ALESSANDRIA
TORTONA
CERRETO
CASTELNUOVO SCRIVIA
CURONE - GATTI
- MAGGI
- STELLA - GRASSI
- SCARABELLI - BERSANI
POIRINO - BOBBIO - VOGHERA
- MOTTA DEI CONTI
PIEMONTE-RUSSIA
ARALDICA PIEMONTE
BLASONE QUATTROCCHIO
QUATTROCCHIO-QUATTROCCHI:
Non sono note l'origine e la provenienza dei Quattrocchi
che troviamo già residenti in Tortona durante l'assedio del Barbarossa:
dopo la resa, che imponeva l'esodo di tutti gli abitanti della città
(17 aprile 1155) essi si ritirarono a Cerreto (Grue)
ove forse avevano possedimenti (Annali, I, 169 e Uomini Illustri, 161); a Voghera
sono presenti almeno due anni prima ove Giovanni
è teste in istrumento del 13 febbraio 1153 con cui i fratelli Richizano
vendono beni ivi al monastero di S. Maria Teodota di Pavia (Doc. vogheresi dell'archivio
di Milano, 99); analogamente in Pavia, Arco Quattrocchi
è teste in atto del 28 maggio 1183 con cui i Ponticelli, padre e figlio,
cedono al monastero del Salvalore beni nell'omonimo luogo di Monticelli (Doc.
di Pavia relat. a Voghera, 72); ... ed a Castelnuovo sono ricchi possidenti
poiché proprietà di Rufino a Godio
ed in territorio di Sale confinano con terreni che i Giorgi, i Fassio, ed i
Galliano vendono nel 1191 1193, 1195 al monastero di Rivalta (Cartari di Rivalta,
I. 179, 180 e II, 89, 91); Rufino ed il figlio
Lorenzo il 7 agosto 1194 permutano terreni in Godio con detto monastero
che lo stesso giorno ne acquista altri da Nicola Berzano, e Lorenzo
è teste in atto (id.. I, 185. 257 e II. 97. 115); in una causa per un
prato di proprietà del monastero su accennato e tenuto abusivamente dal
Rufino che non si presentò all'udienza, il 30 settembre 1194 il giudice
tortonese reintegrava il convento nel possesso del prato contestato (id., I,
189); altre proprietà di Rufino in Castelnuovo
confinano con terreni che il 2 ottobre 1195 Oberto Drago dona al monastero di
Rivalta nonché con altre terre che quest'ultimo permuta nello stesso
anno con Guido Orecchia (id., I, 241 e II, 130); il 4 dicembre 1196, forse sentendosi
alla fine dei suoi giorni Rufino fa donazione di terreni in Godio al predetto
monastero (id., I, 263) e difatti poco tempo dopo morì.
I suoi figli ed eredi il 17 ottobre 1201 sono condannati dai consoli tortonesi
a riattare una strada in Castelnuovo da loro devastata a danno dei canonici
di Tortona e la sentenza venne riconfermata il 23 aprile 1202; pare in effetti
che i mèmbri di questa famiglia fossero dei cattivi soggetti, prepotenti,
usurpatori: i giudici tortonesi difatti il 21 dicembre 1204 li condannano nuovamente
a demolire un acquedotto indebitamente costruito su proprietà della Chiesa
tortonese in territorio di Castelnuovo (Carte Capit., I, 224, 232, 263); Oberto
è teste in istrumento del 10 gennaio 1206 relativo a terreni in Godio
acquistati dal monastero di Rivalta; 1'8 giugno 1208 i fratelli Lorenzo,
Pietro, Oberto, Giovannone e Rufino figli di quella buon'anima di Rufino
permutano terreni in Godio con detto monastero al quale vendono ivi altri appezzamenti
(Cartari di Rivalta, I, 202. 228. 230 e II, 99, 101).
In seguito al decreto del 24 novembre 1220 col quale Federico II conferma il
ritorno di Castelnuovo alla giurisdizione tortonese, nell'ottobre dell'anno
successivo parecchi uomini del luogo, tra i quali i fratelli Giovannone,
Lorenzo e Rufino Quattrocchi giurano il
cittadinatico del comune di Tortona (Chartarium, 153, 160 e Montemerlo, St.
di Tortona, 37); Giovannone è teste in atto
dell'8 gennaio 1231 con cui l'abate di S. Marziano di Tortona revoca l'elezione
di Rollario Cetta a console di Cagnano ed elegge Pietro Rossi (Doc. tortonesi
relat. a Voghera, I, 115); Rufino e Rainero, che
presumiamo padre e figlio, Girardo, Giovannone e Pietro sono citati come testi
o proprietari confinanti in vari atti dei Cartari di Rivalta negli anni 1232-1254
(I, 98. 100, 101, 209, 236 e II 40, 107, 126; Carte Capit., II, 394); Lorenzo
nel 1245 siede al Consiglio di Tortona ed appare in atto del 26 novembre con
cui il Comune vende a terzi beni in territorio di Novi (Doc. di Novi e Valle
Scrivia.II,117).
Con atto del 15 marzo 1311 il Capitano del popolo di Tortona condanna il podestà
nonché molti uomini e proprietari di Castelnuovo, tra i quali Rainero
Quattrocchi (Rainezonus Guatregius) per non aver consegnate le biade
di cui erano stati tassati il 10 aprile 1307 (Chartarium, 305).
Richiamandoci alle prime righe della presente cronologia si ha conferma che
a Cerreto i Quattrocchi non fossero degli estranei
poiché, estinta la linea dei fratelli Achille e Pallamede Pernigotti,
l'imperatore Venceslao con diploma 7 febbraio 1396 infeudava Mastino,
stipite della nobile famiglia tortonese Quattrocchi,
del luogo di Cerreto, olim Cerreto della Malta,
esigendo da quei terrieri a titolo di feudo 175 staia di frumento all'anno (Carnevale,
Uomini Illustri, 327 il quale a pag. 183 delle " Notizie sull'antico e
moderno Tortonese contraddice se stesso affermando che fu Federico II ad investire
nel 1233 il predetto Mastino); altro consigliere
è Giorgio che il 6 maggio 1278 partecipa
alla seduta in cui il comune di Tortona conferisce la cittadinanza agli uomini
di Viguzzolo (Carte Capit., II, 282); il comune della porta di Castelnuovo in
Tortona, ossia podestà e consiglieri tra i quali Rainero, il 12 maggio
1309 rinuncia di appellarsi al vescovo contro il comune tortonese (Chartarium,
317).
I Quattrocchi diramarono pure ad Alessandria ove
tuttora fioriscono; e così pure a Castelnuovo ove in quel cimitero, tombe
recenti i cui titolari si denominano ora Quattrocchio,
denotano che la discendenza, sebbene ,di linee collaterali, è ben lungi
dall'abbandonare questa valle; degli antichi Signori di
Cerreto non si hanno più notizie dal XV secolo, epoca in cui riteniamo
si siano estinti.
ARMA: D'argento inchiavato in capo di sei punte di nero; col capo d'azzurro
carico di tre gigli d'oro sostenuto da una fascia di rosso caricata da quattro
occhi al naturale (Marozzi).
Joannonus Quatuoroculi Tortona 8 gennaio 1231 Teste Elezione Console di Cagnano
DIZIONARIO TOPOGRAFICO DEI
COMUNI COMPRESI ENTRO I CONFINI NATURALI D'ITALIA
di Attilio Zuccagni-Orlandini - 1861
Tortona: (Piem.) Prov. di Alessandria ; circond. di Tortona : mand. di Tortona. Presso la destra dello Scrivia, ed alla sinistra del Grue, appiè d'una collina. siede Tortona. Vedesi qualche traccia della vecchia fortezza, e la porta occidentale detta di Serravalle. Attualmente la città e' libera ed aperta, ed invece di baluardi, la circonda un superbo viale arborato, destinato al pubblico passeggio. Irregolare è la distribuzione dei fabbricati, anguste e mal selciate le vie : regolare è la piazza della cattedrale. Ha ospedale, orfanotrofio. scuole civiche e regie, ed un teatro. Il territorio è fecondo in pascoli, viti e gelsi. Popol. 13,218.
Cognome Famiglia QUATTROCCHI
Varianti del Cognome QUATTROCCHIO, QUATROCULAM, GUATREGIUS
Provincia ALESSANDRIA
Comune di origine TORTONA
Altre residenze CASTELNUOVO SCRIVIA, CERRETO, ALESSANDRIA
Definizione Documenti del 1194 li annoverano già nella piccola nobiltà,
famiglia fiorente nell'Alessandrino.
Arma : D'argento inchiavato in capo di sei punte di nero; col capo d'azzurro
carico di tre gigli d'oro sostenuto da una fascia di rosso caricata da quattro
occhi al naturale (Marozzi)
Fonti archivistiche
Cartari di Rivalta I,179,180 e II 89,90 anno 1195;
Comune di Tortona relativi a Voghera I,115
Tortona Insigne edito dalla Cassa di Risparmio di Tortona;
Archivio di Stato di Alessandria
Archivio Vescovile di Tortona;
Autore FABIO CURONE
ALDO BERRUTI - TORTONA INSIGNE, UN MILLENNIO DI STORIA DELLE FAMIGLIE TORTONESI - A CURA DELLA CASSA DI RISPARMIO DI TORTONA - 1978
L'opera è dedicata alla memoria del Console Tortonese,
Berruti, caduto in difesa della propria Patria, (vedi Genealogie Berruti, Rapallo,
1975, presso Biblioteca Nazionale di Torino). Ed ora, un sintetico riassunto
delle vicende tortonesi che invogliarono alla compilazione dei libri su accennati.
