PALERMO - CORLEONE
MAZARA DEL VALLO
ENNA-NECROPOLI
CALASCIBETTA - GIARRE
MESSINA - CATANIA - MASCALI
MISTRETTA-LAGO - CASTEL DI LUCIO
LIPARI-PANORAMA-QUATTROCCHI
ACI CATENA - ACIREALE - BAFIA DI CASTROREALE
TERMINI IMERESE - CALTANISSETTA - SIRACUSA
PATERNO'- REGALBUTO - RIESI - CEFALU'

 

PALERMO

G. Cosentino, Codice diplomatico di Federico III di Aragona re di Sicilia (1355-1377), Tipografia di Michele Amenta, Palermo, 1885, doc. XCV, p. 71: Federico IV dava disposizioni per verificare se nel testamento di Nicolò de Sergio le 6 onze di oro in questione fossero state destinate alla figlia di Nicolò Quattrocchi Speziale, legatasi ai traditori del re.3 Asp, R. Canc., reg. 13, c. 208r (3.8.1376). 4 Asp, R. Canc., reg. 20, cc. 104v-106r (24.7.1392).

FILIPPO QUATTROCCHI SCULTORE
L'Artista
Filippo Quattrocchi Gangitanus sculptor (1734~1818) -di Salvatore Farinella

L’ambiente artistico-culturale e la famiglia

Terzogenito di Gandolfo Santo Quattrocchi e Rosalia Nicosia, Filippo nacque a Gangi nel febbraio del 1738; modesto borgese, il padre cercava di sbarcare il lunario per crescere la numerosa famiglia di otto figli in una casa terrana del quartiere di San Paolo confinante con le mura urbiche. Nonostante ciò il buon Gandolfo vantava amicizie eccellenti: testimone alle sue nozze erano stati infatti il non ancora barone don Francesco Bongiorno ed il ricco don Francesco Vitale, un borghese in odore di nobiltà. La famiglia della madre di Filippo proveniva invece da Caltanissetta e si era insediata a Gangi alla fine del primo ventennio del secolo; figlia di mastro Salvatore Nicosia, Rosalia poteva contare sui due fratelli Nicolò, attivo falegname, e Giovanni modesto pittore che viveva agiatamente grazie all’affitto dei suoi apparati effimeri. Schiere di artisti ed artigiani forestieri di ogni sorta, grazie all’attiva committenza ecclesiastica e delle confraternite, avevano riempito di opere le chiese di Gangi fin dalla metà del Seicento;In questo ambiente prolifico di opere e di artisti, già patria dei due Zoppo di Gangi, nella prima metà del XVIII secolo Filippo Quattrocchi formerà il proprio bagaglio culturale, grazie anche al mecenatismo dei fratelli Francesco Benedetto e Gandolfo Felice Bongiorno; frequentatori della Palermo dell'epoca essi importarono infatti i gusti e le tendenze artistiche del periodo, chiamando ad operare artisti di chiara fama e fondando l'Accademia degli Industriosi, collegata a quella del Buon Gusto di Palermo, fra i cui associati si notavano diverse personalità del panorama culturale siciliano. L'adattamento di un loro fabbricato a teatro pubblico consentì poi ai due fratelli Bongiorno di patrocinare spettacoli teatrali. Alla presenza di artisti rinomati faceva eco quella di maestri locali facevano la propria parte, dal pittore Matteo Garigliano ai Nicosia, intagliatori lignei e pittori familiari del Quattrocchi. In questo ambiente in continuo fermento artistico e culturale Filippo Quattrocchi , ebbe modo di mettere a punto la propria formazione.

Nella città di Gangi (Palermo) gli è stata dedicata una strada: Via Quattrocchi.

Sicuramente suo figlio e continuatore della sua arte fu Francesco Quattrocchi (1779-1861), di cui si espone un ritratto proveniente dalla Biblioteca Comunale di Palermo. Con ogni probabilità Francesco lavorò a bottega con Filippo fino alla maggiore età; tuttavia è possibile ritenere che il figlio collaborasse col padre anche dopo l'emancipazione da questi e l'acquisizione di una propria autonomia. Di certo Francesco imparò l'arte da Filippo tanto da essere ben apprezzato e a volte addirittura confuso con lo stesso artista gangitano; i suoi interessi artistici furono tuttavia più ampi, essendosi occupato oltre che di scultura lignea anche di modellazione in stucco e di scultura in marmo. A sua firma è infatti la figura a stucco dell'Eterno Padre eseguita intorno al 1801 nella cappella del Crocifisso posta nel transetto sinistro della cattedrale di Palermo; opera che per vari aspetti appare accostabile al medesimo soggetto presente nel gruppo della Madonna degli agonizzanti attribuito a Filippo Quattrocchi ed esposto nella seconda Sezione della mostra, circostanza che non esclude una partecipazione di Francesco in quest'ultima opera. Di Francesco, autore di pregevoli opere come l'Immacolata di Termini Imerese o l'Ascensione di Gesù al cielo di Nicosia e forse dell'Immacolata di Marineo (quest'ultima attribuita anche alla mano del padre Filippo e comunque tutte opere non presenti nella mostra per indisponibilità da parte dei possessori), vengono qui esposte solamente tre opere: Gesu' nell'orto degli ulivi, gruppo del 1837 attribuito allo scultore e proveniente da Gangi, il documentato San Giuseppe di Campofranco e l'attribuito Cristo risorto di Tusa. Di Alberto Quattrocchi (1784-1811), inedito figlio di Filippo, (Alberto Palazzo Bongiorno) non vengono esposte opere poiché egli fu scultore in marmo e in stucco vissuto appena l'arco di ventisette anni; un ritratto del pittore Giuseppe Patania proveniente dalla Biblioteca Comunale di Palermo lo ritrae di aspetto giovanile e delicato, potendosi forse riconoscere in questa effige il modello di alcune opere del padre. Fin da giovanissimo egli ebbe l'estro della scultura ma fu affascinato dal marmo più che dal legno; allievo del pittore Antonino Manno a Palermo, espresse il desiderio di recarsi a Roma per studiare l'arte classica nel vortice del nuovo gusto artistico che allo scadere del XVIII secolo prendeva piede anche in Sicilia. A Roma giunse all'età di 23 anni e fu allievo di Antonio Canova. In quel periodo la città eterna, che aveva ceduto da tempo il primato di capitale del neoclassicismo a Parigi ed alla città di Milano, era ancora tuttavia la protagonista indiscussa del nuovo stile che basava i propri presupposti sulla riscoperta dell'arte greca e romana rinvigorita dai nuovi rinvenimenti archeologici di Ercolano, Pompei, Paestum e Tivoli; e Roma era pur sempre la sede delle maggiori opere d'arte del mondo classico. L'invasione delle truppe francesi del 1809 costrinse Alberto ad abbandonare la città ed a fare ritorno in patria. Qui continuò a scolpire in marmo, mettendo in pratica i suoi apprendimenti romani; elaborò infatti il modello in gesso del gruppo di Psiche e Cupido rifinendolo di tutto punto (emulando forse lo stesso soggetto realizzato in marmo dal Canova fra 1787 ed il '93, sistemato nella casina campestre del principe Wilding Butera all'Olivuzza ed oggi perduto. A Palermo il giovane Quattrocchi ebbe nel canonico Rosario Gregorio (1753-1809), illustre studioso di storia medievale, un amico e protettore tanto che alla sua morte glie ne commissionarono un busto marmoreo da collocarsi nella chiesa di San Matteo. Nel 1810 partecipò al concorso indetto dal Senato di Palermo in occasione della nascita dell'erede al trono Ferdinando II, per la realizzazione di un monumento da erigersi nella Villa Giulia; Alberto Quattrocchi produsse un'idea così originale da procurargli la commissione dell'opera da parte del Senato, opera per la quale eseguì il modello in creta e gesso. Una lenta febbre lo colse nel febbraio del 1811 portandolo alla morte il 20 di quello stesso mese. Ebbe solo il tempo di ultimare due angeli in stucco nella cappella della casina reale della Ficuzza, lasciando tuttavia incompiuto il monumento per l'erede al trono.

IL BORBONE PER L'ESECUZIONE DEL COMPLESSO STEMMA ARALDICO DETTE INCARICO A FRANCESCO QUATTROCCHI (CASERTA-NAPOLI-TRAPANI )

Nel volume "Itinerario per le vie, piazze, vicoli e cortili di Palermo" è segnalato il Dio Padre di stucco di Francesco Quattrocchi nella Cappella dell'Eucarestia.

I Manoscritti di Agostino Gallo Notizie di Artisti Siciliani Palermo dal 1778 fino al 1832
Trascrizione e Note di Angela Mazzè - Angela Anselmo - Maria Carmela Zimmardi

La Pittura in Sicilia. I Principi Normanni e Svevi ci lasciarono invero pochi monumenti di Pittura con colori a gomma a toni d’uovi sopra tavole ingessate. In due madonne una del tempio di S. Simone e l’altro di Monte Vergini lo stile grandeggia goffamente, ma pure è nostro e del tutto contrario di quello secco di Cimabue e di altri pittori che si osservano in Italia e di alcuni in particolare nel Cimitero di Pisa. Un trittico nella chiesetta di Gesù e Maria presso quella di Santa Cuma ha la singolarità di mostrare l’arte in progresso sebbene vi si legga l’anno segnato 1222 anteriore a Cimabue ed a Giotto. Un altro quadro sopra asse, quasi della stessa epoca, vi fu fatto osservare dal nostro egregio scultore Villareale che conservavasi nell’interno del monistero di S.ta Caterina e con gran croce istoriata a figure sacre, scorgeasi nel Parlatorio del Cancelliere e un Crocifisso dipinto alquanto posteriore si conserva in Termini. Le quali opere mostrano un carattere proprio siciliano sia per la vivace espressione e sia alcune per l’ingrandimento delle forme che in Italia riteneansi ancora secche e cadaveriche. La varietà delle Scuole appo noi ebbero ragione verso la metà del secolo XV e in progresso. Opere pubbliche fatte in Palermo dal 1778 fino al 1832 Quella scuola trascorse in Palermo e in essa si sono distinti Marino, il quale esegue anche bene ritratti in cera ed è buono scultore in legno. In quest’arte poi si elevarono Girolamo Bagnasco e Francesco Quattrocchi poco dopo la metà del secolo corrente e ornarono di statue molte chiese di Palermo e dell’interno dell’isola. Ne’ volti della Vergine Maria e di altre sante e sé in quelle di vecchi di gran carattere è improntato il tipo siciliano e particolarmente in quello femineo la rotondità, il piccante e la grazia delle nostre donne. Il Bagnasco anche si distinse anche nei pastori, nei bassi rilievi di altari guidato bensì dai disegni del suo amico Giuseppe Patania e il Quattrocchi nei volti senili dei santi ed elevossi nel suo Cristo morto, figura al naturale nella chiesa della Solidad in Palermo. Era egli operosissimo infaticabile artista e in pochi giorni nel 1860 fece molte statue per macchine disposte dalla nostra città per onorar la venuta del nuovo re Vittorio Emanuele ed una colossale in una notte e poche ore del giorno seguente, onde diffaticatosi di troppo ne morì. Nelle opere di questi due valorosi artisti vi ha sempre il Tipo Siciliano, che par che sia stato esclusivo di quelli di Palermo, onde possono meritare il vanto di originalità fino a Giuseppe Patania di cui ora ragioneremo. Costui, nato in Palermo nel 1780 figlio di un misero sarto cominciò a disegnar da se e per pochi mesi migliorò sotto il celebre Giuseppe Velasques e allontanatosene per il brusco trattamento del medesimo gli disse: Sarò pittore senza di lui. E lo fu. Perocchè nel procacciarsi da vivere, cominciò a dipingere per poca moneta cartelloni da teatro e progredendo coll’esercizio in questi dipinti di grande effetto e in piccoli ad olio imitante l’antico divenne grado grado artista di prim’ordine principalmente per l’invenzione, per la grazia e facilità di pennello. Riuscì in tutti i generi, nel paesaggio e vieppiù ne’ ritratti e nei disegni a penna, ammirati dallo stesso celebre Camuccini in Napoli presso il marchese Gargallo alla mia presenza. Lasciò ai suoi eredi disegni di storia patria, profana, mitologica e della vita di Gesù tutti di sua originale composizione e vivace espressione circa 500 carte, di cui metà furono da me acquistati. Francesco Quattrocchi, scultore e decoratore palermitano attivo nella prima metà del XIX secolo. E tutti questi artisti non imitatori degli esteri hanno un tipo siciliano Il Bagnasco anche si distinse anche ne’ pastori, ne’ bassi rilievi di altari guidato bensì da’ disegni del suo amico Giuseppe Patania e il Quattrocchi ne’ volti senili de’ santi ed elevossi nel suo Cristo morto, figura al naturale nella chiesa della Solidad in Palermo. Era egli operosissimo infaticabile artista e in pochi giorni nel 1860 fe’ molte statue per macchine disposte dalla nostra città per onorar la venuta del nuovo re Vittorio Emanuele ed una colossale in una notte e poche ore del giorno seguente, onde diffaticatosi di troppo ne morì. Nelle opere di questi due valorosi artisti vi ha sempre il Tipo Siciliano, che par che sia stato esclusivo di quelli di Palermo, onde possono meritare il vanto di originalità fino a Giuseppe Patania di cui ora ragioneremo Costui, nato in Palermo nel 1780 figlio di un misero sarto cominciò a disegnar da se e per pochi mesi migliorò sotto il celebre Giuseppe Velasques e allontanatosene per il brusco trattamento del medesimo gli disse: Sarò pittore senza di lui. E lo fu. Perocchè nel procacciarsi da vivere, cominciò a dipingere per poca moneta cartelloni da teatro e progredendo coll’esercizio in questi dipinti di grande effetto e in piccoli ad olio imitante l’antico divenne grado grado artista di prim’ordine principalmente per l’invenzione, per la grazia e facilità di pennello. Riuscì in tutti i generi, nel paesaggio e vieppiù ne’ ritratti e ne’ disegni a penna, ammirati dallo stesso celebre Camuccini in Napoli presso il marchese Gargallo alla mia presenza. Lasciò a’ suoi eredi di questi disegni di storia patria, profana, mitologica e della vita di Gesù tutti di sua originale composizione e condotti con diligenza e vivace espressione circa a 500 carte, di cui metà furono da me acquistati. 1826 Fu ristorata la Porta Nuova dopo il tremuoto del 1823 e decorata nell’interno di vasi, trofei, ed iscrizioni dal capo maestro Patricolo. I due genj che sostengono lo stemma reale nell’interno della porta furono modellati da D. Francesco Quattrocchi. Furono ritrovati e ristorati gli antichi sepolcri che credonsi dell’epoca saracena verso la Porta di Ossuna. Ivi vicino la casa di Gastone fu costruito l’ospedale degli etici tisici. All’occasione della venuta di S.M. Ferdinando III nel 1798 fu eseguito il mosaico nella parte esterna della Cappella Palatina, rappresentante Ferdinando III. e la Regina Carolina. Nell’ante sagrestia di detta Cappella furono fatti scolpire due bassi rilievi da D. Liberto Quattrocchi palermitano rappresentanti il battesimo del defunto principe D. Ferdinando figlio del Re Francesco, e di Maria Clementina seguito nel 1800, e l’altro del principe D.Ferdinando attuale Re seguito nel 1810. Nell’altro bassorilievo dello stesso scultore si scorgono gli stessi sponsali della real principessa Maria Cristina con Carlo Felice principe ereditario di Sardegna seguito nel 1807, e l’altro della real principessa Maria Amalia sposata con Ludovico Filippo duca d’Orleans nel 1809 Nel Real Palazzo fu costruita la Specola astronomica dall’architetto D.Giuseppe Venanzio Marvuglia sotto la direzione del celebre abate Piazzi. Fu traslocato l’Ospedale militare di S. Giacomo nella Casa di S.Francesco Saverio. Quattrocchi Liberto, scultore, nato a Palermo nel 1782, ivi morto nel 1811. Una nota biografica è reperibile in Agostino Gallo, Lavoro cit. p. 249-250. Più noto come Osservatorio astronomico, è ubicato sulla Torre Pisana del Palazzo Reale. Edificato nel 1791, al tempo del viceré Caramanico, vi si accede dalla loggia più alta del cortile Maqueda 1823. Fu demolita la chiesa della Kalsa, di disegno arabo normanno, e nobilitata la strada del principe di Butera. Fu spianato il passaggio superiore delle Mura delle Cattive, e fattovi un giardino pensile, e decorato di statue, vasi, e sedili per opera dell’architetto Raineri. I Quattro Telamoni de’ due ingressi furono scolpiti da piccolo Bagnasco. 1825 Fu riunito allo Spedale Grande quello di Santo Bartolomeo, e destinatone l’edifizio a’ projetti. La riforma fu fatta dall’architetto Raineri, il gran bassorilievo da D. Vincenzo Riolo, le statue di stucco del cornicione da Niccolò Bagnasco. Il ritratto di Francesco, e le due figure laterali da Francesco Quattrocchi. È stato destinato l’antico palazzo di Pietraperzia dietro S. Cita a Monte di Prestamo sotto il titolo di S. Rosalia.Cfr. Angela Mazzè, L’edilizia sanitaria. parte II, cit., p. 129, 133 e sgg Furono restaurati li quattro campanili a guglia di stile arabo-normanno da Fra Felice di Palermo cappuccino; e altro costruitovi dello stesso stile da Don Emmanuele Palazzotto. Fu rifatto l’interno del Duomo di Palermo sul disegno dell’architetto Fuga, ed eseguito con modificazioni notabilissime dall’ architetto Marvuglia. I pesantissimi genj di stucco, che sostengono le armi reali, e il Padre eterno furono modellati da Francesco Quattrocchi. La volta fu dipinta dal pittore Mariano Rossi da Sciacca. Il quadro dell’Assunta, e di S. Ninfa da Velasques. Il fonte battesimale fu scolpito da D. Filippo Pennino. I due grandi alti rilievi nella Cappella di S. Rosalia furono scolpiti da D. Valerio Villareale. Lo Spedale de’ Convalescenti a lato a quello de’ Sacerdoti, dell’Ospedale Grande I Quattro Telamoni dei due ingressi furono scolpiti dal piccolo Bagnasco. 1825 Fu riunito allo Spedale Grande quello di Santo Bartolomeo, e destinatone l’edifizio a projetti. La riforma fu fatta dall’architetto Raineri, il gran bassorilievo da D. Vincenzo Riolo, le statue di stucco del cornicione da Niccolò Bagnasco. Nicolò Bagnasco, scultore, nato a Palermo nel 1791, ivi morto nel 1827. Notizie biografiche sono reperibili in Agostino Gallo. Un altro giorno vidi scolpiti ad alto rilievo in legno da Francesco Quattrocchi alcune figure mitologiche nelle botteghe in via Toledo del duca di Serradifalco, e conobbi nello stile di essere ricavati da’ disegni in grande del Patania. Me lo richiese, egli adirato si tacque. Ho capito, e vieppiù s’adirò. Erano eseguite sui suoi disegni che far soleva di notte e a porte chiuse pe’ suoi scolari, e amici artisti.

