimo passato. Pertanto il detto P.re Generale devotissimamente
conoscendo per la validità di tutto quello si é fatto, esser necessaria
l'approvatione e confermatione della S. Sede Apostolica, supplica humilmente
la S. Vostra, attese l'istanze et il consenso espresso di detta Comunità,
l'approvazione di detto Sig. Card. Vescovo, l'impossibilità di fondare
il Monastero di Monache, la necessità che tiene quel luogo di Sacerdoti
e Confessori e l'utile evidente di detta Comunità, mentre obligandosi
i Padri a li suddetti pesi convenuti si viene a sgravare di un'annua spesa di
112 scudi in circa, degnarsi concedere alla sua Religione la fabrica, possessione,
beni, et altre qualsivoglia entrate in qualunque modo spettanti et assegnate
e lasciate con qualsivoglia conditione al detto Monastero di Monache, tanto
dalla detta Comunità di Montefano, quanto da qualsivoglia altra persona,
come anco tutte e qualsivoglia beni et entrate spettanti a detti Conventi soppressi
et applicati dalla S.M. d'Innocenzo X alla fondatione di detto Monastero di
Monache per dote e sostentamento d'un Convento di Frati del detto Ordine da
fondarsi nella medesima terra e nel medesimo Monastero già fabricato
in luogo di dette Monache, con tutti gl'obblighi, patti e conditioni espresse
in detto Decreto della Comunità et in detto Rescritto del Sig. Cardin.
Vescovo. Che il tutto etc... ». Il Vescovo di Osimo Mons. Fanesi era contrario
alla venuta dei Servi in Montefano nel nuovo Monastero già pronto; vi
erano alcune condizioni poste dagli offerenti che i Servi accettarono; a superare
le difficoltà create dal Vescovo, intervenne la Congregazione ed un Decreto
del Papa; così i nostri Religiosi poterono prendere possesso dei locali
nell'anno suddetto. Queste furono le condizioni: i Servi di Maria avrebbero
dovuto mantenere in perpetuo il Maestro della Scuola, provvedere alla predicazione
dell'Avvento e della Quaresima, concerne pure all'Organista; la scuola doveva
tenersi nella sala grande della stessa Comunità i Padri dovevano
impegnarsi a soddisfare gli obblighi annuali tanto nella Chiesa della Madonna
di Ginestreto come in quella del Soccorso e nelle feste principali assicurare
un Confessore sia nell'una che nell'altra i Frati assumevano l'onere
di ottenere dalla Santa Sede l'autorizzazione ad entrare in possesso di tutti
gli averi, terreni con i loro redditi, oggetti e denari offerti per la costruzione
e il sostentamento del Monastero destinato alle Monache, già donato dalla
comunità o che in seguito avrebbe potuto offrirsi dalla stessa comunità
esonerandola, insieme ai singoli Consiglieri, da ogni possibile futura contestazione
gli stessi Frati dovevano assumersi l'onere finanziario delle Bolle e
Decreti indispensabili per entrare in possesso del Monastero già destinato
alle Suore obbligo per i Servi d'intervenire alle Processioni pubbliche
nessuna richiesta o rivendicazione presso la comunità in avvenire,
salvo le comuni elemosine obbligo per i Frati di celebrare « un
offitio de' morti, gratis » nella loro Chiesa, per l'anima di ogni cittadino
consigliere della comunità, alla sua morte quando qualche figlio,
legittimo o naturale, di cittadini di questa comunità desiderava essere
ammesso a farsi Frate nei Servi di Maria, questi dovranno, se esisteranno le
debite condizioni e requisiti richiesti, accettarlo a loro spese ed almeno tre
o quattro affiliarli al Convento di Montefano obbligo per i Frati Servi
di Maria, con ciò che possiede sul momento il Monastero e le altre sue
entrate, a costruire la Chiesa e, qualora dette entrate non fossero sufficienti,
dovrà provvedere l'Ordine religioso per la compilazione del contratto
tra i Servi di Maria e la detta Compagnia di Montefano per l'osservanza dei
diversi articoli e concessioni del detto Monastero, dovranno intervenire alla
stipula di detto contratto, per la Compagnia i Confratelli, i Priori e Sindico
pro tempore con ampia facoltà, e per l'Ordine i Delegati del Rev.mo P.