La Dominazione Longobarda (568-774) subentrata
a quella Bizantina, e definitivamente debellata
da Carlomagno, aveva suddiviso i suoi possedimenti
in ducati, sostituiti dal conquistatore in comitati, (comitatus), retti ciascuno,
da un conte, (comes, graf), e più comitati o marca da un marchese o margravio,
(marchiones, markgraf); il conte ed il marchese erano quindi semplici funzionari
regi, ufficiali di governo, paragonabili grosso modo a dei viceprefetti, prefetti,
governatori odierni, i quali esercitavano i poteri civili e militari alle dirette
dipendenze del sovrano che ne controllava l'operato. Privi di retribuzioni,
ritraevano compenso della loro opera dal reddito di vaste tenute, patrimonio
dello stato, che in tempi successivi divennero ereditarie ed i titoli governativi
acquisirono crisma di nobiltà. Al Trono Imperiale Germanico
si succedettero i Carolingi, gli Ottoni, i vari Corrado, ed Enrico, tutti antagonisti
all'autorità dei papi fieri assertori della propria supremazia sul mondo
cristiano e quindi sugli imperatori stessi ! Alle soglie dell'XI secolo nacque
il Carroccio, risorse il Console, si estesero le
lotte tra papato ed impero provocando il depauperamento di popoli e regioni...
ed i Comuni insorsero al fine di sottrarsi alla sovranità d'Oltralpe,
si auto governarono, esautorando marche e comitati, i cui titolari dovettero
per sopravvivere, confinarsi nei propri castelli, limitandosi ad esercitare
con maggior umanità la loro potestà, sulle popolazioni rurali
dei rispettivi feudi. Nel 1090 le famiglie preminenti del Tortonese, sorrette
dal vento di fronda che animava il popolo esasperato, estromisero l'allora decadente
amministrazione imperiale, instaurando quella prima forma di governo autonomo
comunale, che in pochi decenni ebbe agio di consolidarsi, e concretizzarsi,
nel 1122, colla costituzione del "Comune Signorile di Tortona". Ai
membri e discendenti di tali Casati, venne conferito l'attributo onorifico di
"De Civitate Terdona" ossia di "Cittadino avente diritto di partecipare
alla vita pubblica", e di esse si trascrivono i nominativi desunti dal
Dizionario Feudale del Guasco di Bisio : ABELLI, ACCATAPANI, ARMELLINA, ARQUATA,
AVOLASCA, BARATTA, BAZZANI, BERRUTI, BOLZONI, BUSCHI, BUSSETI, CAFFARO, CALCINARA,
CARLASCO, CRESCENZI, CUROLI, DA DERTONA, FABBRICA, FALAVELLO, GRANONA, GRONDONA,
GUIDOBONA, MALOPERA, MALPASSUTI, DA MILANO, MONGIARDINO, MONTACUTO, MONTEMARZINO,
MONTEMERLO, NAZZANO, OPIZZONI (POI RATI OPIZZONI), OSPINELLI, OSSONA, PAGANO,
PASCEMASNATA, PISCINA, QUATTROCCHI, ROVEDI, SAREZZANO,
SCOPELLI, SELVATICO, SOAVE, STERPI, TESTA, TORTI, VILLA, Altre città,
si erano in precedenza ribellate alla dominazione straniera, e i Comuni in preda
alleuforia dell'espansionismo, si straziavano l'un l'altro in cruente
lotte, di supremazia e dominio. Il che indusse Federico Barbarossa a por fine
a queste stragi e a ripristinare la sovranità bandita; nel novembre 1154
calò per la prima volta in Italia, devastò l'agro milanese, distrusse
Chieri, Asti, Tortona che assediò dal Febbraio all'Aprile 1155, indi
proseguì per Roma per essere incoronato imperatore del Sacro Romano Impero.
Durante lassedio, Sale non si mosse; lo Svevo
vi stabilì il suo quartiere generale, ospite di Enrico Estense, detto
il Leone duca di Sassonia e di Baviera, suo cugino e pronipote, dei marchesi
Obertenghi, già feudatari del luogo, che manteneva una riservata neutralità
imposta dagli interessi, che lo legavano a Pavia, a preferenza di Tortona alleata
dei Milanesi, la cui politica tendeva costantemente, ad attrarre nella propria
sfera, e più con la violenza, che con la persuasione, i Comuni padani
distogliendoli dalla dominazione nordica. Godettero rinomanza in Sale i seguenti
Casati Gentilizi : ASSANDRI, BIGURA, BOVERI, BULGARO, CALCAPRINA, CANTONI, CAVALLI,
E CAVALLI MOLINELLI, GHISLIERI, MAGGI, SALE, TROVAMALA . Castelnuovo
Scrìvia, se non favorì ostentatamente l'Invasore, non gli
fu nemmeno ostile, e per le stesse ragioni determinate dai rapporti economici
con Pavia, si astenne dall'accorrere in aiuto di Tortona,
temendo in caso di vittoria di quest'ultima, rappresaglie, e sottomissione coartata
. Nel 1163 ,Tortona subisce una seconda distruzione,
ad opera dei pavesi suoi mortali nemici, cui nel 1164 Federico
I, assegna molti luoghi del Tortonese . Il 7 Aprile 1167 i rappresentanti
dei Comuni lombardi riuniti nel monastero di Pontida,
Fondano una Lega, detta poi "Lega Lombarda",
intesa a difendere le proprie strutture contro gli arbitrii dell'imperatore
. Nel Marzo 1168, Tortona è accolta in seno
alla Lega, che tradisce nel Marzo 1176 stipulando separatamente all'insaputa
di tutti, papa compreso, un trattato di pace ed alleanza Con Federico,
che la reintegra degli antichi possessi e privilegi; e ciò due mesi prima
della sconfitta di Legnano, inflittagli dai confederati,
il 29 Maggio 1176 . Scomparso limperatore, morto annegato in Terrasanta
nel 1190, Tortona ritorna a gravitare nella sfera milanese, subisce l'influenza
di chi a turno s'impadronisce del potere, tra i Della Torre ed i Visconti, soggiace
ai saccheggi, ricatti, aggressioni dei Monferrato,
ingoia le erosioni dell'espansionismo genovese, finché il 23 Luglio 1272,
diventa preda di Carlo d'Angiò, creato re
di Napoli e chiamato in Italia da Clemente IV,
per combattere ed annientare gli Svevi, nemici
del papato. I D'Angiò e i Visconti; si alternano
per alcuni decenni nel dominio di Tortona, sinché il 13 Febbraio 1322
Raimondo di Cardona, generale pontificio, ed alleato del re
di Napoli Roberto d'Angiò, alla testa dì 500 cavalieri,
e dei fuorusciti tortonesi, di parte Guelfa, entra
in Tortona e se ne impadronisce, in nome della
Santa Sede, che aveva promosso la lega, contro i Visconti.
Primo vicario pontificio e regio di Tortona, fu
il marchese Nicolò Malaspina, detto il "marchesotto",
al quale spetta il merito di aver impartito disposizioni, affinché fossero
riordinate, rivedute e rinnovate, le preesistenti leggi civili, e criminali,
desunte dal diritto romano, allora vigente, abolendo le superate ed aggiungendone
altre, che circostanze e tempi richiedevano. A tale scopo vennero designati
alcuni dottori, notai e giurisperiti collegiati, tutti appartenenti alle piu
cospicue e nobili famiglie tortonesi, che sedevano al Consiglio dei Savi, alla
Credenza, al Consiglio generale ed invitati a porre mano, senza indugio, all'opera
rinnovatrice; essi furono: BERRUTI ANTONIO, BERRUTI GIOVANNI, BERRUTI GUGLIELMO,
BORDONE FRANCESCO, BOTTINO LORENZO, BUTTERI LORENZO, CACHI CORRADO, CACHI LANFRANCO,
CALCINARA GUGLIELMO, CASSANO GUASCO, CERRETO GUGLIELMO, CUROLI GIOVANNI BERGADANO,
GENTILE AMEDEO, GENTILE DUSIO, GENTILE LORENZO GIACOMO, GENTILE NICOLINO, LEONE
BONARELLO, LEONE DANIELE, MERLASSINI TOMASO, DA MILANO BERGONZINO, DA MILANO
MICHELE, MONTEMERLO ENRICO, MONTEMERLO LORENZO, MONTEMERLO ROGLERIO, OPIZZONI
GIACOMO, PAGANO DANIELE, PASSALACQUA FEDERICO, PASSALACQUA PIERO, POMODORO LOMBARDO,
PONZANO FOLCHINO, PONZANO OTTINO, SCHENARDI CRISTOFORO, SCHENARDI LANFRANCO,
VERCELLI GIACOMO . Il primo libro ebbe l'approvazione e la ratifica del Consiglio
generale l'8 Febbraio 1327 e l'ultimo, il settimo, nel 1345; raccolti in un
solo volume dal giureconsulto Agostino Ribrocchi, vennero pubblicati, oltre
due secoli dopo, a Milano nel 1573, coi tipi dei f.lli Valentino e Gerolamo
Meda. Gli Angioini abbandonano Tortona nel 1347, che si sottomette a Luchino
Visconti, poi agli Sforza, sino alla morte
dell'ultimo Duca, avvenuta il 1 Novembre 1535, indi agli Spagnoli
sino all'11 Ottobre 1698, sostituiti dagli Asburgo
i quali, in base al trattato di Vienna, del 13 Novembre 1738, la cedono ai Savoia
che l'annettono ai propri Stati. Lo sviluppo, tra il XII e il XIV secolo, delle
autonomie dei Comuni, le cui rivalità non ebbero freno, tesi ognuno,
come già accennato, ad aggredire ed annientare il vicino, popolò
la città di una certa importanza di rocche e fortezze, costellando vie
e piazze di case-forti e torri per offendere o difendersi dalle fazioni rivali
a Tortona i ghibellini si denominavano inferiori perché abitavano in
città e superiori i guelfi che risiedevano nella parte alta, gli uni
gli altri, a seconda se erano sconfitti ed espulsi, si appellavano a turno come
banditi, o come vincitori, che avevano il predominio ed il governo della città.
E... come se ciò non bastasse gruppi di masnadieri, residui sbandati,
disertori di compagnie di ventura, aggredivano, devastavano campagne e paesi
minacciando anche le città; arabi e pirati infestavano impunemente con
scorrerie le coste della penisola razziando cose e persone trascinate in schiavitù;
le frequenti carestie e pestilenze immiserivano paesi e regioni in guisa tale
da rendere inefficaci le opere predisposte a protezione e difesa delle popolazioni.