FAMIGLIA-FLORIO

Nell’800 il leone fu il simbolo di molte attività della famiglia Florio , come il famoso Marsala e vi venne riprodotto in una bella scultura opera di Delisi posta al cimitero di S.Maria di Gesù. Infatti quando Vincenzo Florio volle rinnovare la sede della sua attività al Garraffello chiamò lo scultore Quattrocchi e gli fece realizzare una grande insegna raffigurante un leone febbricitante in legno scolpito. Nell’altro leone che si trovava nella Cappella Sepolcrale di famiglia c’è lo stemma della famiglia Lancia o Lanza, che raffigura un leone coronato.

Storia della marina mercantile delle Due Sicilie (1734-1860) - di Lamberto Radogna - 1982

Il 10 ottobre 1861, con atto pubblico rogato notaio Giuseppe Quattrocchi, Vincenzo Florio, assieme al figlio Ignazio, costituì la sociatà in accomandita per azioni "I.&V. Florio - Vapori postali" col capitale di L. 6.000.000.

Almanacco italiano - 1924

4°Targa-Florio-Moto-1000cc-Quattrocchi.

Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente Generale in Sicilia
Ripartimento Polizia
Repertorio anni 1819, 1820, 1821


23 nov 1821 - Sull'anonimo del Comune di Mascali che in ordine alle passate vicende, reputa degni di vigilanza i seguenti individui:
1. Ferlito Antonio - 2. Quattrocchi Filippo - 3. Quattrocchi Lucio - 4. Barbagallo Sebastiano - 5. Fiamingo Sebastiano - 6. Mangano Andrea - 7. Gentile Pietro - 8. Cosentino Mariano - 9. Trombetta Antonino - 10. Grasso Leonardo supplente Giudice del Circondario.
13 nov 1821 - Rimette denunzia di Don Francesco Sansone di Mascali sulla setta dei Carbonari ivi istituita alla quale sono ascritti il Prosegreto Don Filippo Quattrocchi e suoi dipendenti cioè gli Ufficiali di Tratta e Dogana, nonché gli amministratori di quella Real Contea, il Sacerdote Don Rosario Barbagallo e Don Paolo Patanè.

Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente Generale in Sicilia Ripartimento Polizia Repertorio anno 1833

176 16 773 3 giu 1833 Id ricorso anonimo di Messina contro Guglielmo Toscano Ispettore commissario, e suppliche dei seguenti individui, Liotta Salvatore, Lopes Carmelo, Quattrocchi Giuseppe, Rol Giacomo.
176 16 774 3 giu 1833 Id supplica di Andrea Altieri chiedente permesso di pubblicare in Palermo un Giornale di Scienze - lettere - arti - commerci e politica
176 16 775 3 giu 1833 Sulla supplica di Don Giuseppe Liguori condannato all’ergastolo nel forte Garzia

DIARIO DI SICILIA

Introduzione
Questo secondo volume relativo agli avvenimenti in Sicilia riguarda il periodo fra il 1831 ed il 1840, anni segnati dall’avvento al trono di Ferdinando e da una politica di centralizzazione dello Stato che fu la causa principale di un crescente malcontento nell’Isola. Di esso il sovrano sembrò non rendersi mai conto o meglio di non volersene rendere conto ingannato in questo dall’azione di due suoi ministri il Del Carretto ed il Sant’Angelo, rispettivamente ministri della Polizia e dell’Interno. Le pagine che seguono, costituite dai rapporti dei ministri plenipotenziari di Sardegna a Napoli e dei Consoli a Messina e Palermo, mettono in evidenza il malessere dell’isola, illustrano i principali eventi politici e sociali che la riguardano ed anche fatti di cronaca minuta.
Palermo, 8 Ottobre 1831 … Tre giorni sono da questa Polizia venne arrestato un Medico addetto all’Ospedale Militare della presente Città di cognome Gabriele, siccome uno dei complici, e forse dei principali autori dell’attentato che qui si commise nella notte de 1.mo Settembre ultimo scorso. Avuto lo stesso sentore che la Polizia dirigevasi per catturarlo, prese estesa quantità d’oppio onde avvelenarsi, fu ciò in tempo scoperto, per manifestazione da esso stesso fattane, gli furono apprestati gli opportuni rimedii, ed è fuori pericolo. Sempre più si conferma la voce generale, che nessun capo di estesi mezzi avesse parte nella trama e vuolsi che siano i Capi il detto Medico, il di Marco, il Quattrocchi, e qualche altro di eguale sfera, che ancora non è arrestato, ma si pretende, che i perturbatori avessero segrete intelligenze coi detenuti in queste pubbliche carceri e con quelli per condanna ai ferri i quali riuscendo ad evadere avrebbero coadiuvata la criminosa impresa … Olivieri.
Palermo, 26 Ottobre 1831 … Ieri dopo pranzo da questo Consiglio di Guerra di guarnigione elevato in Commissione Militare, si è proferita la sentenza contro gli autori, e complici dell’attentato commessosi la notte del primo settembre ultimo, ed i prevenuti erano nel numero di 28, 27 cioè presenti ed uno contumace. Li nominati Gaetano Romanino, Gerolamo Cordella, Domenico di Marco, Giuseppe Maniscalco, Paolo Balucchieri, Gio Batta Vitale, Vincenzo Ballotta, Ignazio Rizzo, Francesco Scarpinato, Filippo Quattrocchi, Salvatore Zarzana presenti e Salvatore Ramacca assente vennero condannati alla pena della fucilazione, e gli altri … a diversi gradi di ferri. L’esecuzione della sentenza contro i condannati alla pena di morte, siccome autori di misfatto di Lesa Maestà, venne eseguita questa mattina alle ore 14 d’Italia nel piano dei Quattroventi, poco distante dalle Carceri della Quinta Casa ove i medesimi erano rinchiusi.

Nell'Archivio di Stato di Torino fondi militari - fascicolo 13618 - è riportato Gaetano Quattrocchi di Palermo combattente in Sicilia 1848-60.

I MOTI DEL 1848

 

GARIBALDI DI GIUSEPPE GUERZONI VOL^II (1860-1882)
CON DOCUMENTI EDITI E INEDITI E 7 PIANTE TOPOGRAFICHE. Seconda edizione.

DA MARSALA AL FARO. E tuttavia l' insurrezione poteva dirsi sbaragliata, non vinta. Le squadre ritiratesi nei dintorni continuavano bravamente la resistenza, e ne erano principali: quella di Piana de' Greci comandata da Luigi Piediscalzi; quella di Corleone guidata dal marchese Firmaturi ; quella di Termini condotta dal Barrante e da Ignazio Quattrocchi ; quelle di Ventimiglia, di Ciminna e Villafrati organizzate da Luigi La Porta ; infine quelle dei distretti d' Alcamo e di Partinico capitanate dai fratelli Sant'Anna ; le più numerose di tutte. Quanto al rimanente dell'Isola poi, appena corse l'annunzio del 4 aprile, tutte le maggiori città si apparecchiarono, secondo le forze e la possibilità, a secondare il moto, e quali con protesta solenne, come Messina ; quali levandosi in aperta rivolta, come Girgenti, Noto, Caltanissetta. Trapani; non conseguendo, è vero, in alcun luogo alcun successo decisivo; ma dove scacciando o bloccando i piccoli presidii, dove inviando la più belligera gioventù a ingrossare le squadre alla campagna, dove organizzando, come a Trapani, le guardie nazionali, persino col consenso dell' Intendente borbonico, alimentavano, se non potevano afforzarlo, il fuoco dell'insurrezione, al quale mancava bensì la forza di divampare in incendio struggitore, ma s'appiccava con cento fiammelle in cento luoghi, molestando gli oppressori e facendo testimonio della vitalità degli oppressi. E Palermo stessa quantunque spopolata de' suoi più animosi, dagli arresti e dalle stragi e soffocata dallo stato d'assedio, e minacciata dai Consigli di guerra permanenti, e tenuta d'occhio da ventimila soldati e da una sterminata sbirraglia, non voleva permettere che i Salzano ed i Maniscalco potessero impunemente spacciare nelle loro gride: la popolazione palermitana estranea ed indifferente al moto sfortunato del 4 aprile; talché, a smentire l'artificiosa calunnia, il 13 aprile versavasi tutta quanta nelle vie e nelle piazze a testimoniare con migliaia di voci i suoi sentimenti d'odio al Borbone, a gridare Italia e Vittorio Emanuele, a sfidare con ogni maniera di scherni e di sfregi il superbo vincitore, il quale, sbalordito da tanta solennità di manifestazione, né osando inferocire contro una sì grande moltitudine inerme, dovette rassegnarsi a patire in pace la fiera disfida.

Santa Margherita di Belìce nella storia siciliana: genesi del Gattopardo - di Salvatore Scuderi, Giuseppe Scuderi - 2003

...che il Consiglio deliberasse volere l'annessione al governo istituzionale di Vittorio Emanuele II. Con entusiasmo e trasporti di gioia il Consiglio accolse la richiesta del Presidente ed ha deliberato: "Vogliamo l'annessione al regno costituzionale di Vittorio Emanuele". Ed ha eletto il Sig. Domenico Quattrocchi da Palermo, conosciuto ottimo patriota affine di presentare al sommo dittatore Garibaldi il voto di annessione al regno.

I Moti di Palermo del 1866: verbali della commissione parlamentare di inchiesta
di Magda Da Passano, Italy. Parlamento. Camera dei deputati - 1981

Caterina Quattrocchi Abadessa di Santa Rosalia con altra Monaca. Esse furono strappate dal loro chiostro all'improvviso e violentemente dalla truppa, ...

 

Ciminna - comune della provincia di Palermo

Tribuna dell’Ecce Homo
Fu edificata nel 1794 con una donazione del frate don Salvatore Bufalo dei Minori Conventuali. Ingrandita nel 1798 ad opera di Giuseppe Guarneri (Corleone, 19 settembre 1736 - documentato a Ciminna fino al 1798), presenta un fronte con un arco a tutto sesto chiuso da una ricca cancellata in ferro battuto, affiancato da due esili paraste sormontate da un timpanotriangolare. Nell’altare di marmo, del 1795, trova posto la statua il legno policromo dell’Ecce Homo realizzata da Giacomo Quattrocchi nel 1802.

Monografia del dott. Vito Graziano su Ciminna. Memorie e documenti.Sulla storia del Risorgimento in Sicilia

E mentre il gen. La Masa, mandato da Garibaldi per ogni dove a suscitarvi e organizzarvi la rivoluzione, raccoglieva uomini e armi a Mezzoiuso, Villafrati, Bolognetta e Misilmeri, Luigi La Porta riorganizzava in Ciminna la sua squadra e la mattina del 17 maggio partì alla volta di Caccamo con la bandiera tricolore spiegata e la musica cittadina. Ivi in principio fu accolto festosamente, ma poi quegli abitanti, temendo qualche rappresaglia, condussero la squadra dentro una chiesa col pretesto di alloggiarla. Quindi la tennero a bada, e nel frattempo richiamarono da Termini la guardia nazionale caccamese, che vi si era recata per aiutare quei cittadini ad impadronirsi del castello.Ma fu costretto a licenziare gl'individui inermi e partì con quelli armati ed altri di Caccamo. Passò per Termini, Trabia ed Altavilla, dove si unì ai signori Barranti, Quattrocchi, Loreto Grimi, D'Anna e Sunseri, provenienti da Termini, e con essi si diresse al campo di Gibilrossa. Di là il 27 maggio 1860 prese parte all'entrata di Palermo, dove il La Porta si distinse nell'assalto di Porta Maqueda.

CORLEONE

Sicilies: Webster’s Quotations, Facts and Phrases
di Icon Group International, Inc. - 2008

Vito Quattrocchi, di famiglia corleonese, è considerato negli Stati Uniti una autorità nel campo dello "Stiletto Fighting", arte marziale, tradizione della famiglia Quattrocchi, ispirata al patrono degli spadaccini San Michele Arcangelo.

DIZIONARIO TOPOGRAFICO DEI COMUNI COMPRESI ENTRO I CONFINI NATURALI D'ITALIA
di Attilio Zuccagni-Orlandini - 1861

CORLEONE (Sicilia) Prov. di Palermo : circond. di Corleone; mand. di Corleone. Sulle pendici di un colle alle cui falde apresi un' amena pianura con ubertosi terreni trovasi la città di Corleone, creduta da alcuni l'antica Schera. Nacquero in essa distinti medici, letterati e teologi Popolazione 12,897.

WIKIPEDIA STORIA DI CORLEONE

Dalle origini al XII secolo "Animosa Civitas", titolo conferitole da Carlo V in occasione della sua visita a Corleone il 12/1/1556, fu sempre in prima linea in tutte le guerre che si combatterono in Sicilia. Non è facile risalire alle origini, forse, perché Corleone ebbe vari insediamenti fin da quando i più modesti gruppi umani si costituirono nell'isola. Le varie presenze di questi popoli: Sicani, Elimi, Fenici sono state confermate dai reperti archeologici ritrovati . Almeno ventitré secoli fa si chiamò Schera di cui parlano Cicerone, Cluverio e Tolomeo e, probabilmente, dovette piegarsi ai romani durante la seconda guerra punica. Forse sorgeva nella zona che sovrasta la Corleone di oggi e che si chiama ancora " Vecchia". Tale nome fà riferimento ad una montagna che si erge per circa 1000 s.l.m. e dista circa due km dall'odierno centro abitato. Il nome Corleone deriva da un antico Qurlian, forse di origini arabe, ma la forma attuale risale al XVI secolo. Nel 1080 veniva conquistata dai Normanni e nel 1095 fu annessa alla diocesi di Palermo. Circa cento anni dopo fu annessa alla nuova diocesi di Monreale.
Dal XIII secolo al XVII secolo Nel XIII secolo l'imperatore Federico II deportò i Musulmani a Lucera in Puglia e ripopolò la città con una colonia di Lombardi guidata da Oddone de Camerana. Già nel XIV secolo esisteva la cinta muraria che, collegando il Castello Soprano al Castello Sottano, racchiudeva al suo interno il primo nucleo abitativo ancor oggi visibile nel tessuto del centro storico. Tra il secolo XV e il XVI l'abitato si espande oltre le mura che vengono demolite non avendo più nessuna funzione difensiva. Durante la rivoluzione dei Vespri siciliani la città si schierò con Palermo contro gli Angioini determinando la loro cacciata dalla Sicilia. Tra il 1440 ed il 1447 la corona spagnola vendette la città e i suoi privilegi a diversi signori feudali, Federico Ventimiglia, i Chiaramonte, e altri, determinando un forte decadimento economico e sociale della città costretta a riscattare la sua libertà fino agli inizi del XVII secolo.