Generale con il più ampio mandato di procura. Il Sommo Pontefice era
Clemente X e la Bolla porta la data del 10 Gennaio 1673. L'anno seguente, il
29 Marzo 1674, fu posta la prima pietra della nuova Chiesa che fu terminata
dopo 29 anni e benedetta il 7 Ottobre 1703; dedicata a San Filippo Benizi. Il
Convento fu dovuto abbandonare nel 1880 in seguito alle ultime leggi eversive
del governo italiano, ma fu ripreso nel 1897. I Servi di Maria, secondo la bella
tradizione ormai instaurata nell'Ordine intero, coltivarono nella loro Chiesa
di Montefano la devozione alla Madonna Addolorata ben corrisposti da quella
popolazione; in Suo onore ogni cinque anni si svolgevano in paese solenni festeggiamenti
straordinari, tra i quali rimase vivo ricordo di quelli svoltisi nel Settembre
1929.
ASCOLI PICENO
IL LAMBELLO IL MONTE E IL LEONE - di Bernardo Carfagna
Quattrocchi Leonardo
pag. 230 Paolo pag. 129 Emidio
pag. 138 Camillo pag. 231
Vincenzo pag. 231 Saccardi pag. 232
pag. 230
QUATTROCCHI LEONARDO
Imparentata con altri ceppi nobili della città come i Cori, i Cauti,
i Mucciarelli, i Migliori ed i Ferri. La famiglia dei Quattrocchi
era particolarmente legata alla Cattedrale, ove possedeva il proprio sepolcro
del quale, purtroppo, oggi non è rimasta alcuna traccia di lapidi, iscrizioni
o testimonianze araldiche. Esso verosimilmente doveva essere nella navata destra,
sotto il pavimento di fronte all'attuale ingresso della Cappella del Sacramento,
la cui apertura comportò la rimozione dell'altare fatto erigere da Leonardo
Quattrocchi nel 1604. I palazzi dei Quattrocchi
- o almeno le costruzioni architettoniche che possono essere indicate come le
residenze più prestigiose tra le varie proprietà del casato, erano
due: quello dal grande portale bugnato osservabile in Via dei Bonaparte, di
fronte al prospetto occidentale del vecchio seminario e quello oggi generalmente
indicato come Palazzo Colucci al n. 317 di Corso Mazzini, più opportunamente
indicato "Quattrocchi-Colucci" dal Mariotti.
La famiglia Quattrocchi si sarebbe estinta in quella
dei Colucci che ne avrebbe assunto il cognome e lo stemma.
pag. 129
Diversi sarebbero stati i matrimoni siglati tra i nipoti del Cardinale Centini
e i contemporanei rappresentanti delle più antiche famiglie nobili della
città come, ad esempio, quelli del 1616 tra Giacinto Centini e Girolama
Malaspina e del 1618 tra Diana Centini e Paolo Quattrocchi
e quello di Felicia Centini (figlia del suddetto Giacinto con Vincenzo Sgariglia
nel 1645; tutti contraddistinti da notevoli doti.
pag. 138
Tra i membri della famiglia Cornacchia più in evidenza nella vita politica
della città del 1400 è Baldassarre, citato a più riprese
dal Fabiani, mentre tra quelli maggiormente dediti alle armi sono da annoverare
il console Jacopo, che con il suo pari Emidio Quattrocchi
sarebbe stato in prima fila nelle truppe impegnate nel 1458 contro il Duca d'Atri
Giosia Acquaviva, al tempo degli scontri tra angioini e aragonesi per la successione
al trono di Napoli, ed il capitano Marcantonio vissuto nella prima metà
del 1600.
pag. 231
STEMMA SULLA LASTRA TOMBALE DI DON VINCENZO QUATTROCCHI
MORTO 1581 - CHIESA DELL'ANGELO CUSTODE (demolita nel 1824)
Ipotesi di stemma: d'argento a due fasce di rosso caricate ognuna di due occhi
umani al naturale, con la campagna di verde, al monte di tre cime, ordinate
in fascia, d'oro.
pag. 232
Famiglia SACCARDI-QUATTROCCHI
Indubitabile l'esito dell'avanzata sociale di un non identificabile "saccardo"
addetto alle salmerie negli eserciti medievali, o anche scudiero e aiutante
di cavaliere a cavallo, questa famiglia era già estinta quando nel 1766
il Marcucci dava alle stampe il suo Saggio: Sua erede sarebbe stata la famiglia
Quattrocchi (estintasi poi a sua volta in quella
dei Colucci nel primo '800) presso la quale, come ci dice il Cantalamessa Carboni,
esisteva ancora un "codice di varie scritture di Crescenzio, riguardanti
affari della Santa Sede con varie Corti estere e moltissime lettere scritte
in Italiano, in latino, ed anche molte poesie toscane.