La palese inefficienza degli interventi d'Oltralpe aggravata dall'inevitabile
decadenza del Comune, indusse un ristretto numero di famiglie a costituire un
ordine di cittadini cui spettasse di diritto la metà delle cariche che
presiedevano al governo della città e distretto, e l'altra metà
al popolo con l'intento di riorganizzare le difese, promuovere istituzioni,
emanare nuove leggi, incrementare opportunamente l'agricoltura, dar assetto
insomma a quanto preesisteva da tempo nella desolata terra dertonense: e si
istitui un corpo denominato de numero militum. Già in precedenza nel
consiglio generale del 5 Gennaio 1246, cittadini tortonesi, atti a reggere i
pubblici poteri, vennero ripartiti in due classi denominate appunto l'una de
numero militum e l'altra de numero popoli; con atto consolare del 15 Maggio
1327, il comune di Tortona sancisce ufficialmente mediante consoni decreti,
pubblicati a pag. 44 degli Statuti Tortonesi, il predetto ordinamento. Assoggettandosi
spontaneamente Tortona ai signori di Milano, la struttura comunale, è
ovvio s'incrinasse perché da guelfa assunse colori ghibellini, ed il
ceto "de numero militum", composto prevalentemente dalle famiglie
signorili di antica nobiltà, volle riunirsi in gruppi denominati Casati
per espletare una più ordinata amministrazione del popolo e attribuirsi,
nel tempo stesso, le più importanti cariche della comunità in
analogia agli Alberghi istituiti in Genova agli inizi del XIV secolo, in sostituzione
delle otto Compagnie (associazioni rionali) che fino dal 1135, assumendo carattere
politico-economico, legalmente riconosciuto, davano i consoli alla repubblica
genovese; nonché alle logge, portici, ospizi, bussole, urne, sedili,
seggi, tocchi, così denominati altrove. Ai sette Casati costituiti dopo
la prima metà del XIV secolo, l'imperatore Venceslao nel 1396 aggiunse
l'ottavo; inizialmente vi era ammesso chi provasse vita civile del padre, avo
e bisàvolo, che cioè non avessero esercitata alcuna arte meccanica
(piccoli commerci); in seguito, restringendo l'ascrizione, doveva provare che
detti ascendenti avessero vissuto nobilmente e, in tempi meno lontani, pur essendo
nobili fossero di antico lignaggio. I Casati si denominarono di: Casa Montemerlo
Gentile, Casa Busseti Guidobona, Casa Soprana, Casa Costantina, Casa Tre Case,
Casa Bonvicina, Casa Prina, Casa Nova (1394). Vuolsi che nel 1547 questi Casati
fossero Dodici. Le famiglie ascrìtte ad essi , di cui si trascrivono
i nominativi, sono desunte dagli elenchi del De Ferrari di Brignano, in "Nobità
Tortonese", nonché da segnalazioni reperite in Testi, e documenti
vari, dei quali ne è sempre citata la fonte.
Famiglie Ascrìtte al Decurionato Tortonese, furono : ACCATAPANI, ALIPRANDI,
AVOLASCA, BAGNARA, BALBI, BELEGNANO, BERNABOVI, BIGURRA, BONVICINO, BRAGHERI,
BRENASI, BRIONTE, BUSCHI, BUSSETI, BUTTERI, CACCIA DI ROMENTINO, CALCINARA,
CALVINO, CARNEVALE, CASELLA, CATTANEO, CELIARDI, COLOMBASSI, DELLA CROTTA, CROZZA,
CUPERIO, CUROLI, FALAVELLO, FERRARI, FRASCAROLI, FULCUIGNONE, GAROFOLI, GATTI,
GENTILE, GIULIA, GREMIASCO, GRASSI, GRONDONA, GUIDOBONO, GUAZZONI, LEGE', LEONE,
MALASPINA, MALOPERA, MALPASSUTI, MANDRINI, MARLIANI, MASSA, SALUZZO, MASSONE,
MERLASSINI, DA MILANO, MOMPERONE, MONGINI, MONGUALDONE, MONLEALE, MONTACUTO,
MONTEMARZINO, MONTEMERLO, DE OCHEDA, OPIZZONI, OSMERI, PALENZONA, PASSALACQUA,
PERNIGOTTI, POCASALE, POMODORO, PRINA, PUBLETO, RAMPINI, RATI, RATI OPIZZONI,
RIBROCCHI, RICCI, DELLA ROCCA, ROERO DI SETTIME, ROMAGNANO, ROSANO, ROVEDI,
SAREZZANO, SCHIAVI, SELVATICO, SIGNORIS DI BURONZO, SOPRANI, SORDI, TONSO, DELLA
TORRE, TORTI, TREVISI, VACHINI, VAIRANA, VALENZIANO, VILLA, VIOLA, ZENONE, In
seguito alla revisione ordinata da Carlo Emanuele III nel 1752 ed il mancato
riconoscimento del Decurionato Tortonese, accordato invece al corpo decurionale
di Novara ed Alessandria, le famiglie Gatti, Caccia di Romentino, Ricci e Signoris
di Buronzo furono ascrìtte per benemerenze, al Decurionato Tortonese.
senz'alcuna aggregazione ai Casati. Sono pure qui illustrati i grandi feudatari
del Tortonese ove lasciarono impronte di storia del feudalismo medioevale, rinascimentale
ossia nell'arco compreso tra il XII secolo e la fine del XVIII (1797); le imprese
che li distinsero sono esposte senza reticenze e con l'intento di smantellare
luoghi Comuni e Falsi Idoli. Infatuato dal rivèrbero di un crisma nobiliare,
sovente protetto dall'oscurità dei tempi, il feudatario di ogni contrada
si avvolgeva in un manto di pretesa superiorità che lo esimeva da ogni
scrupolo, per opprimere la Gleba, e Tassarli, spogliare Mercanti e Viandanti,
allungare le mani sui possessi del Vicino, sempre all'erta nello spiegar le
vele a favor di vento, Guelfo o Ghibellino, Repubblicano o Dinastico, che meglio
potesse proteggere, i propri domini, e interessi... talora inconfessabili .
I Feudi, erano in prevalenza "Viscontili",
affidati dal vescovo, di Tortona, Conte di Voghera indi di Stazzano, cui era
soggetto il territorio della Mensa Vescovile, detto "Vescovato", ed
anche "15 Terre", a fiduciari di provata fedeltà, denominati
appunto Visconti. "Comunali", attribuiti
dal Comune a cittadini benemèriti e facoltosi che disponevano delle loro
sostanze per alleviare l'amministrazione della collettività. "Marchionali",
concessi dagli Aleramici, dai Paleologo, dai Gonzaga. "Ducali",
conferiti dai Signori, poi Duchi, di Milano." Regi",
investiti da dinastie sovrane. "Imperiali",
sanzionati dall'autorità imperiale sotto la cui protezione i titolari
godevano piena immunità da ingerenze fiscali, politiche, militari della
regione in cui s'inserivano; però all'estinzione dell'ultimo feudatario
privo di eredi legittimi, o reo di tradimento, di ribellione, di gravi reati,
il feudo veniva incamerato dall'Erario e devoluto al miglior offerente. A tal
proposito riteniamo opportuno ricordare che non pochi Feudatari Lìguri,
consegnarono i loro vasti possedimenti all'impero, onde assicurarsene la tutela
dall'invadente erosione della repubblica genovese, che in preda a frenesia espansionistica,
aggrediva le riviere di Levante, di Ponente, ed il retroterra; annetteva i territori
conquistati che in parte riconsegnava, in feudo, ai legittimi possessori costretti
ad ascriversi alla Compagnia, e ad eleggere domicilio in città. Analogamente
si comportavano Alessandria, Asti, Tortona, risarcendo talvolta la sottomissione
delle povere vittime, con qualche sovvenzione. Una pletora di concessioni, ebbe
luogo nel XVI secolo, quando le casse dello Stato lombardo, sempre esauste,
per sostenere i numerosi fronti di guerra, di Carlo V, richiedevano continue
trasfusioni mediante la creazione di nuovi nobili, le cui dovizie tradivano
non di rado origini abbarbicate ad attività agresti, ai commerci, all'usura,
all'alcova, al servilismo, alla connivenza, al banditismo, alla pirateria, per
citarne solo qualcuna. CASATI FEUDALI DEL TORTONESE
: DADDA, D'AVALOS, BACIOCCHI, DEL BOSCO, BUSSONE, CANE, CENTURIONE, DORIA,
ESTE, FIESCHI, FOGLIANI, GAVI E PARODI, LANGOSCO, MALSPINA, DE MARINI, MELI
LUPI, MONFERRATO,PALLAVICINI, SANSEVERINO, SAULI, SFONDRATI, SPINOLA, TRIVULZIO,
DAL VERME. A tanta messe, fanno degna corona le 140 monografie del settimo ed
ultimo libro, i cui titolari non godono minor prestigio per natali, meriti,
cariche, benemerenze, opere, onori, censo, di quelli illustrati nei sei volumi
precedenti.