CONTESSA ENTELLINA

Nella Chiesa di S. Rocco, nella prima nicchia a sinistra entrando si può ammirare la statua di S. Eligio con i paramenti vescovili. Non si conosce l’autore né quando questa statua sia stata collocata nella chiesa di S. Rocco. Di origine francese, vissuto nel secolo VII, è nominato vescovo di Noyon nel 641. La sua festa ricorre il primo dicembre ed é patrono degli orefici, dei maniscalchi, dei contadini. Santo leggendario come maniscalco e come orefice, è consigliere del re. Gli vengono attribuite numerose opere d’arte. Noto anche come S. Eligio di Eloi, in molti comuni della Sicilia, così anche a Contessa e nei paesi limitrofi, é più noto come “Sant’Alòi”, protettore degli animali da soma. Dal 1960 in una nicchia della parete destra della chiesa di S. Rocco é esposta una statua della Madonna di Fatima, fatta ivi collocare dal parroco papas Jani Di Maggio. Nella parete frontale, dietro l’altare, in una nicchia é collocata una Statua di legno della Immacolata Concezione, scolpita nel 1854 dall’artista palermitano Francesco Quattrocchi. La statua è ordinata dal parroco della chiesa greca papas Spiridione Lo Jacono ed è pagata 28 onze. Nell’archivio della parrocchia greca esistono documenti che riguardano la statua dell’Immacolata, in particolare una autodifesa di Spiridione Lo Iacono sulla corretta utilizzazione del denaro raccolto per comprare la statua. Un intervento di restauro sulla statua é effettuato nel 1954. Nell’arco che segna il confine tra la parte dei fedeli ed il presbiterio, sulla volta, si legge in greco “ìkos mu, ikos prosevchìs” (la mia casa, casa di preghiera).

Il comune di Contessa Entellina costituisce il più antico insediamento albanese in Italia. Nasce intorno al 1450, quando un gruppo di esuli albanesi costruì l'abitato vicino alle rovine remote di un piccolo casale preesistente, il Casale di Comitissa o Vinea Comitissae, popolato da soldati albanesi provenienti dal Casale di Bisiri (Mazara) dove avevano prestato servizio per il re di Napoli dal 1448. Dal XV al XVIII secolo si rifugiano in Italia molti albanesi per sfuggire alla dominazione ottomana e conservare la fede cristiana, che fondano o ripopolano circa 100 località nel centro-meridione d'Italia. I capitoli di nascita ufficiali, della concessione dei feudi, sorsero nel 1520, anno in cui ebbe avvio la riedificazione, la valorizzazione e il popolamento degli albanesi provenienti dall'Albania meridionale e nella seconda ondata migratoria dalla Morea. Questi albanesi, di elevata estrazione sociale, non vollero sottomettersi al giogo turco ne rinnegare la loro religione cristiano-bizantino. Fuggirono e sbarcarono sulle coste centro meridionali d'Italia.

SANT'AGATA DI MILITELLO


Il patrimonio storico culturale del Museo Etno Antropologico dei Nebrodi a Sant'Agata di Militello

 

Primo nucleo storico di S. Agata è il Castello Gallego il cui attuale aspetto risale al XVI secolo. Al castello è annessa la settecentesca Chiesa dell’Addolorata quale cappella di palazzo. Fu costruita insieme alla residenza dei principi Gallego e completata intorno alla metà del XVIII sec.. Presenta un fronte preceduto da gradinata, all’interno un’aula in cui è appena accennata la partitura in campate (altari laterali) e presbiterio rialzato oltre l’arco trionfale. All’interno della chiesa si trova una grande tela raffigurante il “miracolo di San Biagio” datata 1862 realizzata da D’Antoni, e il Crocifisso attribuibile a Filippo Quattrocchi caposcuola di una famiglia di artisti nativi di Gangi vissuti tra il '700 e l’800. Di questo scultore è tipico il ricorso alle perle vitree per la realizzazione degli occhi, la resa minuziosa dei particolari, il modellato dai tratti taglienti. Del XVIII sec c’è anche una statua lignea della Madonna addolorata.

Il Comune di Sant'Agata di Militello si trova quasi a metà strada tra le città di Messina e Palermo. Di notevole rilevanza storica sono i diversi palazzi gentilizi presenti. Costruiti intorno la metà del diciannovesimo secolo dalle famiglie aristocratiche della zona, quali gli Zito discendenti dai conti di S. Marco, i Faraci baroni del Prato,i nobili, Gullotti e Cardinale. Gli Zito edificarono i loro palazzi nel quartiere della chiesa madre, i Faraci in via Roma, i Gullotti, Cardinale e Ciuppa sulla Via Nazionale. Tutti questi edifici presentano al loro interno pregevoli stucchi tardo barocco e liberty. Il porto di Sant'Agata sarà uno dei 3 porti hub della Sicilia. Lo specchio d'acqua utilizzabile è di 282.000 m². All'interno del porto, in condizioni di sicurezza, potranno ormeggiare 1094 natanti.

MILITELLO ROSMARINO


Dell’imponente castello normanno oggi restano solo dei ruderi. Dalla planimetria regolare era circondato da una cinta muraria che lo isolava sul colle ove sorgeva. Era in rapporto visivo con i castelli di San Marco, Capo d’Orlando e San Fratello. Aveva un portale marmoreo grandi magazzini e stanze, carceri ed una Chiesa interna. E’ andato in rovina dopo il 1860. La Chiesa di San Domenico (già chiesa dell’Annunziata) risale al 1512 e fu voluta dal Barone Enrico Rosso che con essa sancì l’avvento del primo rinascimento a Militello. In essa è custodito il monumentale marmoreo sarcofago della moglie Laura. Il portale della Chiesa è in pietra calcarea riccamente decorata con figure e simboli esoterici. Il frontone arricchito con elementi barocchi reca una iscrizione del 1709 “Paradisi Porta” ed un rilievo, simbolo domenicano, col cane recante una fiaccola accesa. In essa sono presenti altre sepolture, statue (quella lignea del ‘700 di San Vincenzo Ferrer, attribuita a Filippo Quattrocchi), quella marmorea quattrocentesca della Madonna dell’Aiuto e tele barocche (raffiguranti la Madonna della Lettera, la Madonna della Neve e Santa Scolastica. Bellissimo l’altare ligneo di San Domenico (1638) ed il prezioso tabernacolo con la sovrastante cantoria in legno policromo dipinto con angeli musici. Posto su un colle che si affaccia sulla Valle del fiume Rosmarino, Militello ha origini romano-bizantine e poi arabe, si è sviluppato in epoca medievale e in particolar modo sotto la dominazione dei normanni (anno 1000) che vi edificarono un castello al tempo di Ruggero il Guiscardo (1081) . Durante l’ottocento molte famiglie abbandonarono Militello per S.Agata dando inizio ad un declino demografico che si aggravò ulteriormente fino agli anni 50 con l’emigrazione verso il nord dell’Italia ed all’estero.


MAZARA DEL VALLO

Museo Civico Comunale

Sito all’interno dell’ex convento dei gesuiti, ora centro polivalente di cultura, è suddiviso in due sezioni:l’archeologica, che comprende anche alcuni materiali provenienti da scavi archeologici in contrada Roccazzo, e la moderna, costituita in massima parte dalle opere grafiche dello scultore mazzarese Pietro Consagra. Si trova al piano terra del Seminario Vescovile. La maggior parte delle opere esposte sono suppellettili liturgici e parametri sacri appartenenti alla Cattedrale e sono pregevole espressione di arte sacra, opera di maestri argentieri palermitani e trapanesi. L’iter espositivo va da Francesco regno (1386) agli inizi del Vescovado di Gaetano Quattrocchi (1900). Il Seminario sarà ancora abbellito nel lato occidentale per volere del vescovo Gaetano Quattrocchi (1900 - 1903). Nel Museo Diocesano, al Seminario vescovile, sono esposti argenti e suppellettili liturgiche di straordinaria bellezza, che vanno dal XIV al XIX secolo. Croci, reliquiari, ostensori, pissidi, pianete e piviali, commissionati dai munifici vescovi di Mazara, testimoniano la raffinata abilità e la vasta produzione di maestri argentieri e orafi spagnoli e toscani, palermitani e trapanesi.
Il Duomo di Mazara del Vallo è un tipico esempio della prima architettura arabo-normanna in Sicilia a tre navate. L'aspetto attuale della cattedrale risale al 1690 (Vescovo Francesco Maria Graffeo). Il prospetto si deve ai Vescovi Gaetano Quattrocchi e Nicolò Maria Audino, promotori del rifacimento della precedente facciata. I loro stemmi figurano sotto le statue del SS. Salvatore e della Madonna.

Acta sanctae sedis:Ephemerides Romanae a SSMO D. N. Pio PP. X authenticae-di Catholic Church. Pope 1902

Pagina 263 - Titularem Ecllesiam Episcopalem Europen.sub Archiepiscopo Hierapolitano, cavan. per traslationem R.P.D. Caietani Quattrocchi ad Sedem Cathedralem Mazariensem, favore R.P.D. Volfanghi Radnai, Presbyteri dioceseos...

 

Arcivescovo Don. Gaetano Quattrocchi (nato 16 Giu 1850 È morto 8 giugno, 1903)

Mons.Can.co Don Vincenzo Quattrocchi, Cameriere Segreto di S.S.Pio X, Vicario Foraneo, fratello di Gaetano

Altre Famiglie venute a Mazzarino e che si distinsero: i Perno di Siracusa; i Paraninfo di Licata e poi i Quattrocchi (di cui si ricorda Mons. Gaetano, consacrato Vescovo nel 1896); i Nicoletti, i Morana, gli Strazzeri dei principi di S. Elia, gli Sperlinga, gli Zanchì, i Petruzzello, i Montalto, gli Artale, i Guerrini e poi le famiglie Iacona, Iannì, Stivala, Giarrizzo, Colaianni Giuiusa, Bognanni, Bonaffini, ecc..

Mazara del Vallo - Via Gaetano Quattrocchi


ENNA

Museo Archeologico Enna-Palazzo Varisano, piazza Mazzini 1
Età greca arcaica
VII-VI
sec. a.C. Ceramica,
terrecotta (terrecotte figurate, oggetti di uso comune), metalli (utensili in ferro, fibule e monili in bronzo), monete Contrada Realmese,
Contrada Quattrocchi,
Valle Coniglio (Calascibetta), Capodarso, Cozzo Matrice, Rossomanno (Enna) 1 Pisside indigena a quattro piedi, necropoli Quattrocchi, VI sec. a.C.

2 Stamnos indigena dipinta a scacchiera, necropoli Quattrocchi, VI sec. a.C.

3 Cratere indigeno dipinto, fortificazioni di Capodarso, fine VI sec. a.C.

4 Scodellone triansato dipinto a motivi geometrici, necropoli Cozzo Matrice, metà VI sec. a.C

CONTRADA QUATTROCCHI - ENNA-NECROPOLI QUATTROCCHI

Percorsi pochi metri dal Duomo, si giunge a piazza Mazzini dove il primo piano dell'antico palazzo Varisano ospita le cinque sale del Museo Archeologico Regionale. Qui sono esposti numerosi reperti archeologico i rinvenuti in diverse contrade del territorio ennese. Nella sala ci sono esposti i ritrovamenti dell'età del Rame di contrada Malpasso, quelli di contrada Carcarella e alcune fruttiere, fibule in bronzo e una coppia ionica ritrovate a Realmese e risalenti all'età del Ferro. Esposti sempre in questa sala sono i ritrovamenti di altre due aree archeologiche, di contrada Quattrocchi e del centro indigeno di Campodarso. La sala II è interamente dedicata all'archeologia e alla tipografia antica di Enna preistorica, classica e medievale. La Sala III è dedicata, invece, alla situazione storico-archeologica dell'area del lago di Pergusa. Qui, il sito meglio documentato è quello di Cozzo Matrice. All'area archeologica di Rossomanno (VII-VI secolo a.C.) è dedicata la sala IV. In alcune vetrine di questa sala sono esposti anche reperti ritrovati ad Assoro, Agira, Troina, Cerami e Pietraperzia. Aree archeologiche queste ultime, che trovano spazi espositivi anche nella sala V.

 

LA VOCE DEI CITTADINI NUMERO SPECIALE RICORRENZE IL 25 APRILE ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DAL NAZI-FASCISMO N. 4 ANNO XIV APRILE 2013


Alle ore 8 del 15 dicembre 1944, legati ognuno nella propria sedia bendati, stringendo fra le mani una piccola croce che i religiosi gli avevano regalato, furono fucilati, e, dopo i tre condannati furono con le sedie ancora dove si trovavo legati, sepolti. Un’altra testimonianza ci viene offerta da un certo Brugnoli Vittorio di Parma, che il 21 Luglio del 1945, scriveva al Sindaco di Enna, per raccontare l’ assassinio del capo partigiano Vincenzo Di Mattia nella primavera del 1944, che definiva Eroe. Il nome di Di Mattia, figura nella lapide che si trova al monumento dei caduti in guerra.Inoltre si ritiene giusto dare risalto che circa 20 ennesi parteciparono alla guerra di liberazione, fra questi Salvatore Argento, ex notaio, Enrico Càccamo, ex Vice Sindaco nelle prime legislature del dopo guerra, Vincenzo Quattrocchi, già Presidente Provinciale dell’ ANPI di Enna, Salvatore Calcara, Mario La Paglia.Fra i caduti, si ricorda anche Antonio Di Dio. Diede il nome ad una divisione autonoma della Repubblica dell’ Ossola.Come anche occorre ricordare il Comandante partigiano “Nicola Barbato, nonché Pompeo Colajanni, che con a capo di 20.000 uomini fu il liberatore di Torino. Il Comune di Enna, molti anni fa, gli diede la Cittadinanza onoraria, per le sue origini di Enna, ma anche come più volte consigliere comunale, Fu anche Sottosegretario alla guerra nei governi dopo la liberazione, presidente dell’ANPI Prov. le di Enna, poi eletto Vincenzo Quattrocchi.

CALASCIBETTA

Enna e provincia: laghi, torri e castelli - 2001 - Calascibetta (Contrada Quattrocchi)

Gentili G.V.:Calascibetta (Contrada Quattrocchi). Tombe sicule a camera del tipo "Licodia"- NSc.Ser.8,15(1961-1963),201-216.

GIARRE

GIARRE - SICILIA-PALAZZO-QUATTROCCHI
La cittadina faceva parte della contea di Mascali, concessa in feudo al vescovo di Catania da Ruggero II nel 1124. Il toponimo deriva infatti dalle giare in cui venivano raccolte le decime dovute al vescovo su tutti i prodotti della terra. Il Duomo è un'imponente costruzione neoclassica, con due torri campananie gemelle, di forma squadrata. L'arteria principale è via Callipoli, fiancheggiata da bei negozi e da residenze signorili, tra i quali è degno di nota il Palazzetto Bonaventura (n° 170), in stile liberty. Al n° 154, Palazzo Quattrocchi è caratterizzato da decorazioni in stile moresco.

VIA QUATTROCCHI A GIARRE

L'area oggetto dell'intervento di recupero è posta nella zona a nord-est di Giarre, si estende dal confine del centro storico di corso Italia sino alla zona di nuova espansione residenziale ed è compresa tra le vie Quattrocchi, Tommaseo, Rosina Anselmi, corso Messina e via Santissima del Carmelo.
Recupero dell'area compresa tra le vie Teocrito, Quattrocchi e Don T. Leonardi, ricadente in zona "A" di piano, attualmente occupata da vecchi fabbricati inutilizzati; è prevista la demolizione dei fabbricati esistenti e la realizzazione di un complesso edilizio, a più elevazioni, che modifica l'impianto urbanistico dell'area, pur mantenendo il volume, la superficie e l'altezza massima esistenti.

MESSINA

PROFILI DI SPEZIALI SICILIANI TRA XIV E XVI SECOLO

G. Cosentino, Codice diplomatico di Federico III di Aragona re di Sicilia (1355-1377)

"..il quale «a puericia sua», a Messina «habitacionem et mansionem propriam tamquam compatriota civitatis eiusdem tenuerit et habuerit, partecipans semper et comunicans» con gli altri fedeli messinesi «in honoribus et oneribus universitatis nostrorum fidelium predictorum». Se, sino a quel momento, Nicola era stato trattato da cittadino messinese e dunque esentato dal pagamento dei diritti di dogana ultimamente alcuni dei gabelloti avevano sostenuto che lo speziale fosse tassabile «allegantes ipsum magistrum Nicolaum in dicta civitate non dum uxorem duxisse et propterea tamquam rendabilem in solucionibus dohanarum et aliorum iurium predictorum haberi et tractari debere»; in seguito all’intervento di re Ludovico, Nicola Quattrocchi avrebbe goduto delle immunità spettanti ai messinesi «nonobstante quod dictus magister Nicolaus non dum uxorem duxerit» a Messina. Era ancora grazie a un privilegio regio ( Federico IV dato a Messina nel 1372) Asp, R. Canc., reg. 3, cc. 105v-106 (5.3. 1347).