SACCARDI-QUATTROCCHI
DELLE ANTICHITA' PICENE DEGLI UOMINI ILLUSTRI - Autore del Saggio delle cose Ascolane alla pag. CCXXXI. e gli antichi eroditi Ascolani ivi citati.
BRUNO SACCARDI DI VENAROTTA. un medico non mediocre
, che fioriva nel 1604. ed è comendabile non tanto per se stesso quanto
pe' suoi figliuoli, che innamorati delle lettere vi fecero riuscita come vedremo
in appresso nei rispettivi loro elogi . Lo dissi di Venarotta , uno dei Castelli
dello Stato Ascolano , perchè colà lo trovo indicato in due patenti
speditegli dal Pubblico di M. Alto , che si conservano originali presso di me.
Una dodici di Settembre del 1604, e l' altra del diciannove dell' istesso anno
, sebbene in un' altra precedente del 18 Febbrajo dell' anno medesimo sia detto
Ascolano. E , per non dipartirci da ciò , che rilevasi dalle suddette
patenti , egli fu eletto Medico della Città di Montalto col peso annesso
della Chirurgia , e con onore di Protomedico di tutto il Presidato coll'annuo
onorario di ducento cinquanta fiorini fin dal 18 di Febbrajo di detto anno 1604,
e dopo esservi stato confermato al Settembre dell' anno isteso, ai diciannove
ottenne in benemerenza della sua virtù la cittadinanza di essa Citta'
, conforme si rileva dalla patente spedita lo stesso giorno. Da M. Alto è
probabile che passasse a M. dell' Olmo , dove si trovava ad esercitare la medicina
nel 1611. conferme rilevo da parecchie lettere a lui scritte in essa Terra da
Crescenzio suo figlio , che stava in Benevento al servizio d' Ippolito Aldobrandini
, che poi fu Cardinale . Ma come si rileva da una di esse lettere scritta li
13. di Agosto di tal anno l'aria di quella Terra poco gli conferiva , e dal
figlio era consigliato a rinunziare , o a procurarsi altra condotta , più
vicina alfa Patria , se pure non avesse pensato di ritirarsi in Ascoli . Osservo
per altro , che nel 1623. passo' a miglior vita da un' epitaffio a lui eretto
non so dove dai suoi figliuoli Crescenzio , Giuseppe , e Francesco , dì
cui ne ho trovata una copia fra i molti MSS. di Crescenzio , che sì conservano
originali presso i Signori Leonardo e Luigi Quattrocchi
Patrizi Ascolani , Fratelli dì mia Cognata ; dei quali MSS. mi gioverò
moltissimo per rinvenire gli aneddoti dei suoi figli già nominati, che
meritano per !a loro dottrina di essere ricordati . Frattanto riferisco una
tale iscrizione , che servirà per fornirci anche meglio delle notizie
della di lui vita che d'altronde non abbiamo finora sapute.
LAMBELLO IL MONTE E IL LEONE (IL) CARFAGNA BERNARDO AUTORI E STORIA LOCALE
Attraverso una minuziosa ricerca sui reperti araldici ancora
esistenti nella citta di Ascoli e nei centri circonvicini, Bernardo Carfagna
ripropone con taglio originale storia e personaggi della città medievale
e della Marca meridionale. Calate nella realta dei tempi, le testimonianze araldiche
si intrecciano con efficacia ed incisivita alle considerazioni dellutore, per
prospettare in modo peculiare il divenire della citta e del territorio. Grande
rilievo viene dato agli stemmi pertinenti ai personaggi che in importanti realta
comunali dei secoli XIV-XV (come Firenze, Bologna, Perugia..) esercitarono cariche
di podesta, capitani del popolo, esecutori degli ordinamenti di Giustizia etc.