AUDIO
LA PACE DI SAN GERMANO TRA IL PAPA FEDERICO II E LA LEGA LOMBARDA 23 LUGLIO 1230
Neanche con la Pace firmata a San Germano (del 23 luglio del 1230) tra il Pontefice e Federico II, e la partecipazione per la Prima volta delle Città della Lega Lombarda, si era riusciti a scongiurare la Guerra. Le Guerre Fratricide, che tanto Danno continueranno a causare, per la mancanza di Spirito di Unità, che solo nel 1860 si tenterà di mettere in opera con risultati poco convincenti e non duraturi. Insomma il nuovo sistema di governo non riuscì a mettere salde radici né arrecare quindi, nel momento decisivo, quel vantaggio, che il suo creatore e rappresentante, nel concepirlo, si era prefisso di ottenere. Con la Pace firmata a San Germano, pareva che un'era nuova dovesse aprirsi per l'Italia poiché i tre grandi contendenti - Papa, Imperatore e Comuni - avevano posato le armi ed erano venuti agli accordi; ma quella di San Germano non era stata una pace vera, con questa carta non aveva eliminato in un giorno le cause del dissidio. Queste permanevano ed erano profonde e soltanto le armi avrebbero potuto risolvere la situazione. I tre contendenti stavano sempre di fronte; ma in posizioni nettamente distinte come al tempo di Alessandro III, di Barbarossa, e dei Comuni. E tutti palesavano nell'agire delle profonde contraddizioni. Il Pontefice aspirava, non meno di prima, al predominio della Santa Sede. E se anche, costretto dalle necessità del momento, stipulava un trattato con l'eterno rivale, poi più tardi ne accettava gli aiuti (come a Viterbo). Si teneva in intimo contatto con la Lega Lombarda, i cui Comuni potevano se manovrati bene costituire potenziali alleati contro l'impero, e nello stesso tempo stroncava a Roma quelle stesse aspirazioni che tenevano vivi i comuni settentrionali. Federico II era più che mai deciso a ridurre all'obbedienza i comuni lombardi e come mezzo per attuare i suoi propositi non disponeva soltanto delle sue forze del regno di Sicilia, di Germania e delle città italiane del nord a lui fedeli, ma anche di quelle che le erano nemiche ma che avevano all'interno suoi partigiani i Ghibellini che sostenevano la causa imperiale e lottavano contro quelli a favore della causa papale. E i Comuni, fedeli o nemici, alla fine, erano fermamente tutti risoluti a non perdere i diritti sanciti nel trattato di Costanza; ma spesso la risolutezza, la volontà e la loro forza erano insidiate e indebolite dalle discordie interne dei due grandi partiti, il GUELFO e il GHIBELLINO, e dalle guerre municipali che in quel tempo mettevano Cremona contro Milano e Màntova, Bologna contro Modena, Parma contro Piacenza e Reggio, Padova contro Verona, Verona o Padova contro Vicenza, Venezia contro Ferrara, senza contare quelle che imperversavano tra Pistoia e Lucca e tra Firenze e Siena. Le città erano sempre divise apparentemente in due, ma spesso erano come quelle clessidre, travasata una parte, basta un tocco, si capovolgono e inizia lentamente un altro travaso. Così nelle città, bastava un nulla, e subito ricominciava il trasformismo; si svuotavano di sostenitori imperiali e all'improvviso si riempivano di partigiani papali, oppure arrogantemente volevano essere autonome, ma in quest'ultimo caso appena sorgevano contrasti interni, o una o l'altra fazione era pronta a chiamare il papa o l'imperatore per farsi aiutare a sconfiggere gli avversari; e questo fino al prossimo capovolgimento. Stando così le cose la Pace di San Germano non poteva considerarsi che come una tregua, e come tale certamente la consideravano il Papa, l'Imperatore e le Città, che aspettavano solo il momento propizio per romperla. "In mezzo a tanti interessi in contrasto e a tante lotte, coloro che pensavano ad una pace vera e duratura erano i due ordini di San DOMENICO e di San FRANCESCO, i primi più dei secondi, che si servirono di eloquenti e persuasivi predicatori per "disarmare, atterrire gli spiriti" (moderni) delle popolazioni. Notissimi fra questi predicatori furono, San PIETRO MARTIRE, San ANTONIO di PADOVA, fra ROLANDO di CREMONA, FRA LEONE che pacificò i cittadini di Piacenza, FRA GHERARDO che mise la concordia fra gli abitanti di Modena e fece sì che a Parma fossero richiamati i fuorusciti e si riformasse, lo statuto municipale. Ma colui che si acquistò notorietà maggiore fu il domenicano fra GIOVANNI DA SCHIO, conosciuto col nome di fra GIOVANNI DA VICENZA. "Iniziò - scrive il Sismondi - le sue prediche a Bologna l'anno 1233; e ben presto i cittadini, gli abitanti delle vicine campagne e soprattutto le persone addette ai piccoli impieghi e all'artigianato, attratti dalla sua eloquenza, gli si accalcarono attorno, portando croci e bandiere in mano e, disposti non solo ad ubbidire alla voce dell'apòstolo di pace, ma ancora ad eseguirne i suoi ordini. In mezzo a questa folla così profondamente commossa dai suoi sermoni si vedevano tutti coloro che a Bologna nutrivano antiche animosità, odi e rancori, andare a deporli ai suoi piedi e giurare pace verso i loro acerrimi nemici. Gli stessi magistrati gli presentavano gli statuti della città affinché li riformasse come meglio credeva togliendo tutto quanto poteva essere la causa di nuovi contrasti, liti, rivolte. "Frate Giovanni si recò in seguito a Padova, preceduto dalla sua fama. Andarono a incontrarlo fino a Monselice i magistrati con il carroccio; e fatto salire il predicatore su questo sacro carro, lo accompagnarono in trionfo nella loro città, che a quel tempo era la più potente della Marca Trivigiana. Tutto il popolo, si riversò nel grande Prato della Valle, ascoltò la predica della pace, applaudì agli inviti della riconciliazioni, che cancellarono all'istante le passate inimicizia, e poi chiesero a frate Giovanni di riformare i loro statuti; quello che poi lui fece in moltissime altre città; si recò infatti, a Treviso, a Feltre, a Belluno, ed ottenne gli stessi successi a Camino, Conegliano, Romano di San Bonifacio; ed i signori, come le città, lo scelsero arbitro delle loro contese; le repubbliche di Vicenza, Verona, Màntova e Brescia, dove si recò, gli diedero questo privilegio; in ogni luogo fu pregato di riformare gli statuti municipali, di mutarli a suo giudizio, aggiungendo o togliendo tutto quello che lui riteneva giusto: finalmente gli fu in ogni luogo chiesto d'intervenire alla solenne assemblea dei popoli lombardi, che lui convocò per il giorno 27 agosto 1233 nella campagna della Paquara, in riva all'Adige, tre miglia distante da Verona. "Mai era stata tentata un'impresa così nobile ed alta come era quella di pacificare 20 popolazioni nemiche con il solo suscitare i sentimenti religiosi, con i soli motivi del cristianesimo, con il solo uso della favella; un così grande spettacolo non si era mai visto agli occhi degli uomini. Le intere popolazioni di Verona, Màntova, Brescia, Padova e Vicenza si trovarono radunate nella campagna di Paquara, ed i cittadini di queste repubbliche avevano alla loro testa i propri magistrati con il Carroccio. Gli abitanti di Treviso, Venezia, Ferrara, Modena, Reggio, Parma e Bologna vi erano giunti con i loro stendardi; i vescovi di Verona, Brescia, Màntova, Bologna, Modena, Reggio, Treviso, Padova, il patriarca d'Aquileia, il marchese d'Este, i signori da Romano e quelli della Venezia vi erano pure loro intervenuti con i loro vassalli. "Frate Giovanni si era fatto preparare in mezzo alla piazza un pulpito altissimo dal quale, se crediamo agli storici contemporanei, la rimbombante sua voce, che sembrava venire dal cielo, fu si disse miracolosamente udita da tutti i presenti. Prese per testo le parole della scrittura, "io vi dono la mia pace, io vi lascio la mia pace"; e dopo avere con eloquenza fino allora mai udita, fatto uno spaventoso quadro dei mali della guerra, dopo avere dimostrato che lo spirito del Cristianesimo era uno spirito di pace, facendo valere l'autorità della Santa Sede di cui era investito, in nome di Dio e della Chiesa ordinò ai Lombardi di deporre le loro animosità; dettò un trattato di pacificazione universale, per assicurare la cui esecuzione fece sposare al marchese d'Este una figlia d'Alberico da Romano; invocò l'eterna maledizione per i sovvertitori di questa pace; invocò le distruttive pestilenze sulle loro greggi e dannò i loro mercati, i loro raccolti, i loro vigneti ad una perpetua sterilità. "Fin qui i comportamenti di frate Giovanni andavano esenti da ogni sospetto, né si poteva ancora accusarlo di cupide od ambiziose mire; pareva che il suo zelo non mirasse ad altro che alla gloria di Dio e all'amore degli uomini; ma l'assemblea pose fine alla gloriosa sua carriera. L'entusiasmo da lui eccitato, la pace universale che aveva concluso, gli fecero concepire troppo alta opinione di se stesso; si credeva nato non solo per pacificare, ma anche per governare gli uomini. Tornato in Vicenza subito dopo l'assemblea, entrò nel Consiglio del comune, e chiese che gli fosse affidato un illimitato potere nella repubblica, con i titoli di duca e di conte. Intanto si spargeva la voce in giro (chissà da chi lo possiamo solo immaginare) che questo sant'uomo aveva con le sue preghiere fatto tornare in vita i morti, che aveva guarito moltissimi infermi; ed il popolo analfabeta e credulone, lontano dal nutrire sospetti intorno alle intenzioni del santo, gli affidò tutta la sua autorità sperando di vedere diviso tra tutti i cittadini le cariche e gli onori, la giustizia e la perfetta eguaglianza. Fra Giovanni prese a riformare gli statuti della città, ma la sua opera non è che soddisfaceva molto. Poi da Vicenza si recò pure a Verona, e anche qui chiese ed ottenne la suprema signoria, in forza della quale fece tornare in città il conte di San Bonifacio, allora esiliato; chiese ostaggi alle fazioni nemiche; mise guarnigioni nei castelli di San Bonifacio, d'Illasio e di Astiglia; accusò che erano eretici sessanta cittadini delle principali famiglie di Verona e li condannò lui stesso facendoli bruciare sulla pubblica piazza; poi pubblicò molte leggi e statuti. "Intanto i Vicentini non tardarono ad accorgersi che il nuovo signore, invece di, accrescere i privilegi del popolo, si stava creando, e accrescendo una propria signoria; a questi dubbi si aggiunsero i timori dei Padovani, che consigliavano di scuotersi da dosso un così vergognoso giogo. Mentre fra Giovanni si trovava a Verona, il podestà di Vicenza, UGUZIO PILIO, introdusse in città i nemici dei signori da Romano e le milizie padovane per fortificarsi contro il nuovo sovrano. Un altro monaco, frate GIORDANO, priore di San Benedetto a Padova, che anche lui con lo stesso sistema aveva nel governo di questa città ottenuto dei poteri, geloso forse della gloria o della potenza del suo confratello, incoraggiava malumori a Vicenza. Frate Giovanni messo sull'avviso, accorse con alcuni soldati per reprimere i sediziosi, si era impadronito del palazzo del podestà e già era in preda al saccheggio, quando giunsero a Vicenza le milizie padovane, scacciarono i soldati di frate Giovanni, e lui fatto prigioniero. Per intercessione del Papa fu ben presto rimesso in libertà, ma la sua prigionia aveva ormai distrutto il suo predominio sia a Verona come in Vicenza, fu costretto a restituire gli ostaggi che aveva ricevuto e le fortezze dove aveva creato dei presidi. Si ritirò a Bologna, dopo aver perso ogni gloria, ma purtroppo dopo avere innescato nelle città della Lega tante guerre; più di quante la laceravano prima che desse inizio alle sue predicazioni". Ma a Roma è quello che volevano! La pace di San Germano - come si è detto - non era stata che una tregua: l'anno prima i deputati di dodici città, riunitisi il 2 dicembre a Milano, avevano dichiarato nemiche Modena, Parma e Cremona che parteggiavano per l'impero; e l'anno dopo la pace, la Lega Lombarda, convocato un parlamento a Bologna, stabiliva di armare un esercito di diecimila fanti, tremila cavalli e millecinquecento balestrieri, di vietare ai comuni che si nominassero podestà ghibellini, di chiudere ai Tedeschi i valichi delle Alpi e di respingere ad ogni costo qualsiasi attacco degli imperiali. Questo dimostrava chiaramente come i Lombardi non credevano alle promesse della pace del 23 luglio 1230, dubitavano non a torto, delle intenzioni pacifiche dell'imperatore. Se non ci fossero stati altri motivi, le decisioni prese nel convegno di Bologna sarebbero state sufficienti a provocare lo scoppio delle ostilità tra la Lega e Federico, perché l'imperatore fin d'allora avrebbe mosso guerra ai comuni.