CATANIA

Storia della Medicina - Autore:Bernabeo A.R.Editore:ESCULAPIO-Anno:1996

Descrizione:Da empirismo a scienza applicata.La necessità di studiare i processi formativi della Medicina nei suoi aspetti pratici e scientifici ha acquisito fisionomia propria sul finire del XVII secolo con l'Histoire de la Medecine pubblicato nel 1696 dal ginevrino Daniel de Le Clerc. In Italia la cultura storico medica ha preso avvio con l'Introduzione alla Storia della Medicina Antica e Moderna del catanese Rosario Scuderi Quattrocchi, uscita a Napoli nel 1794, e con la proposta di Antonio Scarpa (16 novembre 1798) di istituire anche in Italia, come già in Francia, un Corso di Storia Ragionata della Medicina......

La Sicilia nel Settecento: Atti del Convegno di studi tenuto a Messina nei ...
Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione - 1986

... il di 21 maggio 1807 in morte del dottor D. Rosario Scuderi-Quattrocchi, ... Elogio di Monsignor Corrado Maria Deodato, vescovo di Catania recitato da ...

GIORNALE DI SCIENZE LETTERE E ARTI PER LA SICILIA
DIRETTO DAL BAR. V. MORTILLARO
PALERMO - ANNO 1840

Nel secolo XVIII , secolo avventuroso di molti sublimi ed eccellenti personaggi, nacque da Gaetano e da Venera Quattrocchi onesti, ed agiati genitori , il nostro Cavaliere Scuderi Quattrocchi il 7 Luglio 1781 in Viagrande rinomato comune per aver dato al mondo uomini di chiaro, e glorioso nome!
L'ottimo suo zio paterno, l'illustre, autore dell'opera sull'estinzione del vaiuolo, il Professore di medicina pratica nella Regia Università di Catania, il Protomedico Fracesco Maria Scuderi, preconoscendo il sommo ingegno ,si impegnò ad informargli lo spirito nel sapere. Egli corrispose alle premure dell'affettuoso suo zio. Divenuto adulto, e svincolatosi dalle pastoje grammaticali, correva nell' Atene di Sicilia, in Catania, a studiar Filosofia e Retorica, sotto la scorta del dotto, Canonico Giovanni Sardo. E siccome erasi fisso in mente di propagare il suo nome per le stampe, tanto pel possente impulso del suo brillante ingegno, quanto pel nobile spirito di emulazione, che gli destava il suo dottissimo fratello Rosario, che qual'aquila generosa alto spiccando il pensiero, erasi renduto di alta rinomanza Europea per la celebre sua opera « Introduzione alla Storia della Medicina » volle prima far capitale del melodioso idioma italiano, onde poter essere ammirato, sia come aureo scrittore, che come nobile autore. Si diè a svolger quindi , notte e giorno i classici tutti, apparò i diversi significati delle parole, le proprietà de' vocaboli, e l'uso a ben farne; studiò in somma la vera filosofia della lingua, cosicché allorquando spiccavansi le parole dalle sue labbra saresti rimasto, se parlava un nazionale Toscano, un Sanese, o pure un Siciliano. Ma a più gloriosa meta erasi diretto lo Scuderi. Apertosi nella Regia Università di Catania il concorso d'economia, agricoltura, e commercio, e spronato dall' amor della gloria , si accinse al difficile cimento ,con dodici valorosi emuli a' fianchi. Bello, preciso, arricchito delle cognizioni necessarie, di sennatezza filosofica fornito . Cosicché tutti i componenti la Deputazione nell'anno 1808 ad unanime voto Professore della Catanese Università lo salutarono. Ne gioiva Catania, ne gioiva la Sicilia, perché si coronava il merito, perché si arricchiva quel cospicuo, e vetusto Ginnasio d'un valente, d'un dotto, d'un sommo Professore ! Salito a tant'alto onore diede alla luce « La Dissertazione sulla maniera di perfezionare l'agricoltura pratica, e particolarmente la Siciliana, e le Dissertazioni agrarie riguardanti il Regno della Sicilia » amendue pubblicate in Catania l'anno 1811, le quali per quanto pregio racchiudono, non eran però, che le foriere di una sua egregia opera di tal genere, che doveva in seguilo stampare. Allora Ferdinando I Borbone conoscendo le possenti qualità dello Scuderi Quattrocchi, l'invitò a compilare un'opera sull'Economia, che fosse adatta a'giovani discenti di legge. Ed egli che avea pronto tutto il capitale per questo vasto edificio, frutto de' suoi immensi studi, e del suo ingegno straordinario, corrispose a' saggi disegni del Monarca, e nel 1827 in Napoli dalla stamperia reale pubblicò quella sua eccellente opera col modesto titolo di "Principi di Civile Economia". Tutte le più cospicue Accademie de' due emisferi lodarono a cielo una tale fatica; l'Accademia Reale delle scienze di Napoli ne diede il parere in questi termini: "Segnerebbe a di lui gloria l'epoca della Introduzione di una scienza nuova nella fecondissima Trinacria"; ed il celebre Economista Say scrisse nella Rivista Enciclopedica di Parigi un onorevole articolo per lo nostro Scuderi, articolo che tornerà mai sempre luminoso in di lui favore, «Che quest'opera contribuisce ad illuminare una nazione sopra i suoi veri interessi ». Eletto intanto dalla scientifica assemblea de' Gioenj a Segretario, scrisse egli due Relazioni accademiche ." Trattato dei boschi dell'Etna", inserita negli atti della stessa Accademia dell'anno 1828, e nel Giornale di scienze, lettere, ed arti per la Sicilia. Pubblicò pure negli atti dell'Accademia de' Georgofili Firenze, di cui era membro, ed indi fu ristampato negli Annali d'Agricoltura Italiana di Giambattista Gagliardo un suo dotto trattato sul buon governo dei boschi. Da' boschi passando alle campagne vergò una memoria sulla coltivazione delle campagne sassose; un'altra sulla rimondatura de' pini, (amendue pubblicate negli Annali del Gagliardo) una terza sulla rendita rurale venuta in luce nel Giornale di scienze, lettere, ed arti della quale dandone un favorevolissimo saggio la Biblioteca Italiana, venne poscia citata dal più robusto pensatore del secolo XIX Melchiorre Gioja nella sua Filosofia della Statistica; ed una quarta accettissima in Italia sulle rotazioni agrarie. Pubblicò ancora nel 1838 in Catania un suo aureo discorso sopra una pianta da tiglio Trifolium pratense purpureum, il quale tanto utile tornava alla scienza naturale, che tradotto in francese fece parte degli Atti Accademici del congresso scientifico di Clermont - Ferrand. Dopo d'avere scritto sull'economia, dopo d'aver parlato e sui boschi, e sulle campagne, e sulle piante, passa alla popolazione , e parla sul censo statistico della stessa, e sul progresso della popolazione di Sicilia, stampato in Catania nel 1835, ed inserito in molti giornali. Nel 1838 stampò un Discorso sull'aratro Grangè, con cui esorta tutti gli agricoltori a porlo in uso.Il Re Ferdinando II, preconoscendo che tornava di sommo utile, e a' dotti, ed agl'indotti, ed agli artisti tutti, esservi nella nostra bella Catania una società economica per dare incoraggiamento alle arti, ne compì l'opera scegliendone per Presidente, e Direttore il nostro elogiato Scuderi; ed egli corrispondendo a' voti del Monarca ne sostenne con sommo impegno, ed onore l 'incarico addossatogli. Abbiamo parlato del dotto Economista, Agronomo , Naturalista , e dello Storico, favellarci adesso del Poeta tragico, e del Poeta lirico. Diede alle stampe tre pregevoli tragedie I' Eumenide, il Fingal, e l' Erissena rappresentata poscia in Messina con felice successo nel giorno sette Marzo 1818, e con pari incontro nel 1834 a Roma. Il giornale enciclopedico di Napoli lauda molto queste tragedie, ed in Firenze se n'è data una seconda edizione. I più esimi Letterati Italiani insomma ne hanno esternata la più vantaggiosa, e felice opinione. Scrisse pure il Vespro Siciliano, alto, e scabroso lavoro, col quale diè prova di tutto il suo ingegno, e della sua fantasia, del pari, che della sua non ordinaria perizia in così eccelsi, e magnifici componimenti. Questa fu l'ultima tragica fatica dello Scuderi.
Nel 1813 in Palermo stampò un volume di sue poesìe fra le quali "la salita sul nostro famoso Etna", lumeggiata co' veri tratti della più brillante, ed erudita poetica fantasia. Scrisse un "Carme sul bello" in vari giornali decantato, argomento sublime, e proprio soltanto de' dotti maestri dell'arte: vari Inni, una cantica "L'Indica Luce" due componimenti per l'immortale, ed insigne Bellini, ed alcuni cenni sopra il Padre della Poesia Italiana.
Essendo perdutamente adoratore delle vetuste Deità pagane , che la mitologia tanto ci consagra , pubblicò nel Giornale di scienze lettere, ed arti un Dialogo di argomento romantico titolato "Pacuvio, Bonifacio, e Porfirio". Per quanto si sforza a sostenere una falsità conosciuta da tutti i sapienti del secolo decimonono, altrettanto è rara composizione. Resosi così di fama Europea venne ascritto onorevolmente quasi in tutte le Accademie italiane, e straniere; fu Vicedirettore dell'Accademia Gioenia di Catania, socio corrispondente dell'Accademia Reale delle scienze, e del Reale Istituto d'incoraggiamento di Napoli, dell'Accademia Colombaria Fiorentina, della Società Senkenbergiana de' curiosi della natura di Frankfort sul Meno, dell'Agraria di Pesaro, della Società di Storia Naturale di Francia, e di quella di Boston in America, e di tante altre, che per amor di brevità tralascio. Tenne letteraria corrispondenza coi più dotti dell'età sua. Nel dì 12 gennaro del 1832 fu decorato dalla Croce di Cavaliere del Real Ordine di Francesco Primo; onore compartito a' più cospicui letterati del regno. Nel 1813 sedè in Palermo membro del Parlamento rappresentante del Distretto di Catania. Nei 1828 fu Consigliere Provinciale, e nel 1829 elevato al grado onorevole di Consigliere d'Intendenza della Valle di Catania ne sostenne con laude i doveri come integerrimo, forte, e saggio magistrato. Amò il giusto, ed il retto; non macchiò mai la su nobile anima di qualche turpe azione; non defraudo alcuno di quegli onori, che si meritava, come mai sempre osservossi ne' sani, ed imparziali giudizi, che senza prevenzione alcuna profferiva negli scabrosi cimenti dei concorsi alle letterarie cattedre. Non avviliva alcun competitore, o alcun giovane, anzi gli additava i sentieri, gli compartiva delle laudi, e l' incoraggiava a proseguire con sommo impegno nell'apertasi carriera. Amabilissimo nelle maniere, gentile ne' tratti, e dolce, e cortese nell'espressioni. Amava sempre il pubblico bene, e se ne rendeva il garante, il sostegno in tutte le occasioni, che da lui dipendevano. Era di giuste membra , aveva alta e larga la fronte, occhio penetrante e vivo, pelle tra il bianco, e l'olivastro, di corpo asciutto; somma serietà letteraria, difficile al riso, con petto elevato incedeva, comechè a cose sublimi aspirasse. In grembo alla nostra sacrosanta Religione dagli uomini di lettere, dagli amici, non che da' suoi parenti compianto cessò di vivere in Catania il giorno quattordici gennaro 1840. Con solenne funebre pompa fu tumulato in Viagrande.

VIAGRANDE (Catania) - Il paese è caratteristico per la sua eleganza ed è caratterizzato dalla maggior parte da ville e dall'assenza di palazzoni. Il territorio comunale si estende da San Giovanni La Punta quasi fino all'inizio del centro abitato di Zafferana Etnea. Viagrande fa parte del comprensorio catanese, infatti è usato un dialetto di tipo catanese, anche se il suo centro abitato è pressoché unito a quello di Aci Sant'Antonio, dove viene parlato un dialetto di tipo acese. Viagrande ha al suo interno il Monte Serra, antico cono vulcanico, il più basso dal livello del mare, famoso per il suo omonimo parco naturale.

IMPRESE E CAPITALI STRANIERI A CATANIA TRA 800 E 900.
Gaetano Calabrese
LA COSTRUZIONE DELLA CIRCUMETNEA

Approvata la legge 29 luglio 1879, n. 5002, con la quale il Governo si impegna a concedere, con il concorso di sei decimi della spesa complessiva, alle province e ai comuni, da soli o riuniti in consorzio, 1530 Km di ferrovie secondarie, gran parte delle province italiane, per dotare il proprio territorio di mezzi rapidi di locomozione, progettano di realizzare linee ferroviarie. Vi è una vera corsa in tutto il paese per usufruire dei vantaggi che le ferrovie apportano ai commerci e alla sicurezza del territorio. Nella provincia di Catania, il ceto mercantile e parte delle élites politiche locali mirano a costruire una ferrovia che tocchi i paesi siti sulle faldedell’Etna, da Adernò e Randazzo fino a raggiungere Riposto, allo scopo di attrarre verso il porto di Catania le merci provenienti da alcune delle zone più ricche della Sicilia orientale: Adernò, che con i suoi prodotti agricoli e mineralogici occupa 1/15 del movimento del porto di Catania, e Giarre - Riposto il cui commercio vinicolo e del legname confluisce prevalentemente verso Messina.
Il 15 febbraio 1884 l’Assemblea dei delegati elegge nove amministratori (Floristella, Raddusa, Gagliani, Vagliasindi, Quattrocchi, Scuto, Fiamingo, Pizzarelli, Sciacca) e un presidente (marchese di Casalotto). Nella stessa seduta il marchese di Sangiuliano fa pervenire una lettera da Roma (3 febbraio 1884) nella quale esprime il suo punto di vista sul progetto: “Anzitutto, io reputo necessario che senza il menomo indugio s’ottemperi alle modificazioni richieste ... e si esegua la revisione e riduzione dell’estimativo, ... Raccomando pure che, senza
Il 23 maggio 1889 il Governo accorda al Consorzio, ed in rappresentanza di esso alla Società siciliana di lavori pubblici, la costruzione e l’esercizio di una ferrovia a scartamento ridotto denominata circumetnea. Il contratto è stipulato tra il Governo (rappresentato da Giolitti e Finali), il Consorzio (Grassi, Quattrocchi, Leonardi, Fiamingo) e Robert Trewhella. Il concorso a carico dello Stato ammonta a 6/10, compreso il materiale mobile, sul costo totale di lire 15.300.000, mentre quello del Consorzio a 4/10, da pagarsi in nove anni (nove rate annuali senza interessi) a decorrere dal 1893.

BEATI MARIA E LUIGI BELTRAME QUATTROCCHI

Notizie tratte da MOIA, Luciano “Beati Genitori”, ed. Ancora, 2001, pp. 35-44

Luigi Beltrame nacque a Catania il 12 gennaio 1880; adottato da uno zio senza figli, che gli dà il suo cognome, Quattrocchio, si trasferisce con lui a Roma dove studia Giurisprudenza. Qui conosce Maria Luisa Corsini, figlia unica di quattro anni più giovane. Luigi fu avvocato generale dello Stato; Maria, una scrittrice assai feconda di libri di carattere educativo. Il Papa li ha beatificati il 21 ottobre 2001, nel ventesimo anniversario della Familiaris Consortio. In quell’occasione, per la prima volta nella storia della Chiesa abbiamo visto elevata alla gloria degli altari una coppia di sposi, beati non “malgrado” il matrimonio, ma proprio in virtù di esso. Il padre Carlo, funzionario di prefettura di origini friulane, era stato trasferito in Sicilia subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Poi, sempre per ragioni di carriera, la famiglia passa a Guastalla, poi a Casalmaggiore, infine ad Urbino. Quando si tratta di iniziare gli studi universitari, Nel 1898 si iscrive alla Facoltà di Legge dell’Università di Roma, dove si laurea nel 1902 con una tesi sull'Errore nel diritto penale”. 24 giugno 1884: Maria Corsini nasce a Firenze. La sua è una delle famiglie più antiche della città. Tra gli antenati conta anche un papa, Clemente XII, al secolo Andrea Corsini. Il padre di Maria, Angiolo, è ufficiale dei Granatieri di Sardegna e viene quindi trasferito spesso da una città all’altra. Nel 1893 la famiglia Corsini approda a Roma.Nel 1899 Maria e Luigi cominciano a frequentarsi grazie alla comune amicizia delle famiglie.Il 25 novembre 1905 si sposano nella basilica di Santa Maria Maggiore.Il primo bambino, Filippo (oggi don Tarcisio), nasce il 15 ottobre 1906. La secondogenita Stefania, detta Fanny (suor Maria Cecilia) viene al mondo il 9 marzo 1908 e il 27 novembre 1909 nasce il terzo figlio, Cesare (oggi padre Paolino). Il 6 aprile 1914 nascerà la quarta figlia, Enrichetta , al termine di una gravidanza difficilissima. Crescendo abbracceranno tutti la vita religiosa.Nel 1910 Luigi entra nell’Avvocatura erariale e percorrerà questa strada fino ai massimi vertici, diventando, a metà degli anni trenta, Viceavvocato generale dello Stato. Ma nel 1939 Luigi rifiuterà la promozione ad Avvocato generale dello Stato, per evitare di essere inserito d’ufficio nelle gerarchie del fascismo.