Occasione colta per riportare alla luce, insieme agli stemmi rintracciati negli
archivi storici delle citta toccate, anche tanti nomi calati da tempo nell'oblio.
FAMIGLIE CITATE NEL LIBRO:
Aceti, Alaleona, Alati, Alvitreti, Ambrosi, Andreantonelli,
Aniballi, Antonelli, Armillei, Arpini, Assalti, Bastoni, Camporini, Capodacqua,
Capponi, Carboni, Carfratelli, Cataldi, Cauti, Celestini, Centini, Ciucci, Cori,
Cornacchia, Dal Monte, De Angelis, Della Torre, Falconieri, Ferretti, Ferri,
Ferrucci, Ficcadenti, Fortunio, Gabrielli, Gilio, Giovannetti, Giovannini, Grassi,
Guiderocchi, Guidoni, Iotti, Lenti, Malaspina, Marconi, Marcucci, Mariotti,
Martelleschi, Massei, Merli, Miliani, Mucciarelli, Novelli, Odoardi, Pacifici,
Pallucci, Parisani, Petrucci, Piccinini, Pizzuti-Bentivoglio, Quattrocchi,
Saccardi, Saccoccia, Saladini, Saladini-Pilastri, Santucci, Serianni, Sgariglia,
Soderini, Talucci, Tibaldeschi, Trenta, Tuzi, Vannozzi, Vena.
ALBERO GENEALOGICO FAMIGLIA
MARCUCCI
IGNAZIO QUATTROCCHI SPOSA FRANCESCA - 1702
Elenco famiglie nobili e titolate della Regione marchigiana - Archivio di Stato - volume 21:
Quattrocchi Colucci - Arma: troncato da una fascia di rosso: nel primo d'argento al monte di tre cime di verde, movente dalla fascia, sormontato da una croce gigliata d'oro accompagnata ai lati da quattro occhi al naturale; nel secondo sbarrato d'azzurro e d'oro - patrizi ascolani discententi di Ignazio che fu Governatore di Ascoli nel 1838.
ELENCO PROVVISORIO DELLE FAMIGLIE NOBILI I TITOLATE - REGIONE MARCHIGIANA - LIBRO 21 - ARCHIVIO DI STATO.
La famiglia Colucci deriva dall'antica e nobile
famiglia di Ascoli Piceno derivata dalla stirpe de Guarutti i cui diversi rami
presero nome da un possedimento o da un patronimico. Il ramo Colucci trasse
il nome dal Castello di Coluccio presso San Severino. Nel 1263 questo ramo fu
investito da re Manfredi della Contea di S. Angelo in Pantano. Angeluccio fu
il capostipite certo. Da esso vennero vari rami che presero cognomi differenti:
Nicolai, Angelini e Nicodemi. Gloria di questa stirpe fu il grande santo Nicola
da Tolentino il cui padre fu Compagnone figlio di Angeluccio suddetto. Nel 1283
un Niccoluccio fu podestà di Bologna. Giuseppe fu illustre poeta nel
sec. XIII, Giulio Cesare fu capitano per la repubblica veneta, Giuseppe fu abate
e illustre scrittore delle antichità picene. Nacque il 9 marzo 1752 e
morì il 16 marzo 1809. La famiglia ebbe molti suoi membri che ricoprirono
alte cariche civiche in patria. La famiglia Colucci
fu erede per estinzione della nob. famiglia Quattrocchio
di Ascoli e ne assunse il cognome e lo stemma: La fam. Colucci si estinse con
Ignazio Colucci Quattrocchi che non avendo prole
adottò con l'obbligo di assumerne il cognome e lo stemma il figlio di
sua sorella Rosa, sposata al nob. Giovanni Perucci, ossia Vincenzo sposato alla
nob. Giuditta dei conti Bernetti da cui discendono gli attuali rappresentanti.
Da Vincenzo e Giuditta sono nati: Giovanni, Giuseppina, Luisa e Nicolina. Giovanni
ad Ascoli non ha avuto eredi (era celibe). Un ramo di questa famiglia espatriò
nel sec. XVII e andò in Basilicata dove tuttora fiorisce. La Consulta
araldica riconobbe spettare ai Colucci di Ascoli il titolo di patrizio di Ascoli.