AUDIO
ALDO BERRUTI - TORTONA INSIGNE, UN MILLENNIO DI STORIA DELLE FAMIGLIE TORTONESI - E CASATI GENTILIZI CASTELNUOVO SCRIVIA - 1978
Le sorti di Casteinuovo erano rette, e lo furono per tre secoli dal 1000 al 1300, da un consortile predominato dai Bandello e dai Della Torre, coadiuvati dai casati gentilizi illustrati in altrettante monografie, e di cui elenchiamo i nominativi: ACERBI, ANTICO, ASCHERI, BAGNARA, BALBI, BANDELLO, BASSI, BUTTERI, CALCIATI, CAMPEGGI, CANEVARI, CATTANEO, COLOMBASSI, FRAMBAGLIA, GRASSI, GUERRA, LAZARA, MONZA, PREVIDI, QUATTROCCHIO, RICCI, SCARABELLI, SELVATICO, STRADA, TORRE (DELLA), TORTI.
Cenni storici Castelnuovo Scrivia - Patriota Quattrocchio 1848-1866
Alla causa dell'independenza d'Italia negli anni 1848-1849-1859-1860-1866 diede Castelnuovo un ragguardevole contingente di soldati, dieci dei quali morirono, chi sui campi di battaglia, chi negli ospedali in seguito a ferite riportate combattendo. Di essi sono: Accerbi, Anversa, Buffa, Cairo, Castellotti, Grassi, Martinelli, Quattrocchio, Ricci e Bersani.
Collegiata dei SS Pietro e Paolo in Castelnuovo Scrivia - Chiesa di S.Rocco
I parroci di allora annotavano solo a queste sette famiglie "sposati sull'altar maggiore"dai cognomi CURONE- SCARABELLI DELLA MIRANDOLA- GATTI- QUATTROCCHIO- MAGGI- GRASSI- STELLA ( solo adesso scrivendoli ho trovato un forse filo conduttore : sono i cognomi delle mie ave per ramo paterno) la chiesa in questione (Insigne Collegiata dei SS Pietro e Paolo in Castelnuovo Scrivia) vanta al suo interno ben 8 altari laterali (di cui uno della confraternita de li nobili), delle varie corporazioni e una cappella gentilizia della Famiglia CENTURIONE SCOTTO. Esiste tuttora la Reale Arciconfraternita dei Nobili con una sua chiesa ( quella di S.Rocco) dove i miei antenati ed il sottoscritto sono stati aggregati in qualita' di confratelli, camerlenghi, priori nel corso dei secoli . All'interno della quale venivano, vengono celebrati solo i funerali dei confratelli e le cerimonie religiose interne (ancora oggi ai confratelli viene concesso l'onore del feretro appoggiato al terreno). Insistono nel paese altre 5 chiese ognuna con prerogative sue proprie, pero' i maggiorenti del paese solitamente si sposavavno nella "Chiesa Grande". Fabio Gaspare Curone
Marchesi di Pomaro 1734 - Conti di Olivola;
Consignori di Lazzarone, Ottiglio.
Blasonatura: Interzato in fascia:al 1°dell'Impero;d'Azzurro
al Castello d'Argento, addestrato da una Rosa dello stesso, bottonato d'oro
sinistrato da una mezza Luna,d'argento;al 3°Bandato d'Argento e di Rosso.
Tratto da "Biografia degli uomini illustri
tortonesi" di Giacomo Carnevale -1838: Curone Eustorgio, uomo molto facoltoso
del Borgo di Ponte Curone, con suo testamento anno 1210, istituiva in erede
delle di lui case e possessioni li RR.PP. di San Pietro dell'Ordine di San Basilio
con l'obbligo di erigere in quel borgo un ospizio per ricovero degli infermi
e dei viandanti.
Curone Guido, De Merlasino Gandulfus, Bernardus Abellus, Ianonus Malaparabola
e Obertus de Opyzo furono destinati Consoli per l'anno 1191. Fecero restaurare
il Palazzo del Comune e si occuparono del riadattamento delle pubbliche strade,
in special modo della Via Emilia e della Via Postumia.
Curone Valentino - Castelnuovo Scrivia - fioriva nel 1356 ed esercitò
per molti anni la medicina, con ottimo successo, in Tortona.
Blasonatura: d'oro, alla banda d'azzurro, ondata,
carica di tre gatti d'argento macchiati di nero.
Tratto da "Biografia degli uomini illustri
tortonesi" di Giacomo Carnevale -1838: Gatti
Antonio, nato da famiglia assai distinta del luogo di Garbagna della provincia
tortonese. Fu professore nell'Università di Pavia De Actionibus: autore
dell'Historia Gymnasii ticinensis mediolani 1704. Morì in Pavia nel 1721
ed è citato nelle memorie storiche della città di Pavia del Capsoni
- vol. 2 - pag. 19.
Blasonatura: d'azzurro a tre stelle d'argento
(Patriziato Subalpino To)
Tratto da "Biografia degli uomini illustri
tortonesi" di Giacomo Carnevale -1838: Maggi Giovanni Battista, arciprete
di Ponte Curone, che fioriva sul finire del secolo XVIII, lasciò un trattato
dei feudi scritto con molta diligenza e pieno di osservazioni importanti e di
soda dottrina avvalorata da vasta erudizione (V.Marliano).
Blasonatura: d'argento a tre stelle d'oro. (Patriziato
Subalpino)
La famiglia Stella è una delle più
antiche di Sicilia e del Regno di Napoli. Nelle note delle "Centurie"
di Fr. Estevan de Barallas e Giayme Marquilles annoverano tra i cavalieri armati
dell'Imperatore Carlo Magno, in Barcellona, quando guerreggiava contro i mori
di Spagna, Guglielmo Stella, uno dei primi Baroni di quella provincia e lo scrive
parimenti Giovanne Vespertillo nella sua "Cronica di Catalogna" al
foglio 328. In seguito passò con la Regina Costanza, figlia del Re d'Aragona,
casata con Re Federico I che poi fu Imperatore detto Federico II in Sicilia
dove procreò Guerao, Guglielmo, Abertino, Incerano, Pietro e Girolamo.
Conti di Vonzo; signori di Castelnuovo Bormida;
Consignori di Castelnuovo Scrivia, Lazzarone.
Tratto da "Biografia degli uomini illustri
tortonesi" di Giacomo Carnevale -1838: Giovanni Grassi, professore di diritto
civile all'Università di Pavia, veniva nel 1427 eletto Consigliere ducale:
onorato dal suo Principe, venerato da tutti, morì nel 1440. Luca Grassi
- figlio di Giovanni - era lettore di diritto civile nella insubrica Università
dal 1460 al 1466.
Pietro Grassi professore di giurisprudenza nell'Università ticinese per
30 anni.
Pietro Giovanni Grassi dell'Ordine dei Domenicani lesse nei sacri canoni dal
1494 al 1499.
Blasonatura: secondo Berruti, in Tortona Insigne, i Grassi consignori di Castelnuovo
Scrivia, portavano:Scaccato di nero e d'argento, con il capo d'oro, carico di
un'aquila coronata, di nero "...anche nel
Basso Piemonte insistono diverse famiglie Grassi, un ramo di questi estinto
nella famiglia di mia nonna paterna "Scarabelli" ha lasciato diversa
documentazione storica dal 1400 fino ai primi dell 1800 epoca in cui si estinse.