STABILIMENTI BALNEARI A CATANIA

Lido Arcobaleno di Quattrocchi Sarina Lido Arcobaleno - VIALE KENNEDY PRESIDENTE 19 - Catania

 

MASCALI

La Storia di Ottavio Quattrocchi

È morto il 14 Luglio 2013 a Milano Ottavio Quattrocchi. Aveva 76 anni e in Italia quasi nessuno sapeva chi fosse, ma in India era un uomo celebre e la notizia della sua morte ha avuto grandi attenzioni. Era amico intimo della famiglia Gandhi, uomo d’affari, mediatore e intermediario: ed è stata la figura centrale di uno dei più gravi scandali politici della storia indiana recente ". Venne inseguito in tutto il mondo dalle autorità indiane per quasi vent’anni, prima che le accuse contro di lui venissero archiviate nel 2005. Ottavio Quattrocchi era nato a Mascali, in provincia di Catania, nel 1938. Arrivò in India la prima volta negli anni ’60, come rappresentante della Snamprogetti, la società di ingegneria dell’ENI. Nel 1974 Quattrocchi e la sua famiglia cominciarono a frequentare la famiglia Gandhi, la dinastia che domina la politica del paese da prima ancora che il paese nascesse. In poco tempo divennero amici di Rajìv Gandhi, di sua madre Indira, all’epoca primo ministro dell’India, e della moglie italiana di Rajìv, Sonia: come scrisse un giudice indiano, «cibo italiano e altri regali venivano spesso scambiati tra le due famiglie. Quattrocchi divenne molto vicino a Rajìv e sua moglie». Lui stesso disse in un’intervista: «Sono orgoglioso di essere amico dei Gandhi». Ma questa amicizia aveva anche altri risvolti, oltre ai regali, almeno secondo alcuni giornalisti, politici e magistrati indiani. Vishwanath Pratap Singh, ministro delle finanze sotto il governo di Rajìv e poi suo successore, disse che lo stesso Rajìv era intervenuto per spingerlo a concedere un appuntamento a Quattrocchi e che negli accordi che riusciva a ottenere c’era l’ombra dei suoi legami «con funzionari e politici». Alcuni giornali indiani scrissero che l’influenza di Quattrocchi sul primo ministro era così elevata che quando entrava in un ufficio «i funzionari si alzavano in piedi». Secondo alcuni giornalisti, Quattrocchi in diversi anni di attività sarebbe riuscito a far ottenere dal governo indiano circa 60 progetti alla Snam. Per quanto in molti abbiano sollevato sospetti sul metodo con cui questi appalti venivano assegnati, Quattrocchi non venne mai indagato. Almeno fino allo scandalo Bofors. Nel 1984 il ministero della Difesa indisse una gara per assegnare una fornitura di nuovi cannoni all’esercito indiano. Il cannone prodotto dalla francese Sofma venne giudicato il prodotto più adatto. Nei test aveva dimostrato di essere in grado di sparare fin quasi a 30 chilometri, una delle condizioni che l’esercito indiano aveva richiesto per la fornitura . L’ordine, nonostante le proteste dell’esercito, venne invece assegnato all’azienda svedese Bofors,che produceva un cannone con una gittata massima di poco più di 20 chilometri. Lo scandalo cominciò nel 1987, quando una radio svedese trasmise un’inchiesta in cui si accusava la Bofors di aver pagato tangenti per vendere i propri cannoni. In poco tempo i giornalisti indiani pubblicarono alcuni brani dei diari dell’amministratore della Bofors in cui era scritto: «Il coinvolgimento di Q. potrebbe essere un problema per via della sua vicinanza a R.» Per l’opposizione e per molti giornalisti Q. non poteva che essere Quattrocchi e R. il suo amico e allora primo ministro Rajiv Gandhi. il suo amico e allora primo ministro Rajìv Gandhi. Lo scandalo costò a Rajìv le elezioni del 1989, che vennero vinte dal suo ex ministro delle finanze Singh, che nel frattempo era stato cacciato dal governo ed espulso dal partito, secondo alcuni proprio perché aveva cominciato ad indagare sugli appalti per la difesa, tra cui quello per i cannoni Bofors. Le elezioni del 1989 furono una delle peggiori sconfitte nella storia del Congresso Nazionale Indiano, il partito di Rajìv ora al governo e presieduto dalla sua vedova Sonia. Le indagini sullo scandalo intanto procedevano lentamente e soltanto nel 1993 una banca svizzera rivelò il nome del titolare del conto sul quale gli investigatori ritenevano fossero passate le tangenti: si trattava di Ottavio Quattrocchi. Il Central Bureau of Investigation indiano chiese il permesso di interrogarlo e che gli venisse sospeso il passaporto. Poco prima di venire interrogato, la notte tra il 29 e il 30 luglio 1993, Quattrocchi partì da Nuova Delhi e raggiunse Kuala Lumpur, in Malèsia. Da quel giorno cominciò una specie di gara intorno al mondo tra Quattrocchi e la Central Bureau Indiana. Quattrocchi rimase per alcuni anni in Malèsia, poi tornò in Italia e quindi si spostò in Argentina. Quasi ovunque andasse la CBI cercava di ottenere la sua estradizione, ma senza mai riuscirci. Ad esempio, nel 2003, non riuscì a presentare i documenti per l’estradizione entro i termini fissati perché non aveva preso in considerazione una settimana di vacanza dei tribunali malesi. Quando in Argentina Quattrocchi venne arrestato per un mandato di cattura dell’Interpol, la CBI non riuscì a ottenere l’estradizione perché aveva presentato alcuni documenti sbagliati. Il giudice argentino condannò l’agenzia a pagare le spese del processo. Alcuni giornalisti indiani hanno sostenuto che spesso la Central Bureau of Investigation, agì di proposito con lentezza e inefficienza nel presentare le varie richieste.Il caso Bofors continuò a rientrare nel dibattito politico indiano ogni volta che nuovi documenti venivano pubblicati o quando la CBI o qualche altra autorità investigativa tentava un procedimento legale. Nel 2005 se ne tornò a parlare perché il nuovo governo guidato dal partito di Sonia Gandhi scongelò due conti bancari di Quattrocchi su cui erano depositati diversi milioni di dollari. La CBI era contraria allo scongelamento, ma prima che la Corte Suprema potesse decidere il denaro era già stato ritirato. All’epoca, Sonia Gandhi e il governo vennero duramente criticati dall’opposizione. Dopo 24 anni dall’inizio dello scandalo e quasi più di 20 dall’apertura delle prime indagini nei confronti di Quattrocchi, il caso venne chiuso il 4 marzo del 2011, quando un tribunale archiviò tutte le accuse. Nell’ordinanza lunga 73 pagine, il giudice scrisse che la CBI, nonostante avesse speso parecchie energie per circa 21 anni, «non è stata in grado di produrre una qualunque prova legalmente solida per dimostrare le sue accuse. Inoltre, per le indagini sul caso di Quattrocchi , che avrebbe ricevuto tangenti per 640 milioni di rupie , la Central Bureau of Investigation indiano ha speso fino al 2005 circa 2,5 miliardi di rupie, il che è un incredibile spreco di denaro pubblico».
Fonte di notizie ilpost.it.


Il Comune di Mascali

Mascali Abitanti: 11.009 Superficie: 38 kmq Altezza s.l.m.: 18 m Distanza: 34 km da Catania : nel versante orientale dell'Etna, presso la costa ionica (è il più a valle dei comuni del Parco dell'Etna). Mascali storia Cenni storici: Antiche le origini del nome. Ne parla Strabone nel 45 a.C. indicandola col nome di Maschàle. Per alcuni storici l'antica Mascari sarebbe la continuazione di Etna, fondata da Gerone dopo la distruzione di Catania; per altri storici Mascari era il nome di alcuni popoli che si erano stabiliti a sud del territorio orientale del vulcano. Altri ancora sostengono che Mascali derivi dal greco Mascalis che significa "dei rami", cioè boscoso. La contea di Mascali fino alla metà del XVIII secolo è stata proprietà dei vescovi di Catania. Sotto il Principe di Capua, a partire dal XVII secolo, è divenuta un centro di interesse economico. Le concessioni delle terre furono avviate dai vescovi Massimo e Bonadies. Il paese conobbe un notevole sviluppo e la prevalente massa di reddito prodotta scaturiva dall'agricoltura. La terra era in gran parte coltivabile ed il terreno ritenuto come uno dei più fertili della Sicilia grazie anche alla presenza di numerosissime sorgive. Il prestigio che andò assumendo pian piano era legato alla potenza dell'amministratore Real contea, che disponeva della più ampia autorità in tutto il territorio. Mascali è stato più volte danneggiato da colate laviche, ultima quella del 1929 che lo distrusse quasi totalmente. Economia: Prodotti agricoli: agrumi (limoni in particolare), uva, cereali, mandorle. Industrie ed Imprese: cartiere, molini, pastifici, piccole industrie metalmeccaniche, fabbriche di materiali da costruzione. Beni monumentali:Moderna è la grandiosa Matrice, a cupola, di forme classicheggianti. Nell'abitato vi è inoltre una chiesetta di rustiche forme settecentesche. Mascali oggi: Oggi è un centro di villeggiatura estiva, ha una sviluppata coltivazione agrumicola e viticola e vi operano piccole industrie operanti nei settori cartieri, molinitori e dei materiali da costruzione. Biblioteche e Musei: Biblioteca comunale. Ricorrenze: 6 novembre: festeggiamenti in onore di San Leonardo, patrono di Mascali. Agosto: sagra del mare. Progetto Etn@online Posizione

 

ACI CATENA

SALVATORE QUATTROCCHI. Nacque in Aci Catena il 16 Settembre 1736 da Michele ed Agata Barbagallo - morì 11 dicembre 1821. Col nome di Euremo Malvetide fu annoverato fra i Palladi di Catania. Il distintivo del suo poetare è la forza in tutti e tre gli idiomi dei quali si valse in espressioni e concetti. Lirico e cantore, molto apprezzato, si applicò alle mediche scienze, ad imitazione del Redi, non deposta la cetra.

ACIREALE

Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici

L'Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici è un'accademia con sede ad Acireale (CT). Fondata nel 1671 viene considerata come la più antica di Sicilia ed una delle più antiche d'Italia. L' importante biblioteca e pinacoteca Zelantea, oggi comunale, deriva da essa il nome. Le opere dei soci sono annualmente raccolte e pubblicate nei volumi Memorie e Rendiconti.

BAFIA di CASTROREALE

QUATTROCCHI-TOMBE-SICILIA (BAFIOTI) - articolo di Nino Quattrocchi


Oggi dell’antica chiesa di S. Carlo purtroppo non rimane più alcun segno. Resistono, invece, i sotterranei con il loro sofferto carico di generazioni e generazioni di genti bafiote. In quelle cristiane tombe, infatti, ci sono tuttora gli avi degli Aliberti, dei Barresi, dei Bellinvia, dei Bello, dei Biondo, dei Bonvegna, dei Buglisi, dei Calcagno, dei Canzano, dei Catalfamo, dei Celi, dei Chillari, dei De Pasquale, dei Donato, dei Fazio, dei Gemelli, dei Genovese, dei Germanò, dei Guerrera, degli Italiano, dei Lo Presti, dei Mirabile, dei Motta, dei Papale, dei Paratore, dei Piccolo, dei Presti, dei Prestipino, dei Puglisi, dei Quattrocchi, dei Rao, dei Rappazzo, dei Ravidà, dei Recupero, dei Rundo, degli Scilipoti, dei Sofia, degli Stroscio, dei Torre, dei Trifilò, dei Triolo, dei Trovato. E chissà di quante altre famiglie ancora.
Identificata dagli storici con l'Antica Città Sicana di Krastos e con il leggendario castello Artemisio, Castroreale affiora con certezza alle vicende della storia a partire dall'età Normanno-Sveva, quando l'insediamento originario appare come semplice casale con la denominazione di Cristina o Crizzina.

MISTRETTA

LAGO URIO QUATTROCCHI

URIO LAKE

Sax soprano: Alessandro Zangrossi - Musica di Gilberto Quattrocchio (free download mp3)

Il Lago Urio Quattrocchi (1030 m.s.l.m.), è un piccolissimo laghetto di forma circolare, molto piacevole da visitare poiché ospita diverse specie di uccelli acquatici. Si trova nel territorio comunale di Mistretta(Messina), alle pendici del Monte Castelli. E' circondato da un'area attrezzata. Da qui parte la dorsale dei Nebrodi, la quale arriva a Floresta.

Foto: Roberto Patroniti

CASTEL DI LUCIO

CASTEL DI LUCIO - Sicilia - di Pasquale Passarelli, Adele Falasca - 2005

L'abitato, su uno sperone roccioso dominante la valle del torrente Tusa, ... della Bottega Quattrocchi, risalente al XVI secolo; l'oratorio di S. Carlo ...

Storia - L’originario nome era “Castelluccio” dal piccolo castello che si trovava sulla rocca. Fu soggetto a Francesco I Ventimiglia dal 1330, data in cui doveva avere la consistenza di un villaggio attorno alla fortezza. Nel 1267 non risulta citato nel censimento della Chiesa di Cefalù riportato in un diploma di Papa Alessandro III, il che ci fa supporre che se ci fosse stata preesistenza doveva trattarsi solamente di un incastellamento o fortificazione di epoca Saracena. Assunse notevole importanza sotto il dominio dei Ventimiglia per la sua posizione strategica di controllo della vallata del fiume Tusa, essendo collegato visivamente con la torre di Migaido e questa a sua volta con Pettineo. Dal 1480 al 1634 furono molti i Signori di Castelluccio: Matteo Speciale, Nicola Siracusa, i Lercano, gli Ansalone, i Timpanaro ed i Cannizzaro. Di questi ultimi Francesco nel 1726 fu nominato con diploma di Carlo VI primo Duca di Castelluccio. Nel XVI secolo si contarono 1617 abitanti in 346 case, nel XVII secolo l’incremento della popolazione fu lieve, 1695 abitanti e 528 case. Non vi furono variazioni rilevanti nel XVIII secolo.