In Basilicata la famiglia originaria della terra
di lavoro (nella Consulta di S.M.del 1 dic. 1870) - dimora: Roma Alessandria
d'Egitto. Il cimiero della famiglia è la piramide cimata dal sole. Il
titolo Colucci Quattrocchi
è divenuto Perucci Colucci.
ASCOLI NEL CINQUECENTO - di Giuseppe Fabiani
"..del S.Uffizio di Genova "duo iniquitatis filios" Atlante Quattrocchi e un certo Curzio, entrambi ascolani, che già in precedenza avevano avuto a che fare con l'Inquisizione. Papa Clemente VIII in data 16 marzo 1596 scriveva al doge di vigilarli con particolare cura."
Atlante,
processato per due volte dall'Inquisizione, fu bandito da Roma per ordine di
Clemente VIII.
(per saperne di più su Clemente VIII clicca qui "curiosità-romane")
LA COSIDDETTA ERESIA
DI ATLANTE E' LEGATA AL LIBRO "DE
IURE BELLI" PUBBLICATO NEL 1598 DI
ALBERICO GENTILINI PADRE FONDATORE DELLA SCIENZA
MODERNA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE.
(per saperne di più sul "De iure belli" di Alberico Gentilini
clicca qui "curiosità-romane")
LE CARTE STROZZIANE 1594
12. Connotati di Atalante Quattrocchi d' Ascoli, bandito. Allegati alla lettera del Cardinale di San Giorgio, ch'è a c. 159. c. 160.
pag. 112 "..appartenevano ai ceti sociali più disparati: vi erano
infatti nobili come i Mucciarelli, i Quattrocchi,
ecc e figli di artigiani, agricoltori, di montanari. Amalgamare e fondere mentalità
e caratteri così diversi doveva essere impresa non certamente agevole."
RELAZIONE DI QUANTO SI OPERÒ
A FESTEGGIARE LA VENUTA DEL SOMMO PONTEFICE PIO NONO
I-LA CITTÀ DI ASCOLI -DESCRITTA DA ABB.GAETANO FRASCARELLI-CAVALIERE
PORTOGHESE
S. Padre nella sua dimora a Fermo annoverava tra i Cavalieri dell' ordine Gregoriano Pontificio il Conte Emidio De -Angeli» patrizio ascolano. Prima della partenza da Ascoli nominava Commendatore dello stesso Ordine il Cav; Ignazio Colucci - Quattrocchi Gonfaloniere: annoverava fra i Cavalieri Gregoriani, il nobil' Uomo Ascolano Domenico Ferrucci Aziano, morto nel 4 Luglio del corrente Anno 1858 ed onorato di splendido funerale, il Signor Cristoforo Peslau- ser-Malaspina Consultore di Delegazione ed in ultimo il Signor Cav: Luigi Tinti Presidente del Tribunale di Prima-Istanza in Ascoli oriundo di Oliila diocesi Ascolana ,In data del 11 Settembre la stessa Deputazione partecipava al Signor Gonfaloniere Colucci- Quattrocchi, che nella sera del 10 era fatto ad essa l'onore di essere ammessa all' udienza del S. Padre, il quale si degnava gradire i ringraziamenti degli Ascolani, esternando la sua pienissima soddisfazione per quanto fecero nella Circostanza della Sua Venuta nella loro buona e bella Città.
Dizionario biografico degli Italiani - di Alberto Maria Ghisalberti, Massimiliano Pavan, Istituto della Enciclopedia italiana - 1960
1611, anno in cui fu eseguita "lAdorazione dei Magi"su commissione della famiglia Quattrocchi, dal pittore Carlo Allegretti (Monteprandone, Ascoli Piceno, fine sec. XVI - inizio sec. XVII). Le sue opere mostrano influssi veneti di fine Cinquecento. Tra le sue opere si segnala: Martirio di S. Bartolomeo (1608, Offida, chiesa di S. Bartolomeo); Adorazione dei Magi (1611, Ascoli, duomo, nel primo altare di destra). Tale opera risulta senz'altro la più pregiata. Lartista infatti ha saggiamente illuminato la parte superiore del quadro con un uso magistrale della luce. È un notturno di classico effetto e meravigliosamente eseguito. Nella chiesa si conserva anche il reliquiario della Sacra Spina, tale reliquiario di forma cilindrica, del 1400, è costituito da strisce di oro ed argento e da un cristallo contenente una S. Spina, come vogliono la tradizione e la credenza popolare (Statuto di Offida libro 1 cap. 3).