(Fabio Gaspare Curone)
Tratto da "Biografia degli uomini illustri
tortonesi" di Giacomo Carnevale -1838: Luigi
Sacarabelli, nato a Castelnuovo Scrivia il 5 ottobre 1775. Tenuto dai religiosi
suoi fratelli in conto d'uomo di raro ingegno, di maturo consiglio e di santa
vita. Fu nominato alle prime cariche di quell'Ordine. Da S.M. Vittorio Emanuele
- 1802 - fu incaricato di riordinare i conventi del suo istituto aboliti dal
precedente governo (legge 4 ottobre 1802), quindi lo elesse Vescovo di Sarzana
e Brugnato e fu consacrato in Genova il 17 dicembre 1820. Rinunciò quel
vescovdo il 26 aprile 1836 e si ritirò presso i suoi confratelli in Sarzana.
Il Rev. P. Pio Vincenzo Scarabelli - figlio di Cristoforo - fu per quaranta
e più anni professore di teologia nel Collegio di Tortona, Prefetto di
quelle regie scuole, pendente il ministero del Conte Graneri, venne proposto
a professore di dogmatica nel regio Ateneo di Torino. Morì il 6 marzo
1826 all'età di 86 anni e fu tumulato nella chiesa di S. Maria de' Canali
in Tortona. Non era solo profondo teologo, ma anche dotto filologo, assai perito
nella musica, nella pittura e nella poesia. Paolo Francesco Scarabelli - da
Castelnuovo Scrivia - dottore di medicina era già lettore della sua Facoltà
in Pavia quando il 16 giugno del 1666 gli venne accresciuto quasi del doppio
lo stipendio. Nel 1669 il Comune di Castelnuovo gli accordava l'esenzione da
carichi reali e personali per i di lui meriti in data 25 novembre.
Definizione Antica famiglia Piemontese - Arma
in uso alla famiglia attuale :nel 1° d'azzurro alla stella (6) d'oro, nel
2° scaccato di nero e d'argento col capo d'oro carico di un'aquila coronata
di nero (Marozzi, Raccolta Franchi Verney : da sigilli e pastorali di Mons.
Luigi Scarabelli, vescovo di Sarzana). Altre fonti: Giornale Araldico Genealogico
1898-900, 214; Julia Dertona, marzo 1907; Cartari di Rivalta (I257 e II116)risalenti
al 7 agosto 1194; Cartario Alessandrino II, 320 e Rigestum Comunis Albe II,41;
Tortona Insigne del Prof. Aldo Berruti, pubblicato nel 1978 dalla Cassa di Risparmio
di Tortona (Volume Rarissimo )
Blasonatura: d'azzurro, alla banda d'argento,
orlata e cucita d'oro. (Patriziato Subalpino)
Secondo le mie ricerche Bersani deriva da Berzano.
Dalla "Biografia degli uomini illustri tortonesi" di Giacomo Carnevale
-1838 trovo Berzano tra i benefattori insigni delle opere pie: Berzano Ramondo,
dicendente da famiglia la quale venne di Grecia in Modona, ed indi in Tortona,
ove prese stanza e fermò la famiglia sua (vedi Scaglioso, pag. 27). Berzano
Ramondo fu quegli che con testamento 9 giugno 1188 - indizione VI rogato Fulchino
notaio imperiale - ordinò che con le sue sostanze si erigesse uno spedale
vicino al Monastero di San Simone, ove i poveri venissero ricevuti e nutriti,
non meno che i pellegrini.
DOCUMENTO PER GENTILE CONCESSIONE DEL SIGNOR HERMES QUATTROCCHIO
PARROCCHIA DI SS. PIETRO E PAOLO DIOCESI DI TORTONA (AL) CASTELNUOVO SCRIVIA
Quattrocchio Pietro Angelo
Gabriele nato 25 marzo 1835 da Carlo Maria
fu Pietro e da Francesca Cermelli fu Stefano padrino: Pietro Stringa
Bersani Maria Aloisia Maddalena nata 10.02.1830
da Carlo e Giuseppa Ortelli padrino: Carlo de Angelis
Bersani Maria Magdalena nata 21 aprile 1831 da Carlo e Giuseppa Ortelli padrino:
Lorenzo Torti
Quattrocchio Ernesto
Luigi Pietro Carlo nato 8 gennaio 1859 da
Gabriele e Bersani Maddalena padrino: Bersani Paolo e Stringa Margherita
DIZIONARIO TOPOGRAFICO DEI
COMUNI COMPRESI ENTRO I CONFINI NATURALI D'ITALIA
di Attilio Zuccagni-Orlandini - 1861
Castellinovi Scrivia: (Piemonte). Prov. di Alessandria ; circond. di Tortona; mand. di Castelnuovo Scrivia. In amena pianura presso le sponde dello Scrivia giace questo Castelnuovo col distintivo preso dal fiume. Fino dal quinto secolo questo castello era stato fortificato con ordine di Teodorico: più tardi lo munirono di nuove difese i Tortonesi perché servisse loro di antemurale contro gli abitanti di Pavia. Popolazione. 6920.
Provincia di Torino. Il Comune di Poirino è confinante
con i seguenti Comuni: Villanova d'Asti, Isolabella, Cellarengo d'Asti, Pralormo,
Ceresole d'Alba, Carmagnola, Villastellone, Santena, Chieri e Riva presso Chieri.
Antichi statuti di Poirino. Quali fossero i primi compilatori
statuti di Poirino non è ben noto; ma siccome i primieri codici municipali
altro non furono se non se la prudente raccolta delle consuetudtni, secondo
le quali si governava il popolo, così ci sembra probabile, che i poirinesi
non cercassero fuori della loro patria gli uomini capaci di raccogliere le medesime.
Si vuole osservare che nelle copie più antiche degli statuti che conservansi
in Poirino si dice che le prime edizioni ne furono fatte a lode e ad onore del
marchese di Monferrato; dal che si può dedurre che questo municipio ebbe
i proprii statuti sin dal secolo XIV.
Dizionario geografico, storico,
statistico, commerciale degli stati di S.M. - di Vittorio Angius - 1847
Antichi distinti casati di Poirino
gli Aymeri, gli Alfaci, i Deabate, gli Ansaldi, gli Appendini, gli Arpini, i Boschi, i Boetti, i Boglioni, i Brosso, i Burzi, i Cerrutti, i Colli, i Cornalia, gli Elia, i Faberii, i Flachetti, i Ferreri, i Garigliani , i Gorretta, i Loyra, i Lomelli, i Lupi, i Majna , i Marucchi, i Meinaldi, i Montafia, i Quattrocchi, i Ripa, i Santi, gli Sclaverani, i Serafini, gli Stuerda, i Tacchi, i Vernoni, i Vaglienghi, ed i Zappatta. Queste famiglie trasferirono il loro domicilio in altre torre, e in varie città del Piemonte...
DIZIONARIO TOPOGRAFICO DEI
COMUNI COMPRESI ENTRO I CONFINI NATURALI D'ITALIA
di Attilio Zuccagni-Orlandini - 1861
Poirino
(Piem ) Prov. di Torino; circond. di Torino ; mand. di Poirino.
Della sua antichità non vedonsi che gli avanzi di castelli ed un' alta
torre quadrata. Vuolsi fondato dai romani ; fu preso dai francesi nel 1537 e
nel 1639. Incontrasi questo capoluogo sulla strada reale ed è bagnato
dal torrente Banna. Popol. 6391.
BOBBIO
ARCHIVIO DI SAN COLOMBANO - BOBBIO LISTA NOBILI FAMIGLIE 1553 - 1611
Ed in conferma delle eloquenti parole del sig.
marchese Senatore circa quelle nobili emigrazioni in Bobbio, daremo qui l'elenco
alfabetico delle antiche famiglie estinte o vigenti, che trovansi descritte
in una pergamena dell'anno 1611, la quale si rinvenne nell'Archivio di San Colombano
qual prova evidente dell'italianità dei casati che fino a quei tempi
formavano la popolazione bobbiese
1 Albedi - 2 Alpegiani - 3 Alveraldi - 4 Amici
- 5 Aurigi (De) - 6 Buccarini - 7 Baccigalupi - 8 Budelli 9 Ballerini- 10 Barba
vari - 11 Barbarini- 12 Bellocchi -13 Berni -14 Berni da Villori -15 Bertolasii
-16 Bensì -17 Berni -18 Bertoni -19 Borgo Deli -20 Boccatii -21 Boioli
-22 Boriotti -23 Borelli -24 Bozzelli 25 Brugnatelli -26 Brugnoni -27 Brugnelli
-28 Burcellarif -29 Caccia -30 Callegarii -31 Calamarii 32 Cambiagli -33 Cariiseli
-34 Caldini -35 Castelpelu -36 Castelli -37 Cavatina -38 Caviglioni -39 Cella
-40 Cerri -41 Campiani -42 Cicardi -43 Cicutis -44 Cigali -45 Cirgnali -46 Civardii
-47 Chiesa -48 Chiodi -49 Colleri -50 Colombii -51 Corti de RiillHtis -52 Correni
-53 Cozzii -54 Crovetti -55 Delborghi -56 Dellomo
57 Donati -58 Draghi -59 Farinii -60 Flegarii -61 Folidonii 62 Follinii 63 Fraschetti
-64 Frassinelli -65 Galli -66 Gallacii -67 Garbarmi -68 Gentili -69 Ghigliani
-70 Giorgii -71 Giuliani -72 Grassi -73 Gravani -74 Guglielmetti -75 Lavagnini
-76 Liseli -77 Lopez -78 Losina -79 Losii -80 Lusardi -81 Luschis 82 Machiavelli
- 83 Maggi -84 Malaspina -85 Malchiodi -86 Manni -87 Megliorini -88 Maschii
-89 Massa -90 Monfasano -91 Montebruno -92 Monti -93 Monticelii -94 Morelli
-95 Mozzi 96 Nicelli -97 Nigrino -98 Oddoni -99 Opizzo -100 Oltramonti -101
Palmarini -102 Patentini -103 Pasquali -104 Perotti -105 Petranigra -106 Peveri
-107 Pianelli -108 Piazzoli -109 Piccoli -110 Pergni -111 Quattrocchii
-112 Respiggi -113 Bozzoni -114 Scaccalardo 115 Scaglioni -116 Scrocchii -117
Sbarbori -118 Spaggi -119 Spiritelli -120 Spissia -121 Silva -122 Tagliaferri
-123 Taffirelli -124 Tidone -125 Torri -126 Ulmelini -127 Ulmionus -128 Vagoli
-129 Valdelerba -130 Verme (Del) -131 Vintrii -132 Zarubianchi -133 Zandalasini
-134 Zanacchii.