EOLIE-LIPARI-PANORAMA QUATTROCCHI

Da Lipari, la strada conduce al Belvedere dei Quattrocchi, che offre un bel panorama su Vulcano, e passa in seguito per Piano Conte. Da li', potrete recarvi alle Terme di S. Calogero le cui acque salso-solfato-bicarbonato-sodiche, che sgorgano ad una temperatura di 600 C., sono molto efficaci per il trattamento delle malattie della pelle, per l'artrosi e per i reumatismi. Vicino alle sorgenti si trova una grotta sudatoria che risale all'epoca romana. È possibile anche fare l'ascensione del Monte 5. Angelo (594 m.) da Piano Conte in un'ora circa. Bellissimo panorama su tutta l'isola e su Vulcano. Dopo Piano Conte la strada raggiunge il nord dell'isola e il pittoresco paesetto di Quattrocchi situato in mezzo ai vigneti. Si può ritornare da Acquacalda e Canneto, dalla strada già descritta, ma nessun autobus ne fà il giro completo .http://digilander.libero.it/muleweb/damessin.htm

8 SETTEMBRE-Lipari Pellegrinaggio da Lipari al Santuario di Quattrocchi -- http://www.ilcerchiomagico.com/agenda.html

TERMINI IMERESE

CENNI E DOCUMENTI STORICI - RIVOLUZIONE 1860 - IGNAZIO QUATTROCCHI


Termini non fu scorata dall'infausta notizia; il 5 aprile alzava la bandiera tricolore; il 6 sosteneva un inutile cannoneggiamento del forte soprastante; spedì due guerriglie numerose, comandate l'una dai signori Ignazio Quattrocchi e Liborio Barranti, e l'altra dal signor Loreto Grimi da Altavilla, nelle pianure di Palermo, ben provviste d'armi munizioni e denaro: inviò proclami nei vicini paesi, ed aiutò con ogni mezzo la rivoluzione che fervea nei d'intorni della capitale e di Carini. Quando costretti i nostri a retrocedere ed occupare le montagne che circondavano la suddetta capitale, sopraffatti dal numero dei soldati e dagli sgherri del dispotismo, ebbe Termini a soffrire (25 aprile) la presenza dell' insolente e vile Primerano comandante una colonna di 1200 uomini, artiglieria e cavalli, la quale di già era stata preceduta tre giorni prima (il 22) da due altre compagnie, che con tutta mala fede ci spogliò di tutte le armi (400 e più fucili) cotanto necessarie in quei supremi momenti. L'anno 1860, il giorno 17 maggio in Termini. Scrutinio per il Comitato del Distretto e Città di Termini .... 1. il sig. dottor D. Liborio Arrigo; unanimità di voti per tutti i ceti e per le votazioni particolari num. 287 voti. — 2. Sig. doti or D. Agostino Quattrocchi, votazione unanime di tutti i ceti, meno del ceto de' marinari, e per votazioni particolari 284 voti.—3. Sig. D. Salvatore Coppola, votazione unanime di tutti i ceti, meno del celo dei marinari, e per le votazioni particolari numero 268 voti.
19 maggio 1860 — Deliberazione. Il Comitato delibera:
1. Per dare assetto agli affari di guerra, il Comitato ha scelto dal suo seno il signor D. Liborio Arrigo col titolo di Presidente del Dipartimento della Guerra del Comitato distrettuale di Termini, e per membri dello stesso i signori Giuseppe Cangi, e il dottor Agostino Quattrocchi.
2. l sudetti restano incaricati per tutto ciò ch'è relativo a quel ramo di pubblico servizio, nonchè pel pagamento delle squadre, e di ogni genere che dovrà farsi col mandato a firma degli stessi. S. Coppola Presidente — (seguono le firme).
20 maggio 1860. Signore — Alle ore 15 d'Italia è giurito il corriere con un invito del giorno d'oggi stesso, per partire subito le guerriglie comandate dai sig. Barranti e Quattrocchi, e questi presentatisi a questo comitato hanno dichiarato di essere pronti a partire, e giungeranno in Altavilla domani sul far dell'alba, 21 maggio corrente. Le serva per sua intelligenza. Firmati : Ignazio Quattrocchi, Liborio Barranti. Il Comitato : ( seguono le firme ). Al Comandante Luigi La Porta.
21 maggio 1860. Signore — Questo Comitato le invia una squadra comandata dal signor Giuseppe D'Anna da Trabia composta di più che 200 uomini, provveduti d'armi, munizioni e denaro. Ieri le abbiamo spedito altre due guerriglie comandate da' signori Liborio Barrante, Ignazio Quattrocchi, sacerdote Nicolo Sunseri e signor Loreto Grimi, ben provvisti d'armi, munizioni e denaro.
24 maggio 1860. Si domanda al Presidente d'Altavilla il verbale della proclamata Dittatura. Poi si soggiunge : Sentiamo che la guerriglia di costà sia partita unitamente a Barranti, Quattrocchi, Sunseri, La Porta, che Dio li coroni dell'alloro immortale della vittoria, affinchè un dì i più tardi nipoti abbino il contento di dire, che anco i loro padri combatterono la redenzione d'Italia. Il Presidente.
6 giugno 1860. Era il meriggio e le chiavi non comparivano, si videro negli spalti i carcerati. Il popolo si slanciò di repente sull' opere avanzate, cominciò una baruffa pei fucili contorti e spezzati lasciati colà a bella posta per far nascere un cittadino conflitto; restarono però delusi, perchè nulla accadde di sinistro. il Comitato mandava il Dr. Agostino Quattrocchi a mettere la tricolore bandiera su quell'albero stesso, dove momenti prima sventolava la napoletana. Allora le campane suonarono a stormo, ed i musicali strumenti salutarono in mezzo alle fragorose evviva il sospirato vessillo tricolore. — La Fregata non era partita, e nel Castello lutto fu messo in soquadro. I regii portarono seco cannoni e tutto quanto era munizione di guerra, gittando solo in mare non poche palle di cannone. Alle 4 poni. la fregata salpate le ancore, avviavasi alla volta di Messina dopo d'avere spedito una lancia parlamentare a consegnarci le chiavi.
7 giugno 1860. Signore — Si presenta a lei il signor Giuseppe Balsamo naturala di questa con animo di seguire a prestar costà la sua opera in difesa della patria, come fin' ora l' ha prestato degnamente in questa, finchè i regi che stavano rinchiusi nel forte minacciavano continuamente di tentare delle sortite in Città, onde spegnere la rivoluzione siciliana. Io lo raccomando caldamente qual giovane egregio e valoroso. Lo stesso ufficio si fece pei signori come sotto: Signor Paolo Gullo d'Antonino — Sig. Antonino Dominici — Giovanni Quattrocchi fu Giuseppe — Biagio Ganci di Giuseppe.
26 maggio 1860. Una commissione straordinaria , ordinata dal comando generale di Gibilrossi fu spedita a Cefalù, onde fare riattivare la esazione delle tasse, e fare dichiarare Garibaldi Dittatore di Sicilia durante la guerra. Questa commissione composta dai signori Rosario Salvo, Liborio Arrigo ed Agostino Quattrocchi, si portò sul luogo il giorno 26 maggio, e adempì con zelo e patriottismo a questa missione.
Altavilla 21 maggio 1860. Signore — Accusiamo la recezione dell'officio n. 48, chiedente la deliberazione per la Dittatura dell'Illustre Generale Garibaldi Aiutante di Campo di S. M. Vittorio Emmanuele II. Trovandosi l'ora avanzata e non utile alle operazioni da praticare, saremo domattina a perfezionare e spedire il deliberato con pedone. — Questa mattina è partita di qua la vostra squadra comandata da Quattrocchi, Barranti e Sunseri, ed un'altra piccola di Baucina, si diressero per Casteldaccio e Bagheria, ove trovasi il comandante Frena, e di là si porteranno in Misilmeri.
Il Presidente: Antonino Sanfilippo Vice Presidente: Giovanni Notar Sant'Angelo.

Collezione di leggi, decreti e disposizioni governative compilate dall'avvocato Nicolò Porcelli, 1860

ITALIA E VITTORIO EMMANUELE


Giuseppe Garibaldi
Comandante in capo le forze Nazionali in Sicilia. In virtù dei poteri a lui conferiti, Sulla proposizione del Segretario di Stato della Sicurezza Pubblica; Udito il consiglio dei Segretari di Stato,- Decreta: Art. 1. Il signor Ignazio Quattrocchi è nominato Comandante dei Militi a Cavallo del Distretto di Termini, ai sensi del Decreto d'istituzione, e del regolamento che vi fa seguito. Art. 2. Il Segretario di Stato per la Sicurezza Pubblica e quello delle Finanze sono incaricati dell'esecuzione del presente Decreto. Palermo, 3 luglio 1860. Firmato — G. Garibaldi. Il Segretario di Stato della Sicurezza Pubblica L. La Porta. Per copia conforme Il Segretario di Stato : Gaetano Baita.

PELLICCIARI - IL RISORGIMENTO DA RISCRIVERE

Quarta conferenza del ciclo di otto che il Centro Studi Civitanovesi di Civitanova Marche ha organizzato nell'ambito delle iniziative dedicate al 150 Anniversario dell'Unità d'Italia. La conferenza si è tenuta Sabato 20 novembre 2010, alle ore 21.30, presso il teatro Pier Alberto Conti di Civitanova Marche. Relatore la prof.ssa Angela Pellicciari. Sul tema della Falsa arretratezza della Chiesa Cattolica e la Cancellazione e l'Appropriazione dei Beni degli Ordini Monastici. Ha introdotto e concluso il dott. Alvise Manni, presidente del Centro Studi Civitanovesi. Ripresa e editing di Sergio Fucchi 2010.

VIDEO

RISORGIMENTO DA RISCRIVERE

Storia della Rivolta del 1856 in Sicilia:

Organizzata dal Barone Francesco - di Franco Spiridione - 1899

Pagina 27...rispose: Porterai una lettera al medico Agostino Quattrocchi. Ricevuta difatti la lettera il Dina partì per la sua destinazione...

Ricordi di un trentatre: il capo della massoneria universale. 1. ed - di Domenico Margiotta - 1895

 

Massoneria e Società Segrete nel Risorgimento italiano
La Croce e il Compasso. A Trent'anni dalla dichiarazione Vaticana sulla Massoneria

VIDEO

1. Massimo Introvigne - Che cos'è la Massoneria. Il Problema delle Origini e le Origini del Problema.


2. Marco Invernizzi - Massoneria e società segrete nel Risorgimento italiano


3. Giancarlo Cerrelli - Le Tappe Magisteriali e la portata Giuridica della "Dichiarazione sulla Massoneria" del 1983

 

PEDIGREE CHARTS OF ANCESTORS

Battaglia, Maria Battaglia, Fasone, Graziano, Vaianisi, Quattrocchio Vaianisi, Vincenza or Quattrocchi, Domenica.

ALBERO GENEALOGICO FAMIGLIA ARMANDO QUATTROCCHI - ELSA PERUTO

La Scalinata di Via Roma

Scalinata monumentale realizzata alla fine del XIX secolo. Su di essa prospettano alcuni edifici storici tra cui la torre medievale ed il Collegio dei Gesuiti, già adibito a Tribunale. Iniziando la salita subito a sinistra, l’occhio attento del passante si imbatte in un compatto blocco di pietra (forse un ex portale) che in un prospetto reca incisa una frase dedicata alla Madonna quasi a volerci ricordare, se mai ve ne fosse stato bisogno, che Termini è città mariana. A questo proposito è giusto ricordare che le tre processioni dell’Immacolata, la cui festa nella nostra città è particolarmente solennizzata, attraversano tutte la via Roma; oltremodo spettacolare e “a scinnuta ra Maronna ranni” ovvero del simulacro ligneo del Quattrocchi che si conserva nella Chiesa Madre e che l’otto di dicembre, in solenne processione, la percorre lentamente in discesa tra le lodi dei fedeli e le grida invocanti dei portatori che sorreggono il peso del fercolo reso ancor più instabile e pesante dal dislivello del percorso.

CALTANISSETTA

Nell'anno 1855 il pittore Gaetano Quattrocchi realizzò un'opera di San Michele che fu definita raffaellesca e che influenzò le immagini dei santini in ambito nisseno.

SIRACUSA

Nuova architettura italiana - di Agnoldomenico Pica - 1936
Casa-Quattrocchi Siragusa
193 Ortensi (Dagoberto) 102 Pagano (Giuseppe)26 Quaroni 96 Quattrocchi 21 Querzoli (R.) 104 Rapisardi (Gaetano) 21

MELILLI - PRESEPE VIVENTE

Melilli (SR). 2008 - Il "Convento dei Padri Cappuccini” rinnova l'appuntamento con il presepe vivente. Fortemente voluto dal dinamico Fra Rocco Quattrocchi, con il patrocinio dell'Amministrazione Comunale, il Presepe Vivente coinvolge i giovani volontari “Amici di San Francesco”, che danno vita alla rappresentazione della società del tempo di Gesù.

PATERNO'

 

 

Quattrocchi. “Quattr’occhi”: 1) scherzosamente chi porta gli occhiali (De Felice); 2) “persona molto avveduta” (Caracausi). • Attestaz.: Angelus Quatuoroculi, Sicilia, 1310.

mp3

i_2000 Cognomi_di_Paterno

Archivio storico multimediale del mediterraneo


Documentale 1322 giugno 15 indizione V Paternò Pietro de Marca abate dei monasteri di UD410000081 162 Identificazione Regesto Attori Trascrizione Compilatori Bibliografia Multimedia Denominazione Data Topica Paternò Estremi Cronologici sec XIV 1322 giugno 15 Regesto 1322 giugno 15 indizione V Paternò Pietro de Marca abate dei monasteri di Santa Maria di Licodia e dei Santi Leone e Marco concede ad enfiteusi perpetua a Guglielmo de Montalto detto Trumbetta abitante di Paternò due casali adiacenti ex parte meridie posti nel borgo di Paternò per la somma di 2 onze da corrispondere annualmente nel mese di febbraio nel giorno della festività di San Leone Codice di identificazione UD410000081 162 Segnatura archivistica perg 162 Segnatura archivistica precedente 1 60 G 35 Estremo Remoto sec XIV 1322 giugno 15 Estremo Recente sec XIV 1322 giugno 15 Indizione V Data Topica Paternò Soggetto produttore De Notario Francisco Petrus Tipologia del materiale scrittorio Pergamenaceo Forma del documento Chirographi Secolo di produzione XIV Stato di Conservazione Buono Toponimi Paternò Catania Sicilia Italia Consistenza 1 c Dimensione altezza 245 mm Dimensione larghezza 350 mm Traditio Originale Numero delle carte bianche N R Strumenti di ricerca o di corredo pergamena 163 Presenza di sigilli assente Note Giacomo de Quatuoroculis - iudex terre Paternionis non sottoscrive l'atto. Viene dedotto dal testo.

Regalbuto, Catenanuova e Centuripe


Cognomi di Regalbuto, Catenanuova e Centuripe


Scritto da Francesco Miranda

Quattrocchi - Cognome diffuso in 390 comuni di varie regioni italiane: Sicilia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, ecc. In Sicilia è presente in tutte le province, in particolare Catania, Messina, Palermo, Caltanissetta, Enna (nei comuni di Enna, Nicosia, Catenanuova, Villarosa, Barrafranca, Sperlinga, Centuripe, Calascibetta, Piazza Armerina). Quattrocchi è un cognome augurale, propiziatorio, nel senso “che sia molto avveduto”(Caracausi, Blunda), ma può anche derivare da soprannome attribuito scherzosamente a persona che porta gli occhiali (De Felice). In passato il termine veniva usato anche in senso figurativo per indicare chi rivelava confidenze personali o segreti senza testimoni, “ a quattrocchi”(De Criscito Web). Tracce storiche e personaggi - Tracce di questa cognomizzazione si trovano già dal 1310, in Sicilia, con un certo Angelus Quatuoroculi. Luigi Beltrame Quattrocchio (Catania 12/1/1880 – Roma 9/11/1951) – nato Beltrame, fu adottato da uno zio senza figli, che gli diede il suo cognome, Quattrocchio. Avvocato generale dello Stato, per la sua integerrima vita al servizio del prossimo, venne beatificato, insieme alla moglie Maria Corsini, scrittrice di libri di carattere educativo, il 21/10/2001 da papa Giovanni Paolo II. Fabrizio Quattrocchi (Catania 9/5/1968 – Baghdad 14/4/2004) – noto per essere stato rapito ed ucciso in Iraq, dove lavorava per una compagnia militare privata. Medaglia d’oro al valore civile alla memoria(Wikipedia).