DIZIONARIO BIOGRAFICO DEI MARCHIGIANI Progetto di Giovanni M. Claudi e Liana Catri
Allegretti Carlo (Pittore; n. Monteprandone, Ascoli Piceno, 1554, m. forse Roma 1622). Ritornato, dopo la formazione a Venezia, nelle Marche, eseguì qui molti lavori. Essi sono connotati da un colorito molto acceso. Fra i suoi dipinti rimasti ricordiamo una Adorazione dei Magi e un Martirio di Santa Barbara (1608) nella chiesa di S. Agostino in Offida. Unaltra Adorazione dei Magi (1611), eseguita per la famiglia Quattrocchio, è nel duomo di Ascoli Piceno, opera che si può definire il suo capolavoro.Probabilmente è sua anche una Natività della Vergine nella Galleria Comunale di Ascoli Piceno.
ARMA: d'argento a due fasce di rosso caricate ognuna di due occhi umani al naturale, con la campagna di verde, al monte di tre cime, ordinate in fascia, d'oro. (Frascarelli)
Spadoni Giovanni, Relazione
sullArchivio Colucci e provvedimenti per impedirne la dispersione,
Atti M. Dep. Stor. p. Marche, IV Serie 10 (1933, ma 1934)
Nel 1932, come bibliotecario della Mozzi-Borgetti di Macerata, la. venne a conoscenza che la nobile famiglia Colucci Quattrocchi di Ascoli Piceno stava cercando di vendere il proprio ricco patrimonio archivistico. Contattata lunica superstite della dinastia, Nicolina Colucci, la. esaminò il prezioso materiale scoprendo venti volumi inediti di Antichità Picene, quasi tutti in ottimo stato di conservazione. I volumi interessano molte città e terre marchigiane ma nel XV è possibile rintracciare eccezionalmente la Succinta descrizione istorica di Trevi nellUmbria di Alfonso Valenti, del 1765, mentre nel XIX sono presenti notizie sugli uomini illustri di Gubbio e su alcuni marchigiani fioriti a Perugia.
Museo scientifico, letterario
ed artistico, ovvero, Scelta raccolta di utili
a cura di Luigi Cicconi, Pier Angelo Fiorentino - 1845
POEMA EPICO
"Il Malaspina non diè risposta che del brando; i colpi furiosi del vanitoso avversario ei parò con quella maestria, con quella calma che dà la coscienza della propria forza; ma quando il vide stanco e trafelato gli rese tai colpi a fiaccargli il mal posto orgoglio. La tua spada vale il mio rovo? Ebbene a terra la tracotante! E in così dire lo stringe, il persegue, lo gira, il disarma e lo pone vinto a terra. Renditi, presumente! e sceso di cavallo gli metteva la punta della spada nel petto Renditi a chi t'ha vinto ! Il giudice fa dar nelle trombe, e il cavaliere perdente vien tratto raumiliato e confuso dalla lizza. Vennero quindi un Oliverotto, un Vinci, un Lauri, un Azzolino, un del Rosso e un Alamanno, cui rintuzzaron coll' armi loro un Trebbiani, un Carpani, un Quattrocchi, un de' Sgariglia e un Ferruccio. I colpi cadevano spessi e fieri, ma non micidiali, avvegnachè le ben temprate armature gli rendessero vani; disperato valore spronava i campioni de'due municipii; però gli Ascolani erano perdenti; chè un Azzolino, superiore nel conflitto, caracollando attorno lo steccato, erane stato acclamato vincitore".
STEMMARIO ASCOLANO PICENATO - FAMIGLIE NOBILI E RINOMATE
Alaleona - Amiani - Alvitreti - Ambrosi Rosati Sacconi - Bartolucci
Godolini - Borgogelli - Bulgarini - Egidi - Emiliani - - Euffreducci - Falconi
- Fanelli - Fedeli - Felici - Ferrucci - Giorgi Alberti - Girolami Carmignani
- Graziani - Guidi - Guerrieri - Laureati - Lazzari - Luciani - Lupidi - Mancini
Spinucci Di Milanow - Mancini - Maggiori - Marcatili - Marcucci Marinangeli
- Matteucci - Merli - Monsignani Sassatelli (già) Morattini - Morici
- Morrone Mozzi - Nardini Saladini - Neroni - Paleotti - Palmaroli - Paoletti
Consalvi - Pasqualini - Passari Venturi Gallerani - Passarini o Passerini -
Pelagallo - Piccinini - Pongelli Palmucci - Quattrocchi
- Quattrocchi Colucci
- Raccamadoro - Ranaldi - Recchi - Romani Adami - Saccardi
Quattrocchi - Sacconi - Saladini Pilastri - Saladini
- Salvadori - Salvati - Savini - Seganti - Sempronio - Serianni - Sgariglia
- Sonni - Tesei - Tozzi Condivi - Trevisan e Trevisani - Vermigli - Vinci Gigliucci
- Vitali - Vitali Rosati.