Tutte queste famiglie erano già stabilite
in Bobbio fino dal 1533, e molte di esse erano già doppie, cioè
divise per rami, cosicchè 60 delle medesime pagavano il canone enfiteutico
al monastero di S. Colombano, ed altre si erano già in parte liberate
di tale servitù.
Bobbio illustrato - di Benedetto Rossetti - 1795
Tutti i nomi segnati colla croce sono di famiglie estinte. In data 1795 viene riportata la Famiglia Quattrocchi.
BOBBIO
- è un centro noto per il suo passato culturale e i suoi monumenti, oggi
è nei fatti, oltre ad ambita meta turistica, il centro di riferimento
per tutto il bacino della valle e zone limitrofe, la sua posizione in riva sinistra
del fiume Trebbia ne caratterizza l'impianto urbanistico, essendo il fiume arteria
di collegamento per le genti sin dall'antichità e luogo di confine tra
culture diverse ma con storie correlate, segnatamente: Piacentini, Liguri, Piemontesi
e Pavesi. La città e i suoi dintorni sono
da sempre oggetto di studio e ricerca sotto aspetti molteplici: geologici, culturali,
ambientali; in relazione,anche, con l'assetto del territorio appenninico, di
interesse culturale e filologico la storia passata, motivi tutti che concorrono
a rendere la città un vero e proprio angolo di interesse internazionale.
Fondata intorno al IV secolo dai romani, si sviluppò
grazie a San Colombano, agli abati e ai monaci colombaniani a partire dal VII
secolo. Il monaco irlandese S. Colombano presentavasi in Milano al Re Longobardo
Agilulfo verso il 595, ed otteneva la facoltà di fondare un cenobio nella
vallicella irrigata dal Bobbio. Dai primi che ivi si consacrarono a vita eremitica,
furono attirati i circonvicini montanari a dissodare gli incolti terreni. Frattanto
il Monastero arricchivasi, e presto nacque la smania di promiscuare la loro
giurisdizione ecclesiastica col dominio temporale. Lunghi contrasti sostennero
quei monaci per tal ragione ; sembra poi che verso
il 1076 conservassero tuttora il titolo di Domnus.
Fu per tutto il Medioevo un importante centro monastico,
facendone una Montecassino dell'Italia settentrionale e d'Europa.
Historiae patriae monumenta - 1895
... Arcus Quatuor oculi, Petrus Pizinus de ...
Doc. vogheresi dell'archivio di Milano
A Voghera i Quattrocchio sono presenti almeno due anni prima ove Giovanni è teste in istrumento del 13 febbraio 1153 con cui i fratelli Richizano vendono beni ivi al monastero di S. Maria Teodota di Pavia (Doc. vogheresi dell'archivio di Milano, 99);
Arco Quattrocchi è teste in atto del 28 maggio 1183 con cui i Ponticelli, padre e figlio, cedono al monastero del Salvalore beni nell'omonimo luogo di Monticelli (Doc. di Pavia relat. a Voghera, 72);
Giovannone è teste in atto dell'8 gennaio 1231 con cui l'abate di S. Marziano di Tortona revoca l'elezione di Rollario Cetta a console di Cagnano ed elegge Pietro Rossi (Doc. tortonesi relat. a Voghera, I, 115)
L'INDUSTRIA COTONIERA IN PIEMONTE NEL SECOLO XIX- Pagina 9 di Valerio Castronovo
Fratelli G. e M. Bordis 1788 Voghera G. Quattrocchio 1790 Breme CG Arrigo 1790 Oleggio D. Gola 1791 Cassine C. Pera '79' ...
BIBLIOTECA DELLA SOCIETÀ STORICA SUBALPINA Diretta da FERDINANDO GABOTTO XXXIX VOLUME PUBBLICATO SOTTO IL PATRONATO DELLA CITTA DI VOGHERA V. LEGÈ E F. GABOTTO DOCUMENTI DEGLI ARCHIVI TORTONESI RELATIVI ALLA STORIA DI VOGHERA AGGIUNTEVI LE Carte dell'Archivio della Cattedrale di Voghera Indici compilati da G. M. SARTORE PINEROLO TIPOGRAFIA GIÀ CHIANTORE-MASCARELLI 1908 Corpus Chart. Italiae, XXV.
PREFAZIONE Il presente volume doveva essere in origine il
XXXI della Biblioteca della Società storica subalpina, di cui i volumi
XXIX e XXX contengono Le carte dell'Archivio Capitolare di Tortona fino al 1313,
e fu preparato e cominciato a stampare contemporaneamente ai medesimi, quando,
in occasione dell'VIII Congresso storico subalpino che si doveva tenere e si
tenne poi effettivamente in Tortona nel settembre del 1905 , si era pensato
ad una seduta in Voghera, nella quale sarebbe stato offerto il volume stesso
ai congressisti. In realtà, questa seduta non ebbe luogo, essendosi stabilito
di consacrare invece a Voghera il Congresso, con una grande publicazione documentaria,
di cui questo volume viene quindi a far parte, senza perdere perciò il
carattere derivantegli dalla sua origine e le attinenze strettissime coi volumi
XXIX e XXX della Biblioteca. La storia di Voghera, posta fra Tortona e Pavia,
come fra Pavia e Piacenza, e Pavia e Genova, è naturalmente connessa
con quella di tutte le città circostanti ; ma rispetto alle due prime
i rapporti appaiono molto più vivi e di maggiore importanza. Infatti
Voghera, mentre dipendeva ecclesiasticamente da Tortona, di cui il vescovo accampava
diritti comitali su di essa, forse appunto per questa circostanza medesima volgeva
ogni sua simpatia verso la nemica naturale di Tortona, ch'era precisamente Pavia.
Non è questo il luogo di accennare, anche solo di sfuggita, l'intreccio
di diritti, di pretese e di tatti, per cui da lotte ecclesiastiche fra il vescovo
di Tortona e monasteri pavesi aventi possessi in Voghera e nel suo territorio
venne sorgendo e svolgendosi l'ostilità fra Voghera stessa, appoggiata
da Pavia, ed il vescovo e poi anche il Comune di Tortona. Ma di qui certo, col
rilievo speciale di quanto riguarda le relazioni di Voghera con Tortona, la
connessione dei fondi documentari, per cui carte degli archivi vogheresi gettano
grande luce sulla storia di Tortona, e negli archivi tortonesi, reciprocamente,
abbondano gli atti che interessano Voghera. I documenti compresi nel presente
volume sono tali da potersi mal separare da quelli publicati nei volumi XXIX
e XXX, mentre, d'altra parte, senza di essi la storia vogherese rimarrebbe monca,
incompleta e talvolta poco chiara, se non a di- rittura incomprensibile. Sono
tra essi, in primo luogo, tutte le carte dell'Archivio Capitolare di Tortona
fino al 1313, appositamente omesse nei volumi XXIX e XXX perchè relative
a Voghera od a luoghi del Vogherese, per quanto concernenti anche la Chiesa
di Tortona. Frammisti cronologicamente sono altri documenti dei due Archivi
Vescovili, cioè della Mensa e della Curia, ai quali vanno uniti, sempre
secondo l'ordine cro- nologico, gli atti del monastero di Sant'Eufemia di Tortona
non tutti, s'intende, ma quanti direttamente o indirettamente toccano la storia
vogherese , conservati in special modo (oltre i pochi ora nell'Archivio Capitolare)
nell'Archivio Notarile di Tortona, dove però, mancando d'indici e di
qualsiasi ordinamento sorgendo e svolgendosi l'ostilità fra Voghera stessa,
(appoggiata da Pavia), ed il vescovo e poi anche il Comune di Tortona. Ma di
qui certo, col rilievo speciale di quanto riguarda le relazioni di Voghera con
Tortona, la connessione dei fondi documentari, per cui carte degli archivi vogheresi
gettano grande luce sulla storia di Tortona, e negli archivi tortonesi, reciprocamente,
abbondano gli atti che interessano Voghera. I documenti compresi nel presente
volume sono tali da potersi mal separare da quelli publicati nei volumi XXIX
e XXX, mentre, d'altra parte, senza di essi la storia vogherese rimarrebbe monca,
incompleta e talvolta poco chiara, se non addirittura incomprensibile. Dove
però, mancando d'indici e di qualsiasi ordinamento, non si potrebbe escludere
che qualche documento sia sfuggito alle ricerche - pur diligenti, al possibile
- degli editori del presente volume. Uno di questi, poi, il canonico Vincenzo
Legè, ha aggiunto altro materiale di sua proprietà privata,
sia proveniente dall'eredità Manfredi, sia a lui venuto per doni ed acquisti
personali, e l'altro, cioè lo scrivente, ha collazionato sugli originali
o su copie migliori dell'Archivio di Stato di Torino dell'Archivio dell'Economato
dei benefizi vacanti, nella stessa città, quelle carte di cui in archivi
tortonesi erano solo copie, talvolta cattive o molto recenti. Finalmente, nel
riordinamento dell'Archivio Comunale di Tortona, essendo venuto fuori tutto
un gruppo di documenti relativi a Bagnolo ed alla Bagnolasca, complemento indispensabile
di quelli esistenti nell'Archivio Comunale di Voghera , che vengono ad un tempo
publicati dal cav. Armando Tallone, con tutti gli atti del fondo civico vogherese
fino al 1300, in un volume della Biblioteca ,, parve opportuno inserirli in
Appendice senz'attendere la publicazione di un volume di Documenti sulla storia
del Comune di Tortona, che in quel momento pareva ancora assai lontano, sebbene
oggi sia lieto di annunziarlo omai in preparazione per il Congresso di Voghera
(o, al più tardi, per il successivo), grazie al munifico contributo della
nobile signora Faustina Leardi vedova Bellingeri,
d'illustre e patriottica famiglia tortonese . Appendice, in un raccogli atti