Cognomi di Regalbuto Catenanuova Centuripe

RIESI

Era ben naturale che i figli dei ricchi, degli agiati e persino degli operai benestanti andassero fuori a studiare. I padri facevano enormi sacrifici pur di riuscire i figli, ma le difficoltà erano immense. Senza mezzi dì comunicazione, con le sole trazzere regie, coi dirupi e scoscesi negli accorciatoi, con le piene del Salso, a quei tempi era un problema molto difficile il viaggiare in cavalcature. Aggiungete a tutto questo il pericolo degli amici, cioè i briganti, che trovandosi alla passata vi domandavano o la borsa o la vitae spesse volte vi levavano e la borsa e la vita. Gli è vero che c’erano i Compagni d’armi che sorvegliavano le campagne, ma costoro erano ladri di notte sbirri di giorno cioè complici dei ladri. Il governo borbonico aveva la massima di reclutare i vagabondi dei paesI per non farli rubare, vestendoli da militi a cavallo, ma quegli erano l’uno e l’altro e salvo a pagare una grossa taglia per aver salva la vita, i Compagni d’armi facevano quel mestieraccio. Vestivano in divisa con una lunga sciabola, armati di moschetto e pistola, andavano a cavallo e nei paesi del Governo dei Borboni rappresentavano la forza pubblica. Detti sbirri, amici degli amiici, odiavano i liberali. A Riesi ce n’erano una mezza dozzina. Tutto questo lo abbiamo detto incidentalmente, per provare come il viaggio degli studenti e dei loro padri, ai tempi dei quali scriviamo, era un serio rischio. Bello l’esempio i Don Giuseppe Correnti, il quale andò a chiudere i due suoi figli Antonino e Giuseppe a Bronte (prov. di Catania) e mai volle farli venire a Riesi, malgrado l’ardente desiderio della madre, fino a che terminassero il Ginnasio. A Bronte vi era un rinomato Collegio dei gesuiti e molti vi andavano per studiare, ma si andava anche a Caltagirone, Piazza Armerina, Caltanissetta, Catania e Palermo. I laureati adunque, ritornati in paese esercitavano con onore la loro professione. E bene sapere che i loro guadagni non erano tanto famosi e per lo piu vivevano del proprio. Ci si informa che un medico nelle famiglie ricche, pagato ad anno, aveva dieci lire e spesse volte domandava l’anticipo di sei mesi; una visita agli ammalati era tre turi, pari a una lira e 25 centesimi; nelle famiglie povere un galletto che costava una lira o qualche altro regaluccio. Alcuni di essi laureati nel 1840 fondarono la Società segretaLa Giovane Italia” a cui faceva capo il grande pensatore genovese Giuseppe Mazzini, l’apostolo della libertà italiana. I primi furono: il Dott. Don Giuseppe Matera, il Dott. Don Gaetano Giuliuna, l’avv. Don Calogero Accardi, il farmacista Don Salvatore Bartoli, il negoziante Don Salvatore Di Lorenzo, mastro Rosario Puzzanghera, lo zolfataio Leopoldo Turco il falegname Michelangelo Mazzapica e i contadini Calogero Chiolo, Rocco Scimeca e un certo Santo Balbo. Anima della Società segreta era il giovane studente Giuseppe Quattrocchi del fu Dott. Luigi e Mara Anna Pasqualino, nato nel 1830 Nipote del Giudice Don Onofrio Pasqualino, che fu il più piccolo dei figli di Don Francesco e Caterina Inglesi; il giovane Quattrocchi da ragazzo fu inviso allo zio per l’ingegno, la politica e la vivacità. Il Dott. Matera, nato nel 1809, era figlio di mastro Vito e Saveria Sarpietro. Contrariamente alla volontà del padre che lo aveva mandato a Caltagirone a perfezionarsi nel mestiere di chiavettiere, il figlio fuggi a Catania dove, studiando, si laureò in medicina. Il Dott. Giuliana. figlio del Massaro Salvatore e di Filippa Giuliana, nacque nel 1810. L’avv. Accardi era figlio del Massaratto Giuseppe e di Provvidenza Verso. Nacque nel 1807 e studiò legge a Catania. Irruente nelle difese, era un uomo coraggioso. Il farmacista Don Salvatore Bartoli, figlio di mastro Giacomo, cretaio, e di certa Di Benedetto, nacque nel 1818. Contrattò matrimonio con Crocifissa Di Lorenzo ed apri la sua farmacia in via Grande. Di Lorenzo fu un negoziante di tessuti. Venuto da Lipari. sposò qui Maria Catena Butera e fece fortuna, fabbricandosi la casa in via Grande. I membri della Società segreta si riunivano in una cameretta di certa Maria Lupo nel cortile del piano del Crocifisso che dava nel Corso. Ivi la notte si congiurava, leggendosi le lettere di Mazzini e di Garibaldi. Si dice che le lettere erano scritte col sugo di limone e che bruciandosi la carta, il contenuto si leggeva perfettamente bene, indi si distruggevano. Ben presto però la polizia borbonica venne a sapere i nomi degli affiliati della Giovane Italia, che erano spiati continuamente. il giovane Quattrocchi, trovato sospetto, fu arrestato a Catania e mandato a domicilio coatto a Favignana, per sei mesi. Lo zio avv. Don Luigi Pasqualino vi andò a tenergli compagnia cercando di dissuaderlo, ma Peppino, negando, si mantenne serio. Siccome lo zio era un pezzo grosso della Polizia, cosi lo liberò. Venuto a Riesi, abbracciò la madre cercò i compagni e’ riparti per Catania, onde continuare a frequentare l’Università ramo legge. A Catania una volta in una villa si incontrò con Mazzini che lo baciò alla presenza degli affiliati catanesi. La Società segreta qui era terribilmente avversata dal potere giudiziario, di cui era Giudice, dopo la morte del fratello l’avv. Don Onofrio Pasqualino; dal potere amministrativo i cui Decurioni si aggiravano fra i Martorana, i La Marca, i Debilio e i Pasqualino; dal Clero con a capo l’Arciprete D’Antona che era una potenza e dalla baronia, i cui amministratori erano qualche cosa. Gli altri civili, se non facevano della politica, erano ligi ai su detti signori; il popolino seguiva i grandi, e perciò i liberali erano odiati e chiamati dei pazzi. La lotta era impari; la politica fra travedere e intravedere giunge alla personalità; la sbirrugliaborbonica era a disposizione dei Comandanti, quindi i liberali erano continuamente bersagliati, perseguitati; ma quei sognatori che seguivano la politica generale dell’Unità italiana, stavano fermi, la ridevano sotto i baffi e lasciavano dire e lasciavano fare. I Borboni, usavano tutti i mezzi per reprimere il movimento della Società segreta in tutta Italia lavorava con accanimento; il foglio di Mazzini su la Giovane Italia arrivava ovunque; in questo estremo lembo vi penetrava e si leggeva, sebbene nascostamente. Le lotte politiche così si acuivano: gli sbirri facevano il loro mestiere spiare e rapportare. Il vecchio Dott. Rosario Vassallo col Sig. Faraci, per quanto se ne stessero in disparte, disapprovavano la condotta dei clerico giudiziario-baronali. il 1848 . Scoppiata la Rivoluzione in Palermo ai 12 di Gennaio di quell’anno memorabile 1848 con a capo il Conte Ruggiero Settimo e l’Avv. Giuseppe La Masa per avere lo Statuto dal Governo delle Due Sicilie, i Comuni dell’isola avendo saputo che le truppe borboniche fuggirono, insorsero. Il momento fu grave. La ribellione dappertutto diede luogo ai saccheggi, agli omicidi, alle vendette private; la teppa approfittò del momento par fare man salva. Non tutti cercarono l’idea della liberta politica; i capi rivoluzionari ne furono compromessi: si sparse del sangue. A Riesi però non fu cosi. I partiti contrari presero prima, armando i loro amici che fecero fuggire i liberali, i quali si ridussero nascosti nelle campagne. Costituitosi in Sicilia il Governo provvisorio, i nostri se ne vennero a casa: sicche da noi non successe nulla di nulla. Col Parlamento siciliano di Ruggiero Settimo e La Masa, le cose parvero migliorarsi: i clericali e i partiti affini, stettero zitti; i liberali dal canto loro pacificamente, credettero di aver preso il terno. Ma ohimè, fu un sogno. La stessa rivoluzione successe a Napoli un mese dopo. Ferdinando di Borbone spaventato di ciò, affacciatosi dal balcone del palazzo reale, promise al popolo napoletano di dare lo Statuto. Ma questo. lo sappiamo dalla storia fu un inganno, il re divenne spergiuro: egli dopo alcuni giorni, di notte tempo fece arrestare tutti i capi liberali del suo Regno e fu peggio di prima.
Gli arrestati a Riesi furono:
1. Il giovane Giuseppe Quattrocchi, L’arresto avvenne in modo drammatico. Piombata la sbirraglia borbonica dietro la porta, egli fu svegliato dalla madre: ebbe il tempo di vestirsi, immettersi nella pugliarola all’entrata del portone dei Pasqualino, dove c’era un fosso in fondo. Saliti gli sbirri, cercarono dappertutto la casa, non trovandolo se ne scesero; ma tal Giovanni Calamita fabbro ferraio, spia segreta, li condusse dietro al portone facendo aprire: gli stessi parenti dei Pasqualino pér intercessione della madre, glielo consegnarono. Condottolo al Carcere, lo consegnarono e lo chiusero dentro, facendolo guardare da un compagno d’arme.
2. Poi passarono al piano del Crocifisso nel cortile dei Butera, per l’abitazione del Dott. G. Matera da un scala, esterna che ancora esiste diruta e triste ricordo di quel fatto. Bussati alla porta, svegliatosi il Dottore, questi dissi di aspettare un momento, inteso il rumore delle sciabole. Uomo socratico, accesa la candela, si vestì, baciò la moglie, figlie e figli ed aprì. Egli fu condotto al carcere assieme all’altro.
3. Di corsa si recarono al Lago nella casa Accardi l’avv. Don Calogero, più Vivace ed energico, aveva tentato di scappare dal tettaccio, ma un colpo di pistola, sparatogli da un antiliberale, che non nominiamo per amor del prossimo e per carità di patria, fece atterrire la famiglia; fu gioco forza arrendersi.
4. Indi passando dalla via del Parroco, venendo giù salirono da Don Salvatore Di Lorenzo che svegliatolo lo fecero levare e lo arrestarono. La moglie ignara del perché, affacciatasi al balcone si mise a piangere e a gridare: “Hanno arrestato mio marito… hanno arrestato mio marito…”.
Fattosi giorno si seppe la notizia dello arresto. Scesi in piazza (quattro Canti) Don Giuseppe Faraci e Don Giuseppe Correnti criticarono l’operato della polizia; il popolo rimase muto, triste, atterrito. Gli arrestati la mattina stessa furono fatti partire per Palermo. Arrivati a Caltanissetta li fecero sostare nel carcere del Centrale fra i delinquenti volgari. Bella la tirata di Don Calogero Accardi con un capo mafioso. Un recoluto della mafia, si presentò ai quattro nuovi arrivati dicendo che dovevano pagare il diritto giusto il Codice della Mafia. Lo Accardi si fece spiegare in che cosa consisteva questo pizzo questo Codice e di botto domandò: E se non lo vogliamo pagare? Botta e risposta: — Allora c’è la tirata.... Come ?.... Con i coltelli — Con chi?
— Col Capo... Quando? — Domani mattina all’aria. Ebbene accetto i disse Don Calogero risoluto. — A domani e, li lasciò. E difatti l’indomani, all’ora che i carcerati dovevano andare a prendere una boccata d’aria, nell’atrio, vi doveva essere la tirata. Don Calogero, uscendo dalla cella, seguito, dai compagni, nel corridoio, vedendo un grosso ciottolone, lo estirpò e se io mise in mano sotto la giacca. Il capo mafia, si presentò con un lungo coltello di coscia acuminato, pronto alla sfida; ma il riesino fatti due passi indietro, mostrando il ciottolone, in atto di tirarlo contro il mafioso, disse Largo! ..; Ma i carcerati presenti gridarono: No... no... non è cosi che si fa la tirata — L’av. Accardi ; “io cosi sono abituato a tirare ai buoi della mia Masseria”. Il mafioso rimase perplesso; i suoi amici gli fecero cadere il coltellaccio dalle mani e lì fecero conciliare; la onde il liberale di Riesi esclamò: “Come! noi siamo di passaggio qui, perché arrestati politici e voi ci volete far pagare il pizzo?” Infatti essi furono deportati alla Quinta casa, carcere di Palermo, insieme agli altri arrestati politici dell’isola. Il processo non fu tanto lunghetto, la Sentenza non si fece tanto aspettare: tutti i capi furono condannati alla pena di morte “rei di avere fomentata la Rivoluzione contro lo Stato e di avere fatto commettere saccheggi e uccisioni “. Giusto in quel momento si trovava in Palermo il Giudice Pasqualino, il quale recatosi alla Quinta casa, fece chiamare i compaesani, ai quali disse loro: “Sapete, mi dispiace il dirvelo, è stata firmata la vostra Sentenza”. Giunta a Riesi la notizia, le povere famiglie si chiusero nel lutto, gli amici esterrefatti, repressero il dolore. Donna Maria Anna Pasqualino, la madre di Peppino, pazza dal dolore, risolvette di andare a Palermo, facendosi accompagnare da un parente. Per fortuna ivi si incontrarono con il prete concittadino P. Ercole Volpe dei Gesuiti di Casa Professa: il quale era amico del Rettore, Cappellano di Corte, confessore della vice regina. D’accordo combinarono di andare dal vicere, marchese di Satriano per chiedergli la grazia sovrana con una Supplica. Cosi fecero.. Il vice re ascoltò con deferenza la nobile donna e, sfogliate le carte, visto che a Riesi non c’era stato niente; ascoltato il parere del Segretario di Stato, uditi i PP. gesuiti accordò la grazia ai quattro riesini. Il Segretario di Stato volle conoscere il Quattrocchi accompagnando la madre al Carcere. Li, avvenne la scena che riportiamo, informati da una donna liberale del 48. Il carceriere chiama ad alta voce: — Giuseppe Quattrocchi fu Luigi da Riesi? — presente — Siete libero; qui c’è vostra madre che vi aspetta. Peppino si preparava ad uscire. Dottor Giuseppe Matera, idem; avvocato Calogero Accardi; Don Salvatore di Lorenzo, idem potete uscire, siete in libertà. Il primo ad uscire fu Peppino che volò fra le braccia della madre che se lo strinse baciandolo: Libero... libero, figlio io, ti ho salvato dalla morte; si sei libero… A questa scena il Segretario di Stato, mirando il figlio: Imberbe giovanotto, abbaia per l’osso; glielo daremo! E Peppino Quattrocchi, svincolatosi dalle braccia della madre guardandolo con disprezzo col dito teso, gli fa: L’osso lo faremo mangiare a te, noi liberali sbirro sfottuto! E la signora messagli la mano in bocca: No... no, figlio mio, non dir così! E rivoltasi al Segretario: Lo compatisca, signore lo compatisca!.... Quegli scrollando le spalle, se ne uscì. Gli altri tre furono pronti e se ne uscirono dalla prigione tutti e cinque. Ebbero il tempo di andare a ringraziare il P. Ercole, prendere un boccone e venirsene a casa; già la notizia era arrivata a mezzo del Sindaco che in quell’anno 48 era il Sig. Giuseppe Martorana, uomo piuttosto dei fatti suoi. I nostri liberali mostrandosi in piazza, furono adocchiati da tutti e specialmente fatti segno dai contro partito, Già un’altra volta il Quattrocchii fu arrestato ed egli disse allo zio: inutile quel che fate, anche se mi infilate dentro un fiasco quel che sono sono; quel deve avvenire, deve avvenire....! Siccome il Governo borbonico si intitolò poi il Buon ordine, così i siciliani ripresero la vita normale; e il Governo del Bonordine avendo bisogno di moneta ricorse ad un prestito Nazionale per far fronte alle spese, previo il titolo di barone; a Riesi concorsero il Notaro Onofrio Inglesi e Don Giuseppe Faraci, i quali furono nominati baroni; ma il Faraci non volle mai esser tale per modestia nella sua grandezza continuando a lavorare, anzi una volta sceso di notte nella miniera Galati si levò la giacca e tracciò egli stesso una galleria, insegnando al capo mastro come doveva fare. Questo era l’uomo di quel tempo!… Dopo il 1848, seguirono tre anni di carestia a cagione della siccità. Il paesetto faceva circa 7 mila abitanti. La massa dei contadini soffriva la fame; le fave si vendevano a sei un grano la cicoria si mangiava cotta senza olio; la povera gente non aveva lavoro. La miseria era estrema. Allora i proprietari aprirono i magazzini per soccorrere i bisognosi. Per ben tre anni durò questa brutta miseria, cioè fino al 1852. Nel 54 scoppiò un’altro colera più fulminante del primo, quello del 37. Stavolta l’infezione la portarono i terranovesi venuti a vendere del frumento comprato da un bastimento indiano, si disse; sicché esso colera fu isolato in pochi paesi attorno. Il colera cessò nella prima quindicina di Ottobre. Quando i proprietari rientrarono in paese, trovarono gli abitanti superstiti desolati nelle loro case, decimati dal morbo crudele; ma poi si riprese la via dell’ascesa. I proprietari infatti istituirono il Monte frumento per venire in auto ai piccoli mezzadri, anticipando loro le sementi. Il magazzino era gestito dal Municipio fino al 1915, ed ora, con decreto luogotenenziale si chiama: Cassa Comunale di Credito Agrario. Passata questa jattatura, venne la calma. E’ bene pensare un pò ai liberali che si fortificano, poiché l’alta politica di Vittorio Emanuele II, nuovo Re del Piemonte, col Conte Camillo Benso di Cavour, pensando ai destini d’Italia, dava molto a sperare. Ma, oltre ad essi, altri liberali vennero ad ingrossare le nostre file dei lottatori ; buoni propagandisti oculati, guadagnando terreno nella Società Segreta, aspettavano. Due buoni elementi furono: 1) Don Girolamo Caramanna da Marineo (Prov. di Pa lermo), figlio di un farmacista che apprese il mestiere di sarto nella detta città: il 48 si trovò fra gli insorti, perseguitati dal famoso Generale borbonico Del Carretto, fu ferito alla gamba destra sotto Acireale, e, messosi fuori combattimento, si ricoverò in una casa di campagna dove fu curato. Guaritosi - andò girovagando fìnchè nel ‘55 si ridusse qui a Riesi, dove trovò lavoro nella sartoria di Don Giuseppe Alfano, venuto da Racalmuto (prov. di Agrigento), che sposatosi con una Golisano, fece fortuna. Il Curamanna, che aveva avuto il battesimo di sangue, conobbe i suoi amici politici coi quali entrò in relazione. Frequentando la famiglia Di Benedetto sposò la figlia di nome Grazia. Allora smise di fare il sarto e mise su un negozio di tessuti; oltre a ciò ricettava dei cereali guadagnando bene. Nella Società Segreta contribuiva largamente e nei negozi, tra una parola e l’altra, seminava il germe della libertà. Quel che fece poi lo vediamo fra breve. 2) Giuseppe Bruno alias don Pippo fu un’altro membro, affiliato, attivo, entusiasta, ricco: contribuì non solo al partito liberale, ma con l’ingegno della famiglia onorò Riesi.. Don Pippo Bruno era oriundo da Nicosia (prov. di Catania). Egli, di famiglia patrizia, per il suo liberalismo era odiato da un fratello monaco e dai suoi. Un giorno, stufo dei disprezzi, fuggi da casa e prese la via della campagna; incontratosi coi briganti, si uni con loro per vivere e scorazzare di qua e di là, giunsero nel feudo Tallarita, alla miniera. Qui Don Pippo, lasciata la masnada, si impiegò come contabile presso l’amministrazione del Parroco. Ciò avvenne nel ‘57. Conobbe la ricca famiglia dei Buttiglieri e ne sposò la figlia Lucia, la quale gli portò una vistose dote. Mettendo su casa, se la fabbricò dentro il cortile di Via Verso con la prospettiva dalla traversa Chiantia, al Rosario. Il Bruno, morti i di lui genitori, ebbe la parte spettategli della ricca proprietà. Ricco intellettuale, mantenne i suoi figli .e le sue figlie agli studi a Napoli. Uomo liberale, Don Pippo Bruno fece causa comune con la Società Segreta. i tempi si andavano maturando; le battaglie di San Martino e di Solferino, con esito favorevole all’Italia per aver cacciato lo straniero dalla Lombardia, facevano guadagnar terreno, giorno dopo giorno, ai liberali. Dal 1848 al 60, dodici anni passarono in un fiat. L’alba del 12 Maggio 1860 spuntò bella, radiosa per tutta l’isola dì Sicilia. Si disse che il Generale Giuseppe Garibaldi con mille uomini volontari, era sbarcato a Marsala; i clericali, baronalì, realisti si affrettarono a voler smentire la notizia, ma dopo il Proclama di Salemi – 15 Maggio - quando Giuseppe Quattrocchi volò da Catania a venirlo a leggere non vi fu piu ritegno. Un movimento insolito ogni giorno si notava; i liberali scesero in piazza; la casa del Quattrocchi era frequentata con un via vai di persone d’ogni ceto; la battaglia di Calatafimi, in cui la spada fiammeggiante dell’Eroe dei due Mondi mise in rotta i soldati borbonici, fu appresa con soddisfazione; e il 27 Maggio l’entrata di Palermo convinsero Don Giuseppe Faraci e Don Francesco D’Antona, fratello del Parroco, a stringere la mano al Quattrocchi e comprimendosi a loro. L’entusiasmo ognora crescente, avvinceva l’animo dei riesini: gli indifferenti, i tiepidi si affiancavano ai liberali, mostrandosi in pubblico contenti; il Clero, gli increduli, gli interessati se ne stavano lontani, spettatori.
Ma Garibaldi scriveva a Don Calogero Accardi che aveva bisogno di uomini per passar lo Stretto di Messina e giungere a Napoli onde snidare la dinastia dei Borboni. Allora si formò un Comitato di cui risultò presidente Don Giuseppe Faraci. intanto il Generale Nino Bixio era giunto a: Terranova (Gela) per fare l’arruolamento dei volontari. Un Sergente dei garibaldini venne per lo stesso scopo qui. Si iscrissero e partirono: 1. Francesco Matera, figlio del Dottore; 2. Francesco D’Antona di Francesco; 3. Antonino Correnti Di Giuseppe, chierico; 4. Giuseppe Celestri di Giuseppe, studente; 5. Francesco Infantone, pittore; 6. Giuseppe Ferro, musicante; 7. Luigi Matera, fabbro ferraio; 8. Matteo Mercurio calzolaio; 9. Nicolò Scibetta, barbiere; 10. D’Aleo Carmelo, stagnino; 11. Francesco Mulè, figlio del sagrestano della Madrice; 12. Francesco Lo Grasso, zolfataio; 13. Giovanni Giuliana, agricoltore; 14. Antonio Zagarella, contadino; 15. Giovanni Dilegami, tamburinaio. Ne sarebbero partiti di più se non fossero stati trattenuti dalle madri, dalle mogli, dai figli. L’Avv. Don Calogero Accardi volle accompagnarli fino a Terranova per entusiasmarli. Non tutti però partirono col desiderio di combattere per la libertà: al alcuni vi andarono per secondi fini; laonde arrivati a Leonforte, quando Nino Bixio mise l’ordine: “Chi ruba va fucilato”, i tali di tutti i paesi se ne ritornarono alle loro case. Da Gela ritornarono Don Calogero e i figli; Don Giuseppe Correnti si parti da Riesi e andò a cavallo a rilevare suo figlio a S. Caterina, presentandosi a Garibaldi che si era unito con Bixio per marciare alla volta di Messina. E il Generale fu ossequiente alla volontà del padre. Laonde Antonino Correnti si strappò il collare, non volle più farsi prete - e questo fu un bene perché divenne quel che divenne, e che a suo tempo vedremo. Coloro dei nostri paesani che vestirono la camicia rossa a Messina, furono chiamati d’urgenza di rinforzo nella terribile battaglia di Milazzo del 20 Luglio, descritta da Alessandro Dumas (padre) nel suo romanzo I GARIBALDINI dove Garibaldi perdette il meglio dei suoi Ufficiali e soldati, senza scomporsi, dicendo: “La mia palla ancora fusa”. I Borbonici, comandati dal Generale Bosco , siracusano, si erano nascosti dentro il vallone, fra i fichi-pali; i garibaldini venivano da Palermo, il Generale mandò le guide per vedere se si poteva passare da Milazzo; esse passarono inosservate facendo segno di venire avanti; ma l’agguato, il tranello fu che al petto del vallone incominciò la fucileria; i garibaldini cadevano numerosi e in breve l’esercito fu decimato. Intanto, mentre ai borbonici andavano esaurendosi le munizioni, ai garibaldini giunsero dei, rinforzi non solo da Messina, ma anche dai paesi vicini, e così la posizione fu salvata. I Borbonici furono presi prigionieri: Bosco, il bravo generale, tra fischi e urla, fu accompagnato bordo dl un battello. I garibaldini andarono avanti verso la città del Faro, onde passare la Stretto ed incamminarsi per le vie delle Calabrie. Dopo questo fatto d’armi, Francesco Matera scrisse al padre: Caro papà, abbiamo avuto a Milazzo uno scontro coi borbonici ed abbiamo vinto, presa la fortezza della cittadella, ora dobbiamo marciare verso Napoli, con la speranza di abbattere i Borboni; col Generale Garibaldi non si perde mai, I ma si vince sempre. I nostri compaesani stanno tutti bene. Dirai alla nonna che Luigi (zio) è stato fatto trombettiere. Io e Ferro saremo caporali; tutti salutano le famiglie. - (Messina 30 Luglio 1860) . La notizia della battaglia decisiva sul Volturno non si fece tanto aspettare. La dinastia d borboni era distrutta il Regno delle due Sicilie era crollato. “Garibaldi fu d’un gran popolo Redentore; compiendo il sogno di molle età”. Con l’incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano salutato il primo Re d’Italia, Riesi si decise di partecipare al plebiscito. Quindi si allestirono le coccarde tricolori da fregiarsi il petto. Don Girolamo Caramamma le appuntava, proferendo il motto: “Chi non la mette è sorce”. Allo spiazzale della Madrice, battezzato “Piazza Garibaldi”, si ballava, si cantava; fra i dimostranti vi erano anche i due preti: Don Rocco Peritori e Don Gaetano DAntona, per far dispetto al Parroco, perché dissidenti. Sindaco era Don Carmelo Bartoli Capizzi; Giudice, invece, era il Notaro Don Giuseppe Calogero Verso: il primo era uomo di buon senno, remissivo, e lasciava fare; il secondo, borbonico, non volle arrendersi; allora il popolo riunitosi sotto la di lui casa, gli gridò “abbasso”, e fu costretto ad andarsene a Pietraperzia, presso i parenti della moglie. Calmatesi le cose, col nuovo Regno di Vittorio Emanuele II, si istituì subito a Riesi la Guardia Nazionale, detta “La civica”. Il loro Capitano era Don Francesco D’Antona e tenente il Caramnanna. Eccetto due fatti di cronaca nera, niente altro di grave avvenne a Riesi; furti, risse, ferimenti ve ne furono, ma poi.... Venuta la libertà, parve “come dalla notte al giorno”. Dopo la Rivoluzione i ricchi approfittarono della povera gente, come ai bei tempi borbonici. I preti erano non solo rispettati, ma temuti. Essi, nelle scuole, bastonavano di santa ragione, talché gli scolari, disertavano la scuola restando ignoranti per tutta la vita. Il Clero, mano forte del potere politico, dominava le coscienze. La Baronia, d’altro canto, non si accontentava di riscuotere i censii ma vessava gli abitanti. Con la libertà tutto questo non vi fu più. Don Francesco D’Antona, nella qualità di Capitano delle guardie, una domenica entrò in chiesa a cavallo per far dispetto al Parroco. Il Quattrocchi, per quanto si fosse appartato dai Liberali, nonché dalla scuola di Mazzini, pure era l’avvocato dei poveri qui e a Caltanissetta.... La libertà che sembrava un sogno, aveva messo tutto e tutti a posto. Dei proprietari come i Drogo, i Rotella, i Vecchio, si erano fortificati; altri erano caduti in basso. Cosi, la nobile e prima casa di Riesi, era in decadenza. I Ricchi primeggiavano i D’Antona, i Pasqualini e gli Inglesi, i Vitello, i Bartoli Capizzi, gli Amarù, i Jannì, il Dott. Riccobene, i Di Benedetto, i Verso e i Federico. Bisognava cercare un Sindaco dei tempi nuovi, dopo iL ‘6o, A dir la verità, nessuno dei liberali brigò di andare a quel posto, di modo che, il Prefetto di Caltanisselta fece cadere la scelta sul Cav. Don Carmelo Inglesi. Questi, nel 1863, fu dunque il primo Sindaco di Riesi dei tempi nuovi. Egli, da brav’uomo, iniziò a fare un pò di bene al suo paese, chiamandosi a Vice-Sindaco il Dott. Don Giuseppe Riccobene. Dopo due anni e mezzo, stanco di questa vita, si dimise ritirandosi a vita privata; lasciò in carica il Dr. Giuseppe Riccobene. Era costui un’animella, buono a nulla, che per quanto ricco, a quel posto ci teneva. Il Prefetto lo esortava in tutti i modi a dimettersi, ma lui faceva orecchio da mercante. Naturalmente, ciò irritò a tal punto il capo della Provincia che per decreto reale gli ordinò la destituzione. Fù deciso di far Sindaco il Sig. Giuseppe Janni nato nel 1818 da Don Giuseppe e Crocifissa Di Natale. I Janni discendono, da semplici agricoltori e da farinai; con il loro ingegno, lavoro e onestà sono arrivati a farsi strada, Giuseppe, rimasto orfano di padre, fu mandato a Catania a compiere gli studi; si specializzò in chimica per essere farmacista. Laureatosi, rientrò a Riesi dove apri la piccola farmacia nella Via del Crocifisso. Nel suo laboratorio, l’eccellente chimico farmacista sperimentò il citrato cristallizzato; che, resolo raffinato, divenne di facile presa. Questa sua invenzione gli fruttò onori e diplomi in Italia e all’estero,e, con gli onori, ebbe anche i guadagni della privativa. Benefattore, di tempra liberale, amico dei poveri, il farmacista Jannni era divenuto non solo l’idolo dei suoi parenti, ma anche del popolo. Si erano iniziati i lavori, quando l’anno dopo, nel ‘67, scoppiò il colera. I lavori furono sospesi per dare aiuto alla popolazione. Quello che fece il Sindaco Janni in quella occasione fu veramente ammirevole, teneva aperta la sua farmacia di notte e di giorno. Al solito, i ricchi se ne andarono in campagna; ma il Sindaco e i liberali rimasero in paese a soccorrere i colerosi. Nel colera del ‘67 vi trovò la morte in un modo pietoso, il compianto Giuseppe Quattrocchi e la moglie, lasciando i figli in tenera età. Egli era sposato con una cugina mazzarinese che si trovava con la famiglia, dai parenti; là, infettatosi di colerina, voleva recarsi al paese natio della moglie, ma arrivato a Maimone, presso le sue terre, non poté andare più avanti e cadde vittima. Avvisata la sua signora, questa corse ad inginocchiarsi dinanzi il marito, e, nell’atto di baciare il cadavere, cadde fulminata. Ivi furono seppelliti entrambi. Cosi si distrusse a Riesi la proprietà di quella ricca, rispettabile famiglia, il colera cessò..... Quel benemerito Sindaco, nel ‘68, fu insignito dal Governo italiano della Croce di Cavaliere: la prima, almeno per Riesi. Ma il Sindaco cav. Jannì diede prova del suo liberalismo in occasione del XX Settembre 1870 La Presa di Roma con la Breccia dì Porta Pia. Così, il popolo abbracciò il liberalismo senza paura, non dando retta ai preti. Ratificata, nel ‘70, la legge del 1866 sulla soppressione d beni ecclesiastici, messi all’asta pubblica, molti comprarono delle terre; lo stesso Arciprete D’Antona acquistò una tenuta dei feudo Brigadieci, il Convento e la terra e diversi fondi, fra cui le Schette col Lago di Papardone. Per il suo censo, il Parroco di Riesi poteva fronteggiare col miglior proprietario della Provincia; la sua casa era diventata veramente signorile; quando usciva fuori col suo seguito, tutti gli cedevano il passo e veniva sommamente rispettato: ed ecco perché era pure temuto, lottando anche in nome della Chiesa; ma il Cav. Jannì, nella qualità di Sindaco, seguiva imperterrito la via intrapresa....