ASCOLI PICENO - Le origini della città sono avvolte nel mistero ma è abbastanza sicuro che la zona fosse popolata già nell'epoca neo-eneolitica da popolazioni italiche. Secondo una tradizione italica citata nella letteratura antica (Strabone, Plinio, Festo) la città venne fondata da un gruppo di Sabini, che vennero guidati da un picchio, uccello sacro a Marte durante una delle loro migrazioni detta ver sacrum. I Sabini si sarebbero fusi con altre popolazioni autoctone dando origine ai Piceni, di cui Ascoli divenne il centro principale anche grazie alla sua posizione sulla Via Salaria, che collegava il Lazio con le saline della costa adriatica.
FERMO
CRONACHE DELLA CITTA DI FERMO-PUBBLICATE DAL CAV.GAETANO DE MINICIS
Anno Domini 1419, die raercurii XXV januarii et die conversionis Sancti Pauli , dominus noster cum uxore sua et multis equitibus et civibus , forte numero quinquaginta ,et cum uxore magistri Thome solum, et cerlis aliis iuvenibus et mulieribus, que stabant cum domina nostra, cepit iter Mantuam , ubi erat Martinus V. Die . . . mensis eiusdem anni , dominus noster cum sua uxore et omnibus aliis reversus fuit Firmum. Die XXI martii, fuit discopertum tractatum contra dominum nostrum; et videbatur esse tale: quod Niccolaus Petri Transanni, qui erat de Prioribus, una cum quodam vocato Quattrocchi et infrascripti una cum eis , videlicet , Tartia calciolarius,Tomassinus calciolarius, Piagna filius Vagnotii Bernardi Beccarli , fllius Dominici de Sancto Insto , Mattheus Cervellerii , Antonutius Natalis et Marinus Carapelle , iste reversus fuit quia dominus pepercerat sibi pretia (sic).
FERMO -(latino Firmum Picenum) è una città di 37.760 abitanti, posta al centro del territorio del Piceno nelle Marche centro-meridionali, distante circa 6 chilometri dal mare, ed è capoluogo dell'omonima provincia; per effetto della legge statale 11 giugno 2004, n. 147, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 138 del 15 giugno 2004, è infatti capoluogo della provincia di Fermo, quinta provincia della Regione Marche, comprendente 40 comuni dal mar Adriatico ai Monti Sibillini.
DIZIONARIO TOPOGRAFICO DEI
COMUNI COMPRESI ENTRO I CONFINI NATURALI D'ITALIA
di Attilio Zuccagni-Orlandini - 1861
Fermo (Marche). Prov. di Ascoli ; eircond. di Fermo ; mand. di Fermo. In cima ad alto colle tra il fiume Tenna e il torrentello Leta-Vivo, non lungi dalla spiaggia marittima, sorge Fermo, che col nome antico di Firmum. salì nei trascorsi tempi ad alto grado di potenza e ricchezza. Mirabilmente pittoresco è l' aspetto di questa città ad una certa distanza, ma le sue vie sono erte e malagevoli. Ove torreggiava la rocca o fortilizio, sorprendente è la veduta che vi si gode. Popol. 18,996.
APECCHIO - CA' QUATTROCCHI
Località Cà Quattrocchi
- 61042 Apecchio - Pesaro e Urbino (Marche) (Italia)
Da Perugia: E45 uscita per Città di Castello, proseguire
in direzione Apecchio. Circa 1 km dopo Apecchio voltare a sinistra seguendo
le indicazioni per Cà Quattrocchi per 3,5 km.
sito a cura di Gilberto Quattrocchio e Patrizia Prodan
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