dell'Archivio Civico di Tortona riguardanti Bagnolo
e la Bagnolasca, furono raccolti documenti trovati
qua e là in vari fóndi (fra cui l'Archivio del conte Emanuele
Morozzo della Rocca, testi originali o copie migliori di documenti tortonesi
relativi a Voghera e territorio), dopo la stampa dei fogli precedenti: ed in
più, altri particolarmente notevoli dal 1314 al 1380. In tutto, sono
190 documenti,, la maggior parte inediti, che sono raccolti nella prima parte
di questo volume: la seconda, di cui si rende breve conto innanzi ad essa, ne
contiene altri 25, che costituiscono l'Archivio della Cattedrale di Voghera
fino al 1304, cogli Statuti capitolari della pieve di San Lorenzo di Voghera
del; 1358 ; in tutto,. 221. Rimane cosi integrata la publicazione dei volumi
XXIX e XXX, e viene fornito alla storia vogherese un contributo prezioso, e
oserei dire indispensabile, di. bolle pontificie, diplomi regi ed imperiali,
atti di legati dell'Impero, deliberazioni dei Comuni di Pavia, Voghera, Tortona
ed altri minori; carte di podestà e di consoli, di abati e di badesse,
di vescovi e di signori ; documenti di varia importanza politica,, giuridica,
economica, sociale. La publicazime è fatta col metodo consueto. Queste
brevi note non potrebbero esser chiuse senza un caloroso ringraziamento degli
editori e della Società Storica Subalpina, sia a tutti coloro che ne
agevolarono in qualche modo l'opera scientifica colla comunicazione di originali
o copie antiche, o facilitazioni nella consultazione archivistica (tra i primi,
specialmente il conte Emanuele Morozzo della Rocca),
(1) Questo volume, che sarà il XXXI della Biblioteca, conterrà,
oltre una nuova edizione più corretta del Chartarium dertonense, senza
le manipolazioni del Costa (d'altronde al suo tempo scusabili), moltissimi documenti
degli archivi di Torino, Tortona, Genova, Milano, etc. Antonio Cavagna Sangiuliani,
il cav. Carlo Giulietti ; tra gli altri, Mons. Bandi vescovo di Tortona, il
Rev. Capitolo di detta città, il parroco di San Lorenzo Voghera, il personale
dell' Archivio Notarile di Tortona e dell'Archivio di Stato di Torino, il signor
Ghigo dell'Economato dei Benefìzi vacanti), sia in modo precipuo al Municipio
ed alla Cassa di Risparmio di Voghera, che stabilirono di sopperire alle spese
di stampa del presente volume prima ancora che fosse decisa la riunione di un
Congresso storico subalpino in Voghera stessa, e la formazione di un completo
corpo documentario vogherese, che resterà certo monumento perenne dell'intelligente
amore di quella città e dei suoi amministratori per la propria storia
gloriosa. A tutti il plauso e la riconoscenza degli amatori dei patrii studi.
Torino, febbraio 1908.
Ferdinando Gabotto.
Tortona, cassa l'elezione dì Rollarlo Getta
in console dì Cagnano ed elegge Pietro
Rossi (8 gennaio 1231).
(S. T.) (1) Anno Domini Nativitatis. MCCXXXI. octavo die intrante Januario Indictione III. in Cagnano dominus Rodulfus Abbatis Monasterij Sancti Martiani Terdonensis. cassavit electionem factam ab eo de Rollano Cepte quem in Consulem dicti loci elegerat et ipsum de Sacramento Consulatus ex iusta causa absoluit et Petrum Rubeum in Consulem dicti loci Cagnani elegit. Et ibidem dictus Petrus Rubeus ìuravit facere consolariam dicti loci bona Me et sine fraudo in voluntate dicti domini Abbatis ad honorem et utilitatem suprascripti . Monasterij Sancti Martiani Interfuerunt Testes Gennarius Grasus, et Joannonus Quatuoroculi et Rufinus de Monte. Ego Albertus de Roxano notarius sacri Palatij iussu suprascripti Domini Abbatis liane cartam scripsi.
VOGHERA - I primi insediamenti sul territorio ora occupato da Voghera risalgono al Neolitico e sono dovuti, probabilmente, al clima mite e alla presenza di corsi d'acqua. L'antica Voghera viene riconosciuta nella romana Iria, erede di un precedente villaggio abitato da popolazioni iberiche, celtiche e da Liguri Iriati (da cui ebbe origine il toponimo). Nel corso degli anni è probabile che l'insediamento venne ripetutamente devastato dal passaggio di vari eserciti, tra i quali quelli di Massimo Magno Clemente (387 d.C.), di Attila (452), dei Borgognoni e dei Rugi (fine IV secolo), e più volte ricostruito. Alla fine del VI secolo Iria ritorna ad essere un villaggio, un vicus per l'appunto, ed è in questo periodo che il nome si modifica, dando origine a quello attuale: Vicus Iriae poi volgarizzato in Vicus Eira e quindi Viqueria. Il borgo medioevale viene edificato sui resti dell'antica colonia romana. Con l'occupazione francese (1796) Voghera, come capoluogo di circondario, appartiene prima al dipartimento di Marengo e poi a quello di Genova. Il 22 giugno 1815, a seguito della restaurazione sabauda, ritorna al Piemonte (nuovamente come Provincia)dopo l'annessione della Lombardia al Piemonte (1859), la Provincia di Voghera, insieme alle vicine di Lomellina e di Bobbio, entra a far parte (come circondario) dei territori con i quali viene costituita la provincia di Pavia. Venne duramente colpita dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, a causa della sua posizione "strategica" all'incrocio tra le direttrici Milano-Genova e Torino-Bologna.
Ringrazio con affetto la famiglia di Francesca M. Quattrocchio figlia del Comandante Francesco Quattrocchio per le informazioni fornitemi che riporto fedelmente. Agostino Quattrocchio ( mio nonno) nato a Motta dei Conti - Vercelli - ( nato nel 1890 morto nel 1971 ), figlio di Francesco Quattrocchio e Rosa Prati - Le sorelle del nonno Agostino erano tre, Linda, Virginia e l'altra non si sa. Mio nonno si e' sposato due volte. La prima con Vincenza Perucca. Ha avuto da lei una figlia, Maddalena (mia zia) nata nel 1923 e deceduta nel 2000. La prima moglie di mio nonno e' morta molto giovane e lui si e' risposato con Margherita Delrito (mia nonna). Da lei, nel 1930 e' nato mio padre, Francesco Quattrocchio. (Colonnello dell'Aeronautica Militare, passato all'Alitalia divenuto Comandante di Jumbo fino alla pensione). Il nonno Agostino e la nonna Margherita hanno avuto per tanti anni una latteria/gelateria nel quartiere di Torino Barriera di Milano. Mio padre Francesco si ricorda poi un cugino del nonno: Carlo Quattrocchio di Alessandria titolare della fabbrica di biciclette a suo nome. Una discendente di questi Quattrocchio e' Nanda ( forse Fernanda ) nata 1930 figlia di Teresio Quattrocchio. Teresio era Capitano Pilota dell'Aeronautica militare (all'inizio della storia dell'Aviazione Italiana ). Teresio e' morto allAeroporto di Ciampino ( Roma) nel 1930. Nanda si e' sposata con Ezio Bellino (sindaco di Ticineto Po') e ha avuto un figlio - Roberto Quattrocchio.
MONCALIERI
DOLORE E CORDOGLIO PER LA MORTE DI VINCENZO QUATTROCCHI, UN UOMO CHE SI E' FATTO ONORE A MONCALIERI (T0) DOVE E' STATO SINDACO PER DUE ANNI, AMATO E RISPETTATO DA TUTTI.
ASTI
SPECIALE
Quando il Papa visitò la Casa della sua Famiglia in Piemonte
Giuseppe Quattrocchio vive
nella casa che un tempo apparteneva alla famiglia del nuovo Papa
Francesco . Si trova in comune di Asti,
sopra la frazione di Portacomaro stazione,
in località Bricco Marmorito.
"Nel 2000 - racconta - è venuto a trovarci. Io ero nell'orto, era
accompagnato dai suoi cugini. Ha voluto visitare anche la cantina. Era emozionato"
14 marzo 2013 di Francesco Gilioli
VIDEO
Intervista a Giuseppe Quattrocchio
BUDAPEST
CIMITERO MILITARE ITALIANO di BUDAPEST CADUTI 1918
Quattrocchio Giuseppe Fila n.2 tomba n.10
Prodan Giuseppe
Fila n.50 tomba n.14
ITALIANI IN TAURIDE
La Tauride è la porta meridionale della Russia. La
attraversò nel 1786 il rivoluzionario spagnolo Francisco de Miranda,
uno dei fondatori della prima repubblica del Venezuela proveniente da Costantinopoli
e diretto a Pietroburgo. A Cherson conversò con il piemontese Vittorio
Amedeo Poggio, aiutante in campo di Aleksandr Nikolaevic Samojlov, comandante
del corpo dei cacciatori della Tauride: Miranda accusa Poggio di piaggeria e
di ignoranza, poichè costui approvava la deportazione di migliaia di
cristiani dalla Crimea nel governatorato di Ekaterinoslav, voluta da Caterina
Seconda. Poggio, medico dell'ultimo khan di Crimea Sagin Girej, dopo l'annessione
della penisola alla Russia, avvenuta nel 1783, era passato al servizio dell'impero.
Poggio in seguito si stabilì, assieme alla moglie Maddalena
Quattrocchio, a Nikolaev. Assieme a Langeron, Richeleu e De Ribas fu
uno dei fondatori di Odessa, di cui divenne in seguito presidente della Amministrazione
cittadina. Ha ragione N.Ja.Edel'man nel supporre che fosse il padre dei famosi
decabristi Aleksandr e Iosif Poggio. In Crimea il piemontese possedeva anche
un pastificio.
(www.mario-corti.com/press/)
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