 

LE DONNE DI CEFALÙ

Dal Mito passiamo alla Storia. Le donne che hanno avuto modo di distinguersi a Cefalù, sia quelle native che quelle forestiere, hanno manifestato carattere fermo e risolutezza nelle azioni, dimostrando di possedere grande personalità persino quando hanno dovuto soggiacere alla forza dei potenti. Di esse redigeremo un repertorio cronologico nel quale inseriremo anche notizie su alcune donne delle quali abbiamo scarni elementi anagrafici, sufficienti tuttavia a lasciare intravedere intricate e intriganti vicende. Costanza, vedova di Balduino de Guiscardo, assieme alla figlia Simona ed ai figli Ruggero e Bulgaro, vende, nel settembre del 1196 , al Vescovo di Cefalù il Feudo di Campella che il marito ha ereditato dal padre Guiscardo; questi a sua volta lo ha ricevuto nel 1121 da Raul, Rudulfo Rufo, allora Signore di Cefalù , che lo ha avuto in dono dal Gran Conte Ruggero.Secondo una voce corrente la più antica Confraternita di Sicilia sarebbe stata eretta in Monterosso Almo (Agrigento) nel 1261. Tra le Pergamene della Cattedrale di Cefalù, però, esiste un documento, Atto di erezione di una confraternita colla descrizione dei nomi di alcuni confrati e sorelle e sussiegue certa nota di annue rendite, o siano prestazioni , che prova l’esistenza di una Confraternita, proprio in Cefalù, tra il 1223 e il 1238, durante il Vescovado di Arduino . Tra gli iscritti molte donne sposate, vedove o nubili: Marotta, moglie del Notaio Riccardo ; Basilia, moglie di Gregorio de Duana, che, assieme al marito, dona alla Chiesa di Cefalù una casa, nella platea magna della città, nella quale è allocato una sorta di ospizio, prima cellula dell’Ospedale di Cefalù; Natalia; Isabella de Quatuor Oculis; Stabilia de Pacufilia. Tutte donne che hanno scelto con sicurezza questa via per la loro tranquillità terrena e la certezza dell’ultima dimora. Tra i confrati anche un certo Giovanni de Amelina. Potrebbe essere figlio di quella Amelina, altra donna certamente di carattere, dalla quale il Vescovo Bosone (1157-1172) avrebbe voluto comprare una casa e la quale si dichiara, con tranquillità, ex concubina dell’Arciprete Pietro di Caltavuturo , associato alla stessa Confraternita.-Oggi Cefalù ha un nuovo titolo, quello di “Città delle Donne”(niente a che vedere con Fellini); il caso ha voluto infatti che le donne occupino oggi i posti di maggiore responsabilità, dal Sindaco, Simona Vicari, al Commissario di Pubblica Sicurezza, Gabriella Tomasello; dal Direttore Sanitario dell’Ospedale, Rosa Riini, al Capostazione, Calogera Chimera, al dirigente dell’Ufficio Circoscrizionale per l’impiego, Anna Rosa Corsello. Una riflessione: non sarà che in tutto questo, a parte il caso, ci sia stata la complicità degli uomini ?(di Nico Marino)

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CATENA D'AMORE - INNO ALLE DONNE